Tempo di lettura: 2 minutiTroppo sale fa male. Tra le prime regole per non favorire l’insorgere dell’ipertensione arteriosa c’è quella di limitare il consumo di sale, e quindi l’apporto di sodio. Ma vediamo nello specifico: un grammo di sale contiene circa 0,4 grammi di sodio. Negli ipertesi la diminuzione del sale nella dieta comporta mediamente una riduzione della pressione sistolica di 5 mmHg e della diastolica di 3 mmHg.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non introdurre più di 2 grammi di sodio con la dieta giornaliera: 2 grammi di sodio che corrispondono a circa 5 grammi di sale da cucina (all’incirca quelli contenuti in un cucchiaino da tè raso).
Il sale, però, è presente in numerosi alimenti, specialmente in quelli conservati. Diventa più difficile, quindi, tenere sotto controllo l’assunzione di sodio. Insomma, il sale non è solo quello che viene aggiunto nella preparazione dei cibi. Tra i piatti più ricchi di sale ci sono senz’altro i cibi pronti, ma è presenti anche in prodotti zuccherati che apparentemente ne sembrerebbero privi.
Alcune regole possono aiutare a diminuire i rischi. Ad esempio, è importante educare fin da bambini a un’alimentazione non troppo ricca di sale.
Ci sono tanti modi per rendere più saporiti i cibi, anche grazie alle erbe aromatiche (come aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio) e le spezie (come pepe, peperoncino, noce moscata, zafferano).
Leggere l’etichetta degli prodotti rende più consapevoli della quantità di sale assimilato, ma è sempre meglio, però, preferire linee di cibi a basso contenuto di sale.
Gli alimenti trasformati sono quelli maggiormente salati e andrebbero consumati il meno possibile: sono gli snack salati, le patatine in busta, le olive da tavola e alcuni salumi e formaggi.
Ad ogni modo è sempre più consigliabile utilizzare del sale dietetico a minor contenuto di sodio.
Inoltre, valgono sempre le regole della corretta alimentazione:
– Ridurre i grassi, soprattutto quelli saturi, perché aumentano i livelli di colesterolo nel sangue e quindi il rischio di infarto.
– Tenere sotto controllo il proprio peso: per ogni chilogrammo in meno la pressione arteriosa si riduce di un millimetro di mercurio. L’obesità è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolari.
– Mangiare più frutta e verdura, per contribuire a eliminare dall’organismo i radicali liberi, causa di danni ai vasi sanguigni. Sono alimenti ricchi anche di potassio: sostanza in grado di abbassare i valori pressori. Infatti, un recente studio, pubblicato sull’International Journal of Hypertension, ha dimostrato che l’elevata concentrazione di nitrati inorganici (>250mg/100g) contenuti in verdure come lattuga, bietola, rucola, spinaci e soprattutto barbabietole rosse aumentano i livelli dell’ossido nitrico nel sangue, favorendo l’abbassamento della pressione arteriosa, anche con una singola dose giornaliera. Ciò è stato verificato per i pazienti ipertesi, soprattutto in quelli con valori pressori elevati all’inizio dello studio, nei quali è stato riscontrato l’effetto benefico dei nitrati della barbabietola
Teenager nell’era social, sempre più tristi e depressi
News PresaNé felici e né spensierati, sono i teenager di oggi. Un adolescente su due si sente spesso triste e depresso, a circa il 30 per cento (3 su 10) viene di frequente da piangere e c’è chi ha vere e proprie crisi di pianto. L’allarme è stato già lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità da qualche anno e i numeri dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza non lasciano dubbi. La tristezza, la demoralizzazione e la depressione riguardano maggiormente le ragazze. I ragazzi hanno poche risorse interne per affrontare con grinta e positività la vita, si sentono sempre stanchi e sono sempre connessi. Guardano video su YouTube per ore, giocano o chattano tutto il giorno, dipendono dai social network e sono ossessionati dal numero di like. Aggiornano continuamente il proprio profilo online postando foto e sbirciano quelli altrui. Spesso avviene un’ inversione del giorno con la notte, che altera completamente il ritmo sonno-veglia. I momenti critici sono le fasi di cambiamento delle abitudini, come l’inizio dell’anno scolastico, perché si crea una condizione di stress psichico e fisico. Queste fasi possono amplificare degli stati d’animo già presenti, mettere in risalto la paura del confronto con gli altri o un senso di inadeguatezza.
