Tempo di lettura: 5 minutiI giovani italiani hanno un’alta percezione della loro qualità di vita, ma le loro abitudini non sono poi così corrette. Dal 20 al 30% degli studenti tra 11 e 15 anni, infatti, non fa la prima colazione nei giorni di scuola, solo un terzo dei ragazzi consuma frutta e verdura almeno una volta al giorno e meno del 10% svolge almeno un’ora quotidiana di attività motoria, come raccomandato dall’Oms, mentre un quarto di loro supera le due ore al giorno (il massimo raccomandato) davanti ad uno schermo. La fotografia a tutto tondo dei comportamenti degli adolescenti è stata scattata dalla rilevazione 2018 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), promosso dal Ministero della Salute/CCM (Centro per il Controllo e la prevenzione delle Malattie), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena e svolto in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali.
L’indagine mostra che aumentano i fenomeni estremi quali il binge drinking e la preferenza, soprattutto tra le ragazze, di trascorrere tempo online con gli amici piuttosto che incontrarsi. Di contro, l’Italia risulta essere tra i paesi meno interessati dal fenomeno del bullismo. Gli studenti, perdipiù, si sentono supportati da amici e compagni di classe e hanno un buon rapporto con gli insegnanti.
Giovani: alimentazione e stato ponderale
Sulla base di quanto auto-dichiarato da 58.976 ragazzi i dati 2018 evidenziano che il 16,6% dei ragazzi 11-15 anni è in sovrappeso e il 3,2% obeso; l’eccesso ponderale diminuisce lievemente con l’età, è maggiore nei maschi e nelle Regioni del Sud. Rispetto alla precedente rilevazione effettuata nel 2014 tali valori sono tendenzialmente stabili.
Tra i comportamenti alimentari scorretti, l’HBSC ha evidenziato nel 2018 l’abitudine frequente a non consumare la colazione nei giorni di scuola, con prevalenze che vanno dal 20,7% a 11 anni, al 26,4% a 13 anni e al 30,6% a 15 anni; tale percentuale è maggiore nelle ragazze in tutte le fasce d’età considerate. Questa abitudine, rispetto al 2014, ha subìto un lieve peggioramento.
Solo un terzo dei giovani consuma frutta e verdura almeno una volta al giorno (lontano dalle raccomandazioni) con valori migliori nelle ragazze. Rispetto al 2014 aumenta il consumo, almeno una volta al giorno, di verdura ma diminuisce quello di frutta in tutte le fasce d’età e per entrambi i generi. Pane, pasta e riso sono gli alimenti più consumati in assoluto (1 ragazzo su 2).
Le bibite zuccherate/gassate sono consumate maggiormente dagli undicenni e dai maschi (le consumano almeno una volta al giorno: il 14,3% degli undicenni; il 13,7% dei tredicenni; il 12,6% dei quindicenni). Il trend è però in discesa, già dal 2014, per tutte le fasce d’età e senza differenza di genere.
Attività fisica e sedentarietà
L’OMS raccomanda almeno 60 minuti di attività motoria moderata-intensa tutti i giorni per i giovani (5-17 anni) includendo il gioco, lo sport, i trasporti, la ricreazione e l’educazione fisica praticate nel contesto delle attività familiari, di scuola e comunità. Nel 2018, la frequenza raccomandata di attività motoria moderata-intensa quotidiana è rispettata dal solo 9,5% dei ragazzi 11-15 anni, diminuisce con l’età (11 anni: 11,9%; 13 anni: 6,5%; 15 anni: 6,8%) ed è maggiore nei maschi; tale comportamento risulta in diminuzione rispetto al 2014.
Le linee guida internazionali raccomandano di non superare due ore al giorno in attività dedicate a guardare uno schermo (videogiochi/computer/internet). Dai dati 2018 si evince che circa un quarto dei ragazzi supera questo limite, con un andamento simile per entrambi i generi e valori in aumento dopo gli 11 anni. Rispetto al 2014 non si riscontra un cambiamento sostanziale.
Fumo, alcol, cannabis e gioco d’azzardo
La quota totale (11-15anni) dei non fumatori negli ultimi 30 giorni si mantiene stabile: 89% nel 2018 rispetto al 88% del 2014. Le 15enni italiane fumano di più rispetto ai coetanei maschi; infatti il 32% delle ragazze rispetto al 25% dei ragazzi ha fumato almeno un giorno nell’ultimo mese.
Il 16% dei 15enni italiani (e il 12% delle 15enni) ha fatto uso di cannabis nel corso degli ultimi 30 giorni.
Aumentano i fenomeni estremi legati al consumo di alcolici tra i giovani. Nel 2018, il 43% dei 15enni (38% nel 2014) e il 37% delle 15enni (30% nel 2014) ha fatto ricorso al binge drinking (assunzione di 5 o più bicchieri di bevande alcoliche, in un’unica occasione) negli ultimi 12 mesi.
Più di 4 giovani su 10 hanno avuto qualche esperienza di gioco d’azzardo nella vita, con i ragazzi 15enni che risultano esserne coinvolti maggiormente (62%) rispetto alle coetanee (23%). La quota di studenti a rischio di sviluppare una condotta problematica o che possono già essere definiti problematici (presentano almeno due sintomi del disturbo da gioco d’azzardo come per esempio aver rubato soldi per scommettere) è pari al 16%, con un +10% rispetto al 2014.