La felicità, in questi momenti, gioca un ruolo fondamentale, perché aiuta a guardare gli aspetti positivi, genera carica, energia e curiosità. Ma la maggior parte dei teenager non è contento di ritornare a scuola e la vive come una sorta di “prigione”. Secondo la Prof.ssa Maura Manca, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, “il problema è che tante volte gli adolescenti nascondono dietro un mondo esteriormente spensierato e felice, dietro un’apparente superficialità di pensiero, una parte sommersa, un angolo di solitudine che conoscono solo loro. Molto spesso la pesantezza che questi ragazzi si portano dietro, viene nascosta sotto forma di ansia e paura della scuola, dei voti, delle interrogazioni, di relazionarsi con i coetanei e il non sentirsi adeguati e omologati alla massa, generando una condizione di ansia anticipatoria che non permette mai di rilassarsi e di vivere la scuola in maniera positiva. Non sono felici e spesso scambiano la felicità con i beni materiali. In più tante volte si pensa erroneamente e viene confuso il rendimento scolastico con lo stato psichico del ragazzo, si pensa che se va bene a scuola o ha degli amici o non ha particolari problemi con i genitori, debba essere sereno e felice, senza considerare che spesso gli adolescenti covano dentro dei mali in maniera silente”.
Regolarità del sonno: regole per ritrovare il benessere
Benessere, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaSvegliarsi presto al mattino dà benessere e aumenta la produttività. A volte però diventa difficile dare regolarità al proprio sonno. C’è chi preme e ri-preme il tasto snooze della sveglia, per poi precipitare fuori dal letto all’ultimo momento e correre al lavoro senza aver fatto colazione e con i vestiti indossati al contrario. Un comportamento che crea stress a lungo andare, a detta degli specialisti. Per programmare in maniera più sana il risveglio e il ciclo di sonno, l’Huffington post degli USA ha stilato una serie di consigli di abitudini sane che andrebbero fatte a prima mattina. Anche in vacanza è importante creare una certa regolarità, per non avere traumi al rientro e tornare davvero ricaricati.
1 Farsi un “calendario del sonno” e rispettarlo. Anche se può sembrare infantile, per un primo periodo è fondamentale andare a dormire presto e a un orario costante. Coricarsi un giorno alle 10, 30, l’altro a mezzanotte, semplicemente impedisce al nostro cervello di adattare il sistema/corpo alla routine sonno-veglia.
2 Svegliarsi presto (ma molto presto, per esempio alle 6) e fare subito qualcosa. Basta rifarsi il letto. Ma il compito da portare a termine servirà a mettere in moto i vostri ritmi.
3 Bere subito dell’acqua. Reidratarsi dopo una notte di sonno è fondamentale per regolare i livelli di sodio nel corpo. Bere è addirittura più importante che mangiare.
4 Fare un po’ di esercizio fisicoprima di iniziare la giornata. Significa premere “on” sull’interruttore dell’energia per la giornata.
5 Meditare o pregare. Il momento ideale è appena svegli o subito dopo l’esercizio fisico. Centra le emozioni. Aiuta a sentirsi “radicati” in quello che si fa.
6 Fare colazione con carboidrati (da evitare invece dopo le 17), proteine e, ebbene sì, grassi.
7 Leggere qualcosa. La lettura dei giornali è la “preghiera del laico” come diceva Hegel. Fate entrambe le cose. E’ bello sapere cosa succede nel mondo prima di lanciarsi in una nuova giornata.
8 Tenere un diario. Accenderà la vostra creatività e vi permetterà di riflettere su voi stessi.
9 Ascoltare musica. Attiva il cervello. Magari qualcosa di ritmico e potente per iniziare la giornata.
10 Dire a qualcuno che lo amate. Un compagno, una compagna, un amico. Vostra madre. Aiuta a mantenere basso il livello di stress e a indirizzare il resto della giornata sul sentiero giusto.
Senza macchina: meno stress e più produttivi a lavoro
News Presa, Prevenzione, Psicologia, SportMuoversi a piedi o in bici quotidianamente significa diminuire lo stress e aumentare la produttività a lavoro.
Chi vive a Milano o Roma trascorre circa 500 ore l’anno chiuso in macchina. Va un po’ meglio per chi vive a Torino e Genova (450 e 380 ore l’anno), lo rivela una ricerca dell’ACI. Alcuni sono costretti dalle circostanze a prendere l’auto ogni giorno per andare a lavoro, altri invece avrebbero la concreta possibilità di utilizzare altri mezzi, ma scelgono lo stesso la macchina. I benefici che avrebbero sono evidenti in termini di riduzione del traffico, smog e stress, non c’è bisogno di fare riferimento a studi. Andare a lavoro in bici o facendo percorsi a piedi è un modo per concedersi del tempo per se stessi, per curare il proprio corpo, per tenersi in forma, per fare del bene all’ambiente e soprattutto per salvaguardare il portafoglio.
Per chi ancora non ci crede, i ricercatori della University of East Anglia di Londra comunque lo hanno dimostrato, riferendo, come previsto, un maggiore benessere mentale nei pendolari che camminano o che utilizzano le due ruote. La ricerca, che ha preso in considerazione oltre 18 mila pendolari di età compresa tra 18 e i 65 anni, ha mostrato che chi rinuncia all’automobile gode di una maggior concentrazione durante le ore lavorative. Insomma, non solo meno stressati, ma anche più produttivi a lavoro.
Non è un caso che i francesi abbiano deciso di incentivare l’uso della bicicletta per andare al lavoro con un indennizzo di 25 centesimi per ogni km percorso. Ipotizzando un tragitto di circa 5 chilometri, si tratta di circa 1,25 euro in più al giorno, 6,25 alla settimana, oltre 30 al mese in più in busta paga. A guadagnarci tutti: il lavoratore, l’ambiente e la salute di chi pedala.
Scegliere, quindi, di muoversi quotidianamente a piedi o in bicicletta rappresenta un cambiamento significativo nella propria vita in termini di benessere, sia mentale che fisico.
Dal naso un super antibiotico
Ricerca innovazioneUna nuova molecola potrebbe dar vita ad un super antibiotico capace di risolvere, almeno in parte, il problema delle farmaco resistenze. La cosa incredibile è che gli scienziati avevano la soluzione a portata di mano, anzi a portata di naso. Già, perché è proprio nel naso che vive il batterio capace di produrre (lugdunina), antibiotico che gli scienziati vorrebbero usare per debellare gli stafilococchi aurei.
La genesi di una scoperta straordinaria
Come spesso accade con le scoperte più importanti anche questa è frutto del caso, ma anche di una buona quantità di ingegno. L’equipe dell’università di Tubinga (in Germania) diretta da Andreas Peschel era intenzionata a capire meglio i meccanismi di vita dello stafilococco aureo, che vive nel naso di una persona su tre senza causare problemi e solo in due casi su cento si presenta in una forma resistente a molti antibiotici. Una ricerca importante perché (in questa forma) entrato nella circolazione sanguigna può portare alla morte. Questo tipo di stafilococco è infatti resistente agli antibiotici nel 35% dei casi.
L’allerta dell’OMS
Ormai non è più un segreto che la moderna società rischia di ritrovarsi nell’incubo “post antibiotica”, con infezioni oggi ritenute banali capaci di tornare ad uccidere. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità sarebbe come riportare indietro le lancette della medicina almeno ai primi anni del ‘900, motivo per il quale la rivista Nature ha dato grande risalto alla scoperta.
Una guerra molecolare
Per arrivare alla scoperta i ricercatori tedeschi hanno analizzato altri 90 batteri che vivono nel naso e che nel naso combattono una vera e propria guerra per le risorse vitali. L’intuizione è stata quella di capire che i pazienti che ospitavano il tipo lugdunensis quasi mai ospitava anche il tipo aureo. Questo proprio perché si tratta di batteri antagonisti e l’arma prodotta dal batterio che debella il tipo aureo è proprio la molecola per il super antibiotico, una molecola più grossa di quella che compone i comuni antibiotici e che ha un diverso schema d’azione (non ancora del tutto chiaro). Ciò che conta però è che gli stafilococchi aurei non sono diventati resistenti al nuovo antibiotico pur restandovi esposti per 30 giorni in provetta. Anche gli studi in vivo sul modello animale fanno ben sperare. Facile intuire quali vantaggi questa scoperta potrà portare, la produzione di un nuovo, super antibiotico potrebbe arrivare nel giro di un paio d’anni. E la cosa più interessante è che il corpo umano è una miniera d’oro di batteri che potrebbero portaci a percorrere strade sinora mai battute.