Il rapporto tra pari, il contesto scolastico, il bullismo e il cyberbullismo
L’HBSC indaga anche alcuni aspetti del contesto di vita familiare e scolastico, come ad esempio il rapporto con i genitori, con i compagni di classe, gli insegnanti, i pari, il bullismo e il cyberbullismo. Nel 2018 più del 70% dei ragazzi (11-15 anni) parla molto facilmente con i genitori; più dell’80% dichiara di avere amici con cui condividere gioie e dispiaceri e più del 70% di poter parlare con loro dei propri problemi. Infine, oltre il 60% dei ragazzi ritiene i propri compagni di classe gentili e disponibili. Un ragazzo su 2 dichiara che gli insegnanti sono interessati a loro come persone e il 62,4% dei ragazzi dichiara di avere fiducia negli insegnanti.
Il bullismo continua a vedere l’Italia tra i paesi meno interessati dal fenomeno rispetto al complesso di quelli coinvolti nella rilevazione. Gli atti di bullismo subìti a scuola nel corso degli ultimi due mesi decrescono con l’età: coloro che dichiarano di essere stati vittima di bullismo almeno una volta negli ultimi 2 mesi sono il 16,9% degli undicenni (erano il 23% nel 2014), il 13,7% dei tredicenni e l’8,9% dei quindicenni. Rispetto al 2014 tale fenomeno è quindi complessivamente in riduzione. La percentuale di coloro che dichiarano di aver subìto azioni di cyberbullismo negli ultimi due mesi diminuisce con l’età (11 anni: 10,1%; 13 anni: 8,5% e 15 anni: 7%).
L’uso problematico dei social media tra i giovani
La diffusione e l’uso dei social media, soprattutto tra i più giovani, richiede un’attenzione particolare; per tale motivo nei questionari HBSC 2018 è stata introdotta un’intera sezione su questo fenomeno. I risultati mostrano che i giovani che fanno uso problematico dei social media sono l’11,8% delle ragazze e il 7,8% dei ragazzi. La preferenza per le interazioni sociali online rispetto agli incontri faccia a faccia è frequentemente considerato un comportamento che contribuisce al rischio di sviluppare un uso problematico dei social media. Infatti, soprattutto le ragazze di 13 anni (19%) dichiarano di essere d’accordo o molto d’accordo nel preferire le interazioni online per parlare dei propri sentimenti. La maggioranza delle ragazze (86,9%) e dei ragazzi (77%) ha dichiarato di avere contatti giornalmente o più volte al giorno con la cerchia di amici stretti che frequentano anche faccia a faccia.
Le abitudini sessuali
Il 21,8% dei 15enni (26,2% maschi vs 17,6% femmine) dichiara di aver avuto rapporti sessuali completi. Il tipo di contraccettivo prevalentemente utilizzato è il preservativo (70,9% dei maschi e il 66,3% delle femmine), seguito dal coito interrotto (37% maschi vs 54,5% femmine), dalla pillola (11,1% maschi vs 11,5% femmine) e poco meno del 6,5% riferisce l’uso di metodi naturali.
L’indagine
Il sistema di Sorveglianza HBSC raccoglie importanti informazioni sulla salute e gli stili di vita degli adolescenti di 11, 13 e 15 anni (studenti delle scuole primarie di II grado e scuole secondarie). L’età pre-adolescenziale e adolescenziale rappresenta una fase cruciale per lo sviluppo dell’individuo e la comprensione dei determinanti dei comportamenti a rischio, frequenti in questa fascia d’età, può contribuire alla definizione di politiche e interventi in grado di promuovere l’elaborazione di valori positivi e che facilitino l’adozione di stili di vita salutari. Nella rilevazione 2018, i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che hanno risposto al questionario sono stati 58.976 distribuiti in tutte le Regioni italiane (con un tasso di rispondenza complessivo pari al 97,1%); le classi campionate sono state 4.183, distribuite anch’esse in tutte le Regioni d’Italia (con un’adesione pari all’86,3%). L’elevata partecipazione, sia dei ragazzi che delle classi, è indicativa di un buon livello di sinergia tra il settore scolastico e il settore sanitario, nonché di una sensibilità particolare delle famiglie dei ragazzi verso i temi affrontati.
Romacuore: monossido killer anche per il muscolo cardiaco
Ricerca innovazioneUna ricerca italiana ha analizzato gli effetti della sigaretta elettronica e dei prodotti a tabacco riscaldato sull’uomo. Lo studio indipendente è stato pubblicato dall’autorevole rivista “International Journal of Environmental Research and Public Health” e presentato a Roma in occasione della XVI edizione di Romacuore. Condotto dal Prof. Fabio Beatrice, Direttore del Dipartimento di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Maxillo Facciale e Responsabile del Centro Anti Fumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e esperto di politiche di contrasto al fumo. lo studio dimostra che il passaggio a sigarette elettroniche o a prodotti a tabacco riscaldato, riduce circa dell’80% l’esposizione dell’organismo al monossido di carbonio (CO) rispetto a quanto accade fumando sigarette tradizionali. Un risultato che farebbe ben sperare rispetto all’insorgenza di malattie dell’apparato cardiovascolare. Il monossido di carbonio infatti, se inalato a livelli elevati come avviene durante il processo di combustione della sigaretta, può seriamente compromettere l’ossigenazione delle cellule ed essere quindi causa di insorgenza di malattie fumo-correlate. Uno studio pubblicato su Annals of Family Medicine rivela che su un gruppo di pazienti cardiologici al momento della diagnosi fumava il 18,2% e il 55,4%.
Monossido di carbonio, lo studio
Lo studio si è concentrato sul monitoraggio dei livelli di monossido di carbonio, mettendo sotto osservazione quaranta fumatori adulti di sesso maschile, che avevano mostrato forte resistenza a smettere di fumare, passati dal fumo di sigaretta all’utilizzo sigarette elettroniche (20) o ai prodotti a tabacco riscaldato (20).