L’intestino è ostile, ma ai batteri non interessa: ecco il loro segreto
Ricerca innovazioneL’intestino umano è un ambiente molto ostile, eppure i batteri riescono a viverci grazie alle loro notevoli capacità di adattamento. Tra questi possiamo trovare l’Escherichia coli. È proprio studiando questo tipo di batterio, molto diffuso anche nell’organismo umano, è stato possibile capire il segreto che ci svela come riesca a sopravvivere nell’intestino: a facilitare il tutto è il citocromo bd. Grazie a questo enzima molto diffuso, i batteri, infatti, sono in grado di consumare ossigeno e di crescere anche in presenza di elevate concentrazioni di acido solfidrico.
Batteri e intestino: il ruolo degli enzimi
È quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Ibpm – Cnr), in collaborazione con le Università di Roma “La Sapienza”, Mosca, Lisbona, Sheffield e dell’Hospital for sick children di Toronto. La ricerca ha avuto come scopo la verifica dell’ipotesi secondo cui alcuni enzimi aiutino i tantissimi batteri presenti nel nostro organismo a produrre energia e a crescere anche in ambienti ricchi di solfuri, a volte con conseguenze dannose per la nostra salute.
Nuove speranze di cura
Attualmente purtroppo non si conoscono ancora cure capaci di bloccare il citocromo bd, ma la scoperta della struttura cristallografica del primo citocromo bd permetterà di combinare approcci computazionali e sperimentali volti all’individuazione di inibitori efficaci e selettivi in grado di mettere a punto nuove prospettive di cura.
Curare l’Alzheimer prima che si manifesti
Prevenzione, Ricerca innovazioneNel malato affetto dal morbo di Alzheimer la causa che comporta lo sviluppo della demenza degenerativa è presente già anni o addirittura decenni prima che questa si manifesti clinicamente. A ‘innescare’ la malattia è principalmente una proteina, la beta-amiloide, che aggredisce i neuroni. E, in particolare, influiscono i suoi livelli di accumulo sia nel cervello sia nel liquido cerebrospinale.
Il Centro di Neuroscienze di Milano, fondato nel 2014 dall’Università Milano-Bicocca, che si avvale della collaborazione di 300 neuroscienziati afferenti alle università e ai centri di ricerca di Milano e dintorni, ha presentato uno studio secondo cui per diagnosticare il rischio di Alzheimer sarà sufficiente una tomografia ad emissioni di positroni, detta anche Pet, e una puntura lombare.
La prima (una tecnica di medicina nucleare e diagnostica medica utilizzata per la produzione di immagini del corpo) consente infatti di visualizzare l’accumulo di beta-amiloide a livello cerebrale, la seconda a livello di liquido cerebrospinale. Sarà quindi possibile, grazie alla combinazione di questi due “interventi”, prevedere quali siano gli individui a rischio demenza prima che si manifesti la malattia, quando la funzione cognitiva sia ancora normale o solo minimamente deteriorata.
Il passo successivo alla diagnosi potrebbero essere poi cure sperimentali che attualmente coinvolgono pazienti in stadio preclinico o che manifestano i primi sintomi ai quali vengono somministrate molecole capaci di ridurre la produzione di beta-amilioide o, in alternativa, anticorpi prodotti in laboratorio, in grado di determinare la progressiva scomparsa di questa proteina già presente nel tessuto cerebrale.