I risultati dopo 6 mesi di osservazione hanno evidenziato che i fumatori, che erano riusciti a passare in via esclusiva ai nuovi dispositivi elettronici alternativi alle sigarette, presentavano livelli di monossido di carbonio analoghi a chi aveva smesso di fumare.
“Lo studio conferma il potenziale di questi prodotti di ridurre il rischio per quei fumatori che non vogliono o non riescono a smettere di fumare, aggiungendo un altro importante tassello alla già ampia letteratura indipendente su questo tema” ha dichiarato il professor Fabio Beatrice, che ha poi aggiunto: “Soprattutto in questo momento così incerto, su cui pesano le vicissitudini statunitensi , è importante ricordare come il corretto utilizzo di strumenti a sistema chiuso continui a rappresentare un’alternativa migliore rispetto al fumo di sigaretta. La diffusione della “Evali”, o polmonite chimica, che si sta verificando negli USA, è riconducibile esclusivamente a un utilizzo improprio di dispositivi a cosiddetto sistema aperto, ovvero modificabili da chi li utilizza. E’ importante ricordare che tali prodotti non sono privi di rischio e devono essere acquistati esclusivamente dai rivenditori autorizzati, ma dobbiamo altresì essere chiari nel ribadire che sono un’alternativa migliore rispetto alle sigarette, affinché si eviti lo scenario peggiore per tutta la classe medica, ovvero che chi aveva già abbandonato le sigarette vi faccia ritorno”
Cancro, è il “big killer” dei paesi ricchi
Ricerca innovazioneAvere un reddito alto o basso fa differenza anche nei fattori che portano maggiore rischio di morte. I risultati di uno studio internazionale dimostrano che, anche se a livello globale le malattie cardiovascolari restano il “big killer”, ossia la principale causa di morte, nei Paesi ad alto reddito la maggior parte dei decessi è dovuta al cancro.
Cancro: dati e scenario futuro
Lo studio epidemiologico PURE (Prospective Urban Rural Epidemiologic Study) ha coinvolto più di 160.000 persone di età compresa tra 35 e 70 anni di 21 nazioni e diversi continenti. Nelle nazioni in cui il tenore di vita è generalmente elevato, come Canada e Svezia, le morti per tumore risultavano essere il doppio di quelle per malattie cardiovascolari. Al contrario, in paesi in via di sviluppo come Bangladesh e Zimbabwe, le morti per malattie cardiovascolari erano il triplo di quelle per cancro.
I risultati dello studio PURE sono stati pubblicati sulla rivista medica Lancet e presentati al Congresso mondiale di cardiologia a Parigi. In quell’occasione uno dei due autori principali Darryl Leong, ricercatore presso la McMaster University (Canada), ha dichiarato: “Se il declino delle morti per cause cardiovascolari registrato negli ultimissimi decenni nelle nazioni ad alto reddito continuerà, e se alcune nazioni a medio e basso reddito registreranno lo stesso andamento, è possibile che il cancro diventi in pochi decenni la più comune causa di morte a livello mondiale”.
I ricercatori escludono che l’alta mortalità per cause cardiovascolari registrata nei Paesi più poveri dipenda dal fatto che quelle popolazioni presentino più fattori di rischio delle popolazioni dei Paesi ad alto reddito. Anzi, le prove dicono il contrario. “L’alta mortalità per cause cardiovascolari osservata dallo studio nei Paesi a medio e basso reddito” dice Leong “è probabilmente legata al limitato accesso a un’assistenza sanitaria adeguata.” Infatti nei Paesi più ricchi sono stati fatti grossi progressi sia nel trattamento sia nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per esempio, la percentuale di persone che cura la pressione alta, un importante fattore di rischio, è aumentata in diversi Paesi ad alto reddito, come dimostrano i risultati di un’altra ricerca recentemente pubblicati su Lancet, in cui si evidenzia che è cresciuta la consapevolezza dell’ipertensione quale fattore di rischio per la salute. L’Italia, una delle nazioni incluse nello studio, pur registrando progressi nella consapevolezza del problema e nei livelli di trattamento, è tra le nazioni in cui i miglioramenti registrati sono inferiori a quelli desiderabili.
Dove intervenire
Jonathan Kocarnik, ricercatore del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (USA), da anni coinvolto nel programma Global Burden of Disease (GBD) che misura l’impatto di varie malattie in tutte le regioni del mondo, ha commentato così lo studio: “Questi risultati confermano la necessità di sforzi globali per migliorare gli strumenti di prevenzione e controllo dei tumori, specialmente perché ci si aspetta che le morti dovute al cancro aumentino in tutto il mondo. Anche se le strategie attuali hanno già buone potenzialità di ridurre il contributo del cancro al numero di malattie e morti, per la prevenzione stanno emergendo nuovi approcci promettenti che si basano sugli studi molecolari”.
Nei Paesi più ricchi il cancro è diventato la principale causa di morte in seguito da un lato ai miglioramenti di prevenzione e cura di altre malattie e dall’altro lato a cambiamenti nelle abitudini, nella dieta e nelle esposizioni ambientali che complessivamente hanno portato a un aumento dei tumori collegati agli stili di vita. “Gli investimenti per rendere accessibile l’assistenza sanitaria possono portare miglioramenti significativi nei Paesi a basso e medio reddito” commenta Kocarnik “ma nei Paesi ad alto reddito agire sui fattori di rischio collegati agli stili di vita può avere un effetto più grande.”
Mammografia e Pap test, a Napoli gratis il sabato mattina
News PresaImmaginate di poter decidere, senza alcuna prenotazione o impegnativa del medico di famiglia, di andare al distretto sanitario di base e fare una Mammografia o un Pap test. Tutto gratuitamente e senza preoccuparsi di “tetti di spesa” o “fine dei budget”. A Napoli, o meglio nell’ASL Napoli 1 Centro, non ci sarà più bisogno di immaginare, a partire da questo sabato, volendo, lo si potrà fare. Il cambio di passo è legato alla rivoluzione avviata ormai da qualche mese dal nuovo direttore generale Ciro Verdoliva, che punta ad aumentare i servizi ai cittadini e trasmettere a tutti il valore della prevenzione. In questo caso specifico, l’idea è quello di aiutare le donne che hanno difficoltà ad aderire agli screening gratuiti in orari lavorativi.
DOVE E QUANDO
mammografia…al Corso Vittorio Emanuele n°690, da sabato 09 novembre ore 9,00 – 14,00; pap-test……….al Loreto Crispi via Michelangelo Schipa, da sabato 09 novembre ore 9,00 – 14,00;
mammografia…a via Winspeare (Fuorigrotta) n°67, da sabato 09 novembre ore 9,00 – 13,00; pap-test……….a via Winspeare n°67 (Fuorigrotta), da sabato 09 novembre ore 9,00 – 14,00;
mammografia…a via Adriano n°117, da sabato 09 novembre ore 9,00 – 14,00; pap-test……….a via Canonico Scherillo n°12, da sabato 09 novembre ore 9,00 – 14,00;
mammografia…a via San Gennaro Antignano n°42 (con ingresso anche da via Mario Fiore)
da sabato 09 novembre ore 9,00 – 13,00; pap-test……….a via San Gennaro Antignano n°42 (con ingresso anche da via Mario Fiore)
da sabato 09 novembre ore 9,00 – 13,00;
mammografia…a viale della Resistenza n°25 (Scampia), da sabato 09 novembre ore 9,00 – 13,00; pap-test……….a viale della Resistenza n°25 (Scampia), da sabato 09 novembre ore 9,00 – 13,00;
mammografia…a piazzetta del Casale n°22 (Secondigliano), da sabato 09 novembre ore 9,00 – 14,00; pap-test……….a piazzetta del Casale n°22 (Secondigliano), da sabato 09 novembre ore 9,00 – 13,00;
MI VOGLIO BENE
Il progetto fa parte della campagna di screening regionale Mi voglio bene e si integra con il lavoro del poliambulatorio mobile nell’ambito de i Sabato dello Screening. «L obiettivo è quello di offrire ai cittadini sempre più occasioni di fare prevenzione. Il nostro messaggio è chiaro: il sabato passatelo con noi!».
Cancro alla prostata, nuova diagnosi potrebbe sostituire test del PSA
News PresaUn nuovo Test, nato nei laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità, potrebbe diagnosticare il tumore alla prostata senza ricorrere alla biopsia. Il metodo, i cui risultati sono stati pubblicati su Cancers è stato messo a punto grazie a uno studio clinico prospettico in sinergia con l’Unità di Neuroimmunologia dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia e con il Dipartimento di Scienze Urologiche del Policlinico Umberto I di Roma. Il nuovo test è stato applicato su 240 campioni, dimostrandone la precisione diagnostica pari al 100% di specificità (nessun falso positivo) e al 96% di sensibilità.
Cancro alla prostata: lo studio sul nuovo test
In base a questi risultati, su 100 pazienti 96 potrebbero non avere bisogno di ulteriori approfondimenti diagnostici e con l’allargamento della base dei dati si potrà arrivare a una procedura che renderà necessarie ulteriori analisi invasive a un numero minimo di pazienti. Ciò renderà possibile cambiare la gestione clinica del paziente colpito da cancro alla prostata consentendo anche di intervenire con una prevenzione secondaria molto più efficace.
“Fino ad oggi il dosaggio della PSA sierica – cioè il dosaggio dell’antigene prostatico specifico non era in grado di operare efficacemente la discriminazione tra le patologie maligne e quelle benigne che spesso coesistono nello stesso paziente – afferma Stefano Fais del Dipartimento Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità – grazie a questo nuovo test, invece, attraverso un semplice prelievo ematico è possibile diagnosticare la natura della neoplasia grazie alla possibilità di caratterizzare e quantificare i livelli plasmatici di exosomi che esprimono la PSA”. Gli exosomi (vescicole extracellulari di dimensioni nanometriche), che la gran parte delle cellule del nostro organismo rilasciano, servono infatti a trasportare e a scambiare diversi tipi di molecole tra le cellule, tanto da essere considerate ormai la principale sorgente di biomarcatori di malattia. Nel caso del cancro prostatico trasportano una PSA che per molti aspetti è diversa dalla classica PSA solubile presente nel siero.
Nello studio sono state dimostrate, grazie al confronto dei valori della PSA sierica con quelli degli EXO-PSA, l’elevata sensibilità e la specificità del Test rispetto all’incapacità della PSA sierica nel distinguere il cancro della prostata da tutte le altre condizioni, compresa l’iperplasia prostatica benigna. Quindi, in base ai dati dello studio pubblicato su Cancers saranno possibili studi di screening basati su EXO-PSA sulla popolazione maschile a livello mondiale.
Per l’Istituto Superiore di Sanità hanno partecipato al lavoro, oltre a Stefano Fais, Mariantonia Logozzi, dello stesso dipartimento che ha messo a punto ed eseguito la totalità dei test, mentre l’analisi statistica è stata eseguita, in collaborazione con il Dipartimento Ambiente e Salute, da Alessandro Giuliani. Il policlinico Umberto I ha curato sia la raccolta dei dati clinici dei pazienti che la raccolta dei campioni e L’IRRCS Fondazione Santa Lucia di Roma, grazie alla collaborazione di Daniela Angelini, ha messo a punto le analisi cito-fluorimetriche.