Esercizio fisico in gravidanza fa bene a mamma e bambino
News Presa, Prevenzione, SportVia libera all’esercizio fisico durante la gravidanza. Le donne che praticano attività fisica durante i nove mesi hanno meno pressione alta, ma soprattutto hanno meno chances di fare un cesareo. In più, è sicuro e non aumenta il rischio di andare incontro a un parto pretermine. Lo dicono i dati di una ricerca della Thomas Jefferson University, negli Usa, pubblicata sulla rivista American Journal of Obstetrics and Gynecology. Gli studiosi hanno preso in esame i dati di nove studi, analizzando complessivamente 2059 donne in gravidanza, una metà circa delle quali (1022) aveva fatto esercizio per 35-90 minuti 3-4 volte a settimana per 10 settimane. Questo campione è stato messo a confronto con un altro gruppo che invece non aveva svolto attività fisica. Le conclusioni sono state che non vi era un aumento significativo delle nascite pretermine nelle donne che si erano esercitate regolarmente. In più, vi era un minor ricorso al cesareo (17% rispetto a un 22% nel gruppo che non aveva fatto esercizio). Ci sono anche altri fattori positivi per le donne più attive: dal punto di vista fisico ad esempio meno pressione alta, fattore di rischio per lo sviluppo di una condizione detta gestosi che può essere pericolosa, e sviluppavano meno diabete gestazionale.
Quando un dolore alle gambe è collegato a un problema di denti
PrevenzioneDenti e dolore alle gambe
Dai denti, in pochi ci penserebbero, possono derivare mal di testa, dolori alla cervicale e addirittura problemi alle gambe. E’ proprio così, dalla bocca possono dipendere tutta una serie di problemi capaci di rendere la nostra vita un vero inferno. La cosa difficile è legare una cefalea o il dolore ad un ginocchio alla cattiva occlusione. Insomma, in questi casi è difficile arrivare ad una diagnosi precoce. Del resto in questo campo sono ancora molte le cose da scoprire e da chiarire, ma per alcune di queste la scienza parla chiaro e avere denti ben allineati, quella che tecnicamente si definisce una corretta occlusione, spesso non è solo una questione estetica. Un corretto allineamento delle arcate dentarie rivela anche un giusto rapporto funzionale tra le diverse parti dell’apparato stomatognatico (vale a dire ossa, articolazione temporo-mandibolare, muscoli masticatori e denti). Capito questo si può comprendere quanto la salute della bocca possa essere, e di fatto sia, legata allo stato di salute di tutto il nostro corpo. Ma in che modo l’allineamento dei denti può avere effetto sul nostro benessere? La più banale delle ipotesi riguarda la posizione della mandibola, che ha un ruolo cruciale nel bilanciamento della postura cranio-vertebrale. In altre parole, e semplificando un po’, una cattiva occlusione può modificare la postura e portare ad una serie di fastidi articolari.
Campanelli d’allarme
Vertigini, mali di testa, torcicollo, disturbi alla vista, dolori alla colonna e agli arti possono essere dei campanelli d’allarme; anche se non è detto che siano sempre collegati alla bocca. Sarebbe importante approfondire con una diagnosi differenziale quando questi fastidi sono non sono legati ad altro, quando non si riesce trovare una spiegazione. Ovviamente il primo a potersi accorgere di un problema dovrebbe essere sempre il proprio dentista. Dovrebbe essere proprio lui suggerire eventuali approfondimenti grazie alla consulenza di un ortodontista. Una visita accurata e strumenti diagnostici avanzati possono individuare ed eventualmente curare problemi che altrimenti finiscono con l’avere ripercussioni anche drammatiche sulla nostra vita.
Regole semplici contro l’ipertensione
AlimentazioneTroppo sale fa male. Tra le prime regole per non favorire l’insorgere dell’ipertensione arteriosa c’è quella di limitare il consumo di sale, e quindi l’apporto di sodio. Ma vediamo nello specifico: un grammo di sale contiene circa 0,4 grammi di sodio. Negli ipertesi la diminuzione del sale nella dieta comporta mediamente una riduzione della pressione sistolica di 5 mmHg e della diastolica di 3 mmHg.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non introdurre più di 2 grammi di sodio con la dieta giornaliera: 2 grammi di sodio che corrispondono a circa 5 grammi di sale da cucina (all’incirca quelli contenuti in un cucchiaino da tè raso).
Il sale, però, è presente in numerosi alimenti, specialmente in quelli conservati. Diventa più difficile, quindi, tenere sotto controllo l’assunzione di sodio. Insomma, il sale non è solo quello che viene aggiunto nella preparazione dei cibi. Tra i piatti più ricchi di sale ci sono senz’altro i cibi pronti, ma è presenti anche in prodotti zuccherati che apparentemente ne sembrerebbero privi.
Alcune regole possono aiutare a diminuire i rischi. Ad esempio, è importante educare fin da bambini a un’alimentazione non troppo ricca di sale.