Giovannino, la storia di un piccolo grande eroe
News PresaI genitori naturali hanno scelto di non tenerlo, perché affetto da una grave, molto rara e incurabile malattia della pelle. Ma i figli, si dice, sono di chi se li cresce. Giovannino, questo il nome del piccolo, ora sta inconsapevolmente aspettando che il Tribunale dei Minori valuti una delle migliaia di richieste di adozione che stanno arrivando da tutta Italia. Già, la storia di questo scricciolo – raccontata sul quotidiano La Stampa – ha commosso il Paese intero e sono moltissimi ad essersi fatti avanti per dargli una casa, una famiglia. Giovannino intanto è ricoverato nel reparto di terapia intensiva neonatale all’ospedale Sant’Anna di Torino, dove le infermiere se ne prendono cura. Ma l’ospedale sta cercando una struttura che possa prendersi carico del neonato, che necessita di assistenza continua, quando avrà superato i sei mesi di vita.
UNO SU UN MILIONE
Questa rarissima condizione, conosciuta anche come feto Arlecchino, è determinata da una grave disfunzione congenita della pelle. La malattia è talmente rara che in mancanza di dati epidemiologici esatti se ne stima una prevalenza inferiore ad un caso su un milione. Giovannino, vista la gravità della sua condizione, al momento è come un supereroe. I neonati con questa malattia, solitamente, non vivono che poche ore o pochi giorni se le varie emergenze neonatali non sono affrontate correttamente e tempestivamente. Per quanto riguarda l’aspetto dermatologico l’unica terapia efficace è quella basata sulla somministrazione di Retinoidi per via sistemica. Chi soffre di questa malattia ha una pelle spessa e rigida, una corazza che spesso finisce anche per limitare i movimenti. La mancanza di elasticità della pelle rende difficile persino respirare, una condizione drammatica.
EMOZIONE SOCIAL
Come sempre accade in questi casi, la storia del piccolo ha sollevato gli animi e scatenato sul web e sui social tante emozioni. In moltissimi post viene ripresa la vicenda e in altrettanto si sprecano i giudizi sul comportamento dei genitori. Da un lato c’è chi li condanna, “perché non ci si può liberare così di un figlio”; altri invece comprendono la scelta che “sarà stata certamente molto sofferta”. Noi preferiamo non esprimere alcuna opinione, e invece lanciamo forte l’augurio che il piccolo possa trovare presto una famiglia che abbia modo di prendersi cura di lui nel migliore dei modi. Affinché questa storia drammatica possa regalagli più di qualche momento di felicità. #forzaGiovannino, piccolo grande eroe.
Un giorno nella storia del volo per i bimbi di Oncologia del Gemelli
News PresaUn giorno intero al museo, tra aerei e piloti dell’Aeronautica Militare. Lo hanno trascorso alcuni pazienti dell’U.O. di Oncologia Pediatrica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS al polo museale di Vigna di Valle. Accolti in questo viaggio nella storia del volo dal Colonnello Giuseppe Lauriola, Comandante del Centro Storiografico e Sportivo Vigna di Valle, e dal Tenente Colonnello Adelio Roviti, Direttore del Museo, i piccoli pazienti sono stati accompagnati dai genitori, dalla dottoressa Antonella Guido, psicologa e psicoterapeuta dell’Unità Operativa di Oncologia Pediatrica del Gemelli, e dalla dottoressa Daniela De Bianchi insieme ai volontari dell’AGOP Onlus (Associazione Genitori Oncologia Pediatrica).
Il progetto promosso dal Gemelli
Al progetto psico-educativo promosso dall’Unità Operativa di Oncologia Pediatrica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, diretta dal Professor Antonio Ruggiero, hanno collaborato gli psicologi del Servizio di Psicologia Ospedaliera operanti nell’U.O., gli insegnanti della Scuola in Ospedale del Gemelli e l’AGOP Onlus. I bimbi hanno posato i loro occhi sognanti sui velivoli esposti e hanno interagito con il personale dell’Aeroporto che li ha accompagnati durante la mattinata. I bambini e ragazzi presenti sono tutti inseriti in un percorso scolastico vero e proprio che consente, a chi è costretto spesso per lunghi periodi in ospedale per affrontare le cura, di proseguire il percorso scolastico.
Poi è arrivato il momento dell’incontro con il pilota della Pattuglia Acrobatica Nazionale (PAN) Tenente Colonnello Rudy Barassi, che ha raccontato aspetti tecnici e soprattutto estro e motivazione che richiede il lavoro dei piloti dell’Aeronautica Militare, in particolare quelli del volo acrobatico; durante le spiegazioni, i ragazzi hanno tenuto gli occhi fissi sul velivolo MB 339 PAN, mentre scorrevano immagini legate alle esibizioni dei piloti dell’aeroporto militare di Rivolto in occasione di recenti voli acrobatici.
Gli altri colleghi presenti hanno indossato uniformi d’epoca, le cosiddette Marus, indossate dagli equipaggi di volo durante il secondo conflitto mondiale, e hanno scattato alcune foto insieme ai ragazzi.
“La visita al museo di Vigna di Valle – ha spiegato il professor Ruggiero – può essere considerata l’inizio di un auspicabile percorso di collaborazione tra la Forza Armata e il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. E’ infatti allo studio un protocollo che consentirà di creare veri e propri laboratori didattici, momenti ludici, esposizioni e mostre, il tutto finalizzato a creare momenti di interesse culturale e svago per i pazienti provati da esperienze emotive e fisiche così dure che, assieme ai genitori, famigliari e al personale del Policlinico Gemelli, tentano di superare”.