Ci sono tanti modi per rendere più saporiti i cibi, anche grazie alle erbe aromatiche (come aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio) e le spezie (come pepe, peperoncino, noce moscata, zafferano).
Leggere l’etichetta degli prodotti rende più consapevoli della quantità di sale assimilato, ma è sempre meglio, però, preferire linee di cibi a basso contenuto di sale.
Gli alimenti trasformati sono quelli maggiormente salati e andrebbero consumati il meno possibile: sono gli snack salati, le patatine in busta, le olive da tavola e alcuni salumi e formaggi.
Ad ogni modo è sempre più consigliabile utilizzare del sale dietetico a minor contenuto di sodio.
Inoltre, valgono sempre le regole della corretta alimentazione:
– Ridurre i grassi, soprattutto quelli saturi, perché aumentano i livelli di colesterolo nel sangue e quindi il rischio di infarto.
– Tenere sotto controllo il proprio peso: per ogni chilogrammo in meno la pressione arteriosa si riduce di un millimetro di mercurio. L’obesità è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolari.
– Mangiare più frutta e verdura, per contribuire a eliminare dall’organismo i radicali liberi, causa di danni ai vasi sanguigni. Sono alimenti ricchi anche di potassio: sostanza in grado di abbassare i valori pressori. Infatti, un recente studio, pubblicato sull’International Journal of Hypertension, ha dimostrato che l’elevata concentrazione di nitrati inorganici (>250mg/100g) contenuti in verdure come lattuga, bietola, rucola, spinaci e soprattutto barbabietole rosse aumentano i livelli dell’ossido nitrico nel sangue, favorendo l’abbassamento della pressione arteriosa, anche con una singola dose giornaliera. Ciò è stato verificato per i pazienti ipertesi, soprattutto in quelli con valori pressori elevati all’inizio dello studio, nei quali è stato riscontrato l’effetto benefico dei nitrati della barbabietola
Ceinge: ecco la “ricetta della longevità”
Alimentazione, Prevenzione, SportEsercizio fisico costante e una dieta equilibrata con protocolli di restrizione calorica, sono alcuni degli elementi della ricetta della longevità che si studia da oltre vent’anni al Ceinge grazie all’impegno dello scienziato Franco Salvatore, fondatore e presidente del Centro di Ingegneria Genetica partneopeo. Questi studi diventeranno parte integrante di un nuovo laboratorio di Healthy and Active Longevity che, mettendo insieme il know how in ambito medico, scientifico e sportivo di tre diverse Università e dei ricercatori del Ceinge, consentirà di fare una valutazione integrata (clinico-fisica-diagnostica) e computerizzata degli effetti dell’esercizio fisico, anche in associazione alla corretta alimentazione, sulla salute degli individui.
La conferenza stampa di presentazione del nuovo laboratorio del Ceinge
«Diverse evidenze scientifiche – spiega piega Franco Salvatore – dimostrano l’incidenza positiva dell’attività fisica sulla prevenzione di alcune gravissime malattie, come quelle cardiovascolari ma anche come quelle oncologiche, si pensi all’importanza del rapporto tra l’attività fisica e l’alimentazione a livello della flora intestinale per la prevenzione dei tumori. E ci sono molti riscontri anche sul miglioramento della qualità della vita che l’attività fisica comporta in soggetti affetti anche da gravi malattie. Si pensi ai miglioramenti della mobilità nei soggetti affetti da morbo di Parkinson o ai miglioramenti della memoria nei soggetti affetti dall’Alzheimer». Queste patologie saranno coinvolte negli studi pilota del nuovo laboratorio di Healthy and Active Longevity del Ceinge. La strutta ultramoderna è stata progettata dell’architetto Giovanni Multari e dispone di due sale attrezzate con apparecchiature di ultima generazione per la valutazione della forma cardiorespiratoria, della composizione corporea e della massa ossea.
Verso nuove cure
I principali ambiti degli studi riguarderanno la messa a punto e la sperimentazione di nuovi protocolli integrati di attività motoria e nutrizione e il loro impatto sulla salute umana in soggetti sani (a scopo preventivo) e in soggetti portatori di patologie per analizzare il loro effetto sul miglioramento di differenti parametri legati alla salute e all’evoluzione della malattia.