Dopo tante domande curiosità. i pazienti hanno terminato la giornata con la salita a bordo di uno dei velivoli dell’Aeronautica Militare. Un’esperienza che sarà replicata, ha spiegato il Tenente Colonnello Lauriola, “proprio presso il Policlinico Gemelli, dove andremo a trovare anche coloro che non hanno avuto la possibilità di essere presenti oggi a Vigna di Valle”.
“Questa iniziativa – ha continuato la dottoressa Guido – segue la visita organizzata mesi fa presso il 31° Stormo di Ciampino e rientra nel progetto di promuovere, in collaborazione con la Scuola in Ospedale del Policlinico Gemelli, uscite didattiche con l’obiettivo di rompere l’isolamento spesso indotto dal trattamento terapeutico e favorire iniziative finalizzate a restituire un percorso scolastico caratterizzato anche da proposte esterne al contesto ospedaliero. D’altronde – ha concluso la psicologa – un protocollo terapeutico non può prescindere dal considerare il momento riabilitativo finalizzato a garantire al paziente una migliore qualità di cura, utilizzando le diverse professionalità sanitarie e non sanitarie più indicate al bisogno espresso. L’ottica dell’assistenza globale deve sempre fornire ai pazienti nuove opportunità di crescita e sviluppo, promuovendo le loro parti sane e le loro risorse”.
Giovani: buone relazioni sociali, ma difettano abitudini salutari
News PresaI giovani italiani hanno un’alta percezione della loro qualità di vita, ma le loro abitudini non sono poi così corrette. Dal 20 al 30% degli studenti tra 11 e 15 anni, infatti, non fa la prima colazione nei giorni di scuola, solo un terzo dei ragazzi consuma frutta e verdura almeno una volta al giorno e meno del 10% svolge almeno un’ora quotidiana di attività motoria, come raccomandato dall’Oms, mentre un quarto di loro supera le due ore al giorno (il massimo raccomandato) davanti ad uno schermo. La fotografia a tutto tondo dei comportamenti degli adolescenti è stata scattata dalla rilevazione 2018 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), promosso dal Ministero della Salute/CCM (Centro per il Controllo e la prevenzione delle Malattie), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena e svolto in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, le Regioni e le Aziende Sanitarie Locali.
L’indagine mostra che aumentano i fenomeni estremi quali il binge drinking e la preferenza, soprattutto tra le ragazze, di trascorrere tempo online con gli amici piuttosto che incontrarsi. Di contro, l’Italia risulta essere tra i paesi meno interessati dal fenomeno del bullismo. Gli studenti, perdipiù, si sentono supportati da amici e compagni di classe e hanno un buon rapporto con gli insegnanti.
Giovani: alimentazione e stato ponderale
Sulla base di quanto auto-dichiarato da 58.976 ragazzi i dati 2018 evidenziano che il 16,6% dei ragazzi 11-15 anni è in sovrappeso e il 3,2% obeso; l’eccesso ponderale diminuisce lievemente con l’età, è maggiore nei maschi e nelle Regioni del Sud. Rispetto alla precedente rilevazione effettuata nel 2014 tali valori sono tendenzialmente stabili.
Tra i comportamenti alimentari scorretti, l’HBSC ha evidenziato nel 2018 l’abitudine frequente a non consumare la colazione nei giorni di scuola, con prevalenze che vanno dal 20,7% a 11 anni, al 26,4% a 13 anni e al 30,6% a 15 anni; tale percentuale è maggiore nelle ragazze in tutte le fasce d’età considerate. Questa abitudine, rispetto al 2014, ha subìto un lieve peggioramento.
Solo un terzo dei giovani consuma frutta e verdura almeno una volta al giorno (lontano dalle raccomandazioni) con valori migliori nelle ragazze. Rispetto al 2014 aumenta il consumo, almeno una volta al giorno, di verdura ma diminuisce quello di frutta in tutte le fasce d’età e per entrambi i generi. Pane, pasta e riso sono gli alimenti più consumati in assoluto (1 ragazzo su 2).
Le bibite zuccherate/gassate sono consumate maggiormente dagli undicenni e dai maschi (le consumano almeno una volta al giorno: il 14,3% degli undicenni; il 13,7% dei tredicenni; il 12,6% dei quindicenni). Il trend è però in discesa, già dal 2014, per tutte le fasce d’età e senza differenza di genere.
Attività fisica e sedentarietà
L’OMS raccomanda almeno 60 minuti di attività motoria moderata-intensa tutti i giorni per i giovani (5-17 anni) includendo il gioco, lo sport, i trasporti, la ricreazione e l’educazione fisica praticate nel contesto delle attività familiari, di scuola e comunità. Nel 2018, la frequenza raccomandata di attività motoria moderata-intensa quotidiana è rispettata dal solo 9,5% dei ragazzi 11-15 anni, diminuisce con l’età (11 anni: 11,9%; 13 anni: 6,5%; 15 anni: 6,8%) ed è maggiore nei maschi; tale comportamento risulta in diminuzione rispetto al 2014.
Le linee guida internazionali raccomandano di non superare due ore al giorno in attività dedicate a guardare uno schermo (videogiochi/computer/internet). Dai dati 2018 si evince che circa un quarto dei ragazzi supera questo limite, con un andamento simile per entrambi i generi e valori in aumento dopo gli 11 anni. Rispetto al 2014 non si riscontra un cambiamento sostanziale.
Fumo, alcol, cannabis e gioco d’azzardo
La quota totale (11-15anni) dei non fumatori negli ultimi 30 giorni si mantiene stabile: 89% nel 2018 rispetto al 88% del 2014. Le 15enni italiane fumano di più rispetto ai coetanei maschi; infatti il 32% delle ragazze rispetto al 25% dei ragazzi ha fumato almeno un giorno nell’ultimo mese.
Il 16% dei 15enni italiani (e il 12% delle 15enni) ha fatto uso di cannabis nel corso degli ultimi 30 giorni.
Aumentano i fenomeni estremi legati al consumo di alcolici tra i giovani. Nel 2018, il 43% dei 15enni (38% nel 2014) e il 37% delle 15enni (30% nel 2014) ha fatto ricorso al binge drinking (assunzione di 5 o più bicchieri di bevande alcoliche, in un’unica occasione) negli ultimi 12 mesi.
Più di 4 giovani su 10 hanno avuto qualche esperienza di gioco d’azzardo nella vita, con i ragazzi 15enni che risultano esserne coinvolti maggiormente (62%) rispetto alle coetanee (23%). La quota di studenti a rischio di sviluppare una condotta problematica o che possono già essere definiti problematici (presentano almeno due sintomi del disturbo da gioco d’azzardo come per esempio aver rubato soldi per scommettere) è pari al 16%, con un +10% rispetto al 2014.
Il rapporto tra pari, il contesto scolastico, il bullismo e il cyberbullismo
L’HBSC indaga anche alcuni aspetti del contesto di vita familiare e scolastico, come ad esempio il rapporto con i genitori, con i compagni di classe, gli insegnanti, i pari, il bullismo e il cyberbullismo. Nel 2018 più del 70% dei ragazzi (11-15 anni) parla molto facilmente con i genitori; più dell’80% dichiara di avere amici con cui condividere gioie e dispiaceri e più del 70% di poter parlare con loro dei propri problemi. Infine, oltre il 60% dei ragazzi ritiene i propri compagni di classe gentili e disponibili. Un ragazzo su 2 dichiara che gli insegnanti sono interessati a loro come persone e il 62,4% dei ragazzi dichiara di avere fiducia negli insegnanti.
Il bullismo continua a vedere l’Italia tra i paesi meno interessati dal fenomeno rispetto al complesso di quelli coinvolti nella rilevazione. Gli atti di bullismo subìti a scuola nel corso degli ultimi due mesi decrescono con l’età: coloro che dichiarano di essere stati vittima di bullismo almeno una volta negli ultimi 2 mesi sono il 16,9% degli undicenni (erano il 23% nel 2014), il 13,7% dei tredicenni e l’8,9% dei quindicenni. Rispetto al 2014 tale fenomeno è quindi complessivamente in riduzione. La percentuale di coloro che dichiarano di aver subìto azioni di cyberbullismo negli ultimi due mesi diminuisce con l’età (11 anni: 10,1%; 13 anni: 8,5% e 15 anni: 7%).
L’uso problematico dei social media tra i giovani
La diffusione e l’uso dei social media, soprattutto tra i più giovani, richiede un’attenzione particolare; per tale motivo nei questionari HBSC 2018 è stata introdotta un’intera sezione su questo fenomeno. I risultati mostrano che i giovani che fanno uso problematico dei social media sono l’11,8% delle ragazze e il 7,8% dei ragazzi. La preferenza per le interazioni sociali online rispetto agli incontri faccia a faccia è frequentemente considerato un comportamento che contribuisce al rischio di sviluppare un uso problematico dei social media. Infatti, soprattutto le ragazze di 13 anni (19%) dichiarano di essere d’accordo o molto d’accordo nel preferire le interazioni online per parlare dei propri sentimenti. La maggioranza delle ragazze (86,9%) e dei ragazzi (77%) ha dichiarato di avere contatti giornalmente o più volte al giorno con la cerchia di amici stretti che frequentano anche faccia a faccia.
Le abitudini sessuali
Il 21,8% dei 15enni (26,2% maschi vs 17,6% femmine) dichiara di aver avuto rapporti sessuali completi. Il tipo di contraccettivo prevalentemente utilizzato è il preservativo (70,9% dei maschi e il 66,3% delle femmine), seguito dal coito interrotto (37% maschi vs 54,5% femmine), dalla pillola (11,1% maschi vs 11,5% femmine) e poco meno del 6,5% riferisce l’uso di metodi naturali.
L’indagine
Il sistema di Sorveglianza HBSC raccoglie importanti informazioni sulla salute e gli stili di vita degli adolescenti di 11, 13 e 15 anni (studenti delle scuole primarie di II grado e scuole secondarie). L’età pre-adolescenziale e adolescenziale rappresenta una fase cruciale per lo sviluppo dell’individuo e la comprensione dei determinanti dei comportamenti a rischio, frequenti in questa fascia d’età, può contribuire alla definizione di politiche e interventi in grado di promuovere l’elaborazione di valori positivi e che facilitino l’adozione di stili di vita salutari. Nella rilevazione 2018, i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che hanno risposto al questionario sono stati 58.976 distribuiti in tutte le Regioni italiane (con un tasso di rispondenza complessivo pari al 97,1%); le classi campionate sono state 4.183, distribuite anch’esse in tutte le Regioni d’Italia (con un’adesione pari all’86,3%). L’elevata partecipazione, sia dei ragazzi che delle classi, è indicativa di un buon livello di sinergia tra il settore scolastico e il settore sanitario, nonché di una sensibilità particolare delle famiglie dei ragazzi verso i temi affrontati.
Merenda, ecco la guida per i genitori
Genitorialità, PediatriaCosa devono mangiare a merenda i bambini? Una domanda che tutti i genitori si saranno posti almeno una volta e che spesso finisce col risolversi facendo spallucce. Del resto, che male potrà fare una merendina confezionata. Mettiamola così, una merendina non è mai la fine del mondo, ma forse è meglio affidarsi a poche semplici regole per una colazione pomeridiana sana e nutriente. Meglio che la merendina sia solo l’eccezione. Secondo gli esperti, infatti, le merendine confezionate possono essere consumate ma con moderazione. Diciamo 1 o 2 volte a settimana.
OTTO PAROLE
In questo senso l’Istituto Bambino Gesù per la salute del bambino e dell’adolescente può essere una guida, visto che ha realizzato un vademecum per aiutare le famiglie a organizzare la merenda dei giovani. Un’iniziativa promossa in collaborazione con Unione Italiana Food per diffondere una maggiore cultura su questo importante appuntamento della giornata alimentare dei ragazzi. Le 8 parole d’ordine sono: quotidiana, adeguata, moderata, saziante. E poi ancora varia, dolce, salata, serena. Questi principi riassumono la merenda ideale. Per aiutare i genitori nella pianificazione settimanale, gli esperti propongono un menù che prevede 56 abbinamenti specifici in base all’età e al fabbisogno energetico dei bambini e dei ragazzi: circa 150 Kcal per i bambini da 4 a 6 anni, circa 200 Kcal per i bambini da 7 a 11 anni, circa 260 Kcal per i ragazzi da 12 a 15 anni e circa 285 Kcal per i ragazzi da 15 a 17 anni.
FIBRE E NUTRIENTI
La disponibilità di merende già porzionate permette una scelta migliore e più adeguata da parte del genitore. I nutrizionisti suggeriscono inoltre di variare gli alimenti nell’arco della settimana, alternando cibi salati e dolci. Punto fermo delle diverse proposte è il consumo della frutta, da mangiare almeno una volta al giorno. Un’altra caratteristica fondamentale delle merende è data dalla necessità di essere sazianti. Per questo motivo, oltre ai nutrienti essenziali (glucidi, lipidi e proteine), è importante assicurare la presenza di una buona quantità di fibre e di micronutrienti come Omega3, ferro, vitamine, calcio.
Ora legale, può favorire l’ictus e infarti
Ricerca innovazioneC’è l’ora solare «alle 17 è già buio, che tristezza!». Quante volte ci siamo trovati a pronunciare queste parole, una lagna che torna puntuale con l’arrivavo dell’autunno. Per contro, quando è il momento dell’ora legale sono altrettanti a tirare un sospiro di sollievo. Anche perché, diciamola tutta, quando si spostano le lancette in avanti è segno che siamo ormai vicini alle vacanze estive. Ma siamo proprio certi che si esaurisca tutto con una banale questione di umore? A quanto pare no, e i risultati di una recentissima ricerca sono a dir poco scioccanti.
SI RISCHIA L’ICTUS
L’ora legale ha effetti negativi per la salute che possono durare per diversi mesi da quando entra in vigore, e per questo andrebbe abolita. Lo scrivono in un editoriale sulla rivista Jama Neurology quattro ricercatori della Vanderbilt University e della University of Pennsylvania, che passano in rassegna i principali studi sull’argomento. Il cambio del’ora, scrivono gli autori, può essere associato ad un aumento del rischio di attacchi cardiaci e di ictus, e riduce in media il sonno di 15-20 minuti nei giorni successivi all’entrata in vigore, un effetto che può aumentare il rischio di incidenti stradali. Su alcuni soggetti più fragili, sottolinea l’articolo, come i bambini con autismo, gli effetti negativi permangono per settimane e anche per mesi.
QUANTO VALE UN’ORA
«Le persone pensano che una transizione di un’ora non sia niente di che, che si può superare in un giorno, ma quello che non capiscono è che il proprio orologio biologico non è più sincronizzato con la luce – spiega Ann Malow, uno degli autori -. Non è un’ora due volte l’anno, è un disallineamento dell’orologio biologico per otto mesi l’anno. Quando parliamo di ora legale e di relazione con la luce naturale stiamo parlando di impatti profondi con l’orologio biologico, ben radicato nel cervello, e quindi ci sono impatti sulle funzioni cerebrali come l’energia o la vigilanza».
La corsa allunga la vita, non importa la distanza. Lo studio
PrevenzioneLa corsa allunga la vita e riduce il rischio di morte. La buona notizia è che questo dato non dipende dal numero di chilometri percorsi: anche una breve distanza apporta benefici. È quanto emerge da una maxi-revisione di dati di numerosi studi, resa nota sul British Journal of Sports Medicine. Inoltre era già stato provato che la corsa riduce l’osteoporosi, rinforza i muscoli del cuore e accelera il metabolismo. Lo stimolo di allenamento, infatti, aumenta la frequenza cardiaca e rinforza il cuore, di conseguenza migliora la circolazione sanguigna e riduce il rischio di un’alta pressione sanguigna. Si riducono gli sforzi sul cuore sia quando si è a riposo che quando si è attivi.
Lo studio sui benefici della corsa
Sono stati coinvolti in tutto 232.149 partecipanti. Dai numeri è emerso che correre anche se poco riduce il rischio di morte per qualunque causa del 27%. La corsa è anche stata associata a una riduzione rispettivamente del 30% e del 23% del rischio di morte per patologie cardiovascolari e tumori. L’autore principale della ricerca è Željko Pedišić, docente presso la Victoria University a Melbourne. Lo scienziato ha spiegato che i risultati si augura possano motivare le persone sedentarie ad iniziare a correre anche per poco e che possano invece dare maggiore spinta a chi già pratica la corsa, anche se solo saltuariamente. In altre parole la corsa, indipendentemente dalla quantità di distanza percorsa, porta a sostanziali miglioramenti nella salute e nella longevità della popolazione. Una pratica costante due o tre volte a settimana migliora i parametri di salute in breve tempo, soprattutto se associata a un’alimentazione equilibrata.