Tempo di lettura: 3 minutiL’Istituto Superiore di Sanità ha pugglicato su “Epicentro” un primo aggiornamento sul nuovo Coronavirus che sta generando paura in Cina, nella città di Wuhan. Questo virus, che avrebbe fatto un salto di specie dall’animale all’uomo, si trasmette ora da persona a persona per contatto ravvicinato. Il virus sembra causare soprattutto polmoniti, ma non è noto quale sia la proporzione di casi più lievi. I pazienti infetti provenienti da Wuhan sono stati sottoposti a isolamento in diverse città asiatiche e negli USA. Nel frattempo, la Cina ha deciso misure restrittive sui viaggi nazionali e internazionali per circoscrivere il focolaio epidemico. In attesa di raccomandazioni più precise da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il nostro Paese ha già messo in atto iniziative di prevenzione e controllo sui passeggeri in arrivo dalle zone colpite.
Cosa sono i coronavirus
I coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave,Severe acute respiratory syndrome). Sono chiamati così per le punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie.
Il nuovo Coronavirus (2019-nCoV)
Il 9 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che le autorità sanitarie cinesi hanno identificato un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo: il 2019-nCoV. Il virus è associato a un focolaio di casi di polmonite registrati a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, nella Cina centrale.
Le raccomandazioni dell’OMS:
- evitare il contatto stretto con soggetti affetti da infezioni respiratorie acute
- lavare frequentemente le mani, in particolare dopo contatto con persone malate o con il loro ambiente
- evitare contatti non protetti con animali di fattoria o selvatici
- persone con sintomi di infezione acuta delle vie aeree dovrebbero mantenersi a distanza, coprire colpi di tosse o starnuti con fazzoletti usa e getta o con i vestiti e lavarsi le mani
- rafforzare, in particolare nei pronto soccorso e nei dipartimenti di medicina d’urgenza, le misure standard di prevenzione e controllo delle infezioni.
In Italia
Il ministro della Salute ha riunito la task force per coordinare gli interventi nel nostro Paese composta dalla Direzione generale per la prevenzione, dalle altre direzioni competenti, dai Carabinieri dei NAS, dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, dall’Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), dall’Agenzia italiana del Farmaco, dall’Agenas e dal Consigliere diplomatico. Come previsto dal Regolamento Sanitario Internazionale (2005) (RSI), è stata rafforzata la sorveglianza dei passeggeri di voli diretti provenienti da Wuhan (e di ogni altro volo con segnalati casi sospetti di 2019-nCoV). In particolare, presso l’aeroporto di Fiumicino di Roma è in vigore una procedura sanitaria, gestita dall’USMAF SASN, per verificare l’eventuale presenza a bordo degli aeromobili provenienti da Wuhan di casi sintomatici sospetti e il loro eventuale trasferimento in bio-contenimento all’Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma.
Sintomi e diagnosi
I sintomi più comuni di un’infezione da coronavirus nell’uomo includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte. In particolare:
- I coronavirus umani comuni di solito causano malattie del tratto respiratorio superiore da lievi a moderate, come il comune raffreddore, che durano per un breve periodo di tempo. I sintomi possono includere:
- naso che cola
- mal di testa
- tosse
- gola infiammata
- febbre
- una sensazione generale di malessere.
- I coronavirus umani a volte possono causare malattie del tratto respiratorio inferiore, come polmonite o bronchite. Questo è più comune nelle persone con preesistenti patologie croniche dell’apparato cardio-vascolare e/o respiratorio, e soggetti con un sistema immunitario indebolito, nei neonati e negli anziani.
- Altri coronavirus umani che hanno fatto il salto specie, come per esempio MERS-CoV e SARS-CoV, possono causare sintomi gravi. I sintomi della sindrome respiratoria mediorientale di solito includono febbre, tosse e respiro affannoso che spesso progrediscono in polmonite e circa 3 o 4 casi su 10 sono risultati letali.
Trasmissione, prevenzione e trattamento
I coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un’altra attraverso:
- la saliva, tossendo e starnutendo
- contatti diretti personali (come toccare o stringere la mano e portarla alle mucose)
- toccando prima un oggetto o una superficie contaminati dal virus e poi portandosi le mani (non ancora lavate) sulla bocca, sul naso o sugli occhi
- contaminazione fecale (raramente).
Non esistono trattamenti specifici per le infezioni causate dai coronavirus e non sono disponibili, al momento, vaccini per proteggersi dal virus. La maggior parte delle persone infette da coronavirus comuni guarisce spontaneamente. Tuttavia è possibile ridurre il rischio di infezione, proteggendo se stessi e gli altri, seguendo alcuni accorgimenti:
- lavarsi spesso le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi o con soluzioni alcoliche
- starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso, utilizzare una mascherina e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso
- evitare di toccare gli occhi, il naso o la bocca con mani non lavate
- evitare contatti ravvicinati con persone che sono malate o che mostri sintomi di malattie respiratorie (come tosse e starnuti)
- rimanere a casa se si hanno sintomi
- fare attenzione alle pratiche alimentari (evitare carne cruda o poco cotta, frutta o verdura non lavate e le bevande non imbottigliate)
- pulire e disinfettare oggetti e superfici che possono essere state contaminate.
Settimana della Salute, un progetto per la stenosi aortica
News Presal Progetto “TAVI è Vita” arriva in Campania con l’iniziativa la “Settimana della Salute”. Oggi a Napoli il primo dei sei appuntamenti che proseguiranno nei prossimi giorni nei vari capoluoghi di provincia. La Campania si conferma così, dopo il Piemonte, la seconda Regione del Progetto “TAVI è Vita”, volto a sensibilizzare le istituzioni, la comunità medico-scientifica e l’opinione pubblica sul tema della stenosi aortica e sulla tecnica operatoria TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation, impianto transcatetere di valvola aortica). L’edizione campana presenta una novità e propone un format differente rispetto a quello piemontese. La “Settimana della Salute” coinvolge infatti, oltre ai cardiologi interventisti del GISE e i cardiochirurghi della SICCH, per la prima volta anche i Medici di Medicina Generale, che si renderanno disponibili per visite e consulti gratuiti nelle principali piazze di Napoli, Salerno, Avellino, Benevento e Caserta.
LA TECNICA
La stenosi aortica è una delle malattie più comuni delle valvole cardiache (che in Italia riguardano oltre 1 milione di persone e il 10 per cento della popolazione oltre i 65 anni, la fascia più colpita). La tecnica operatoria TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation, impianto transcatetere di valvola aortica) è una procedura estremamente innovativa ma che risulta essere attualmente sottoutilizzata. A oggi, infatti, sono soltanto circa 110 i pazienti trattati ogni milione di abitanti rispetto ai circa 250 per milione di abitanti che meriterebbero il trattamento secondo le evidenze cliniche. A confermarlo è un’indagine Doxa effettuata sia a livello nazionale sia a livello regionale, che ha coinvolto MMG (medici di medicina generale) e cardiologi di base, evidenziando come nei due target la conoscenza della stenosi aortica, delle possibili opzioni terapeutiche e del percorso ideale che dovrebbe fare il paziente affetto da tale patologia non sia elevata.
DIFFICOLTA’
Numerose barriere di prevalente natura organizzativa ed economica ostacolano la diffusione della TAVI”, spiega il professor Giovanni Esposito (Professore Ordinario di Cardiologia e Direttore Cardiologia Interventistica e Strutturale Università Federico II di Napoli, GISE). «In aggiunta, nelle regioni meridionali, la mancanza di standard organizzativi per la gestione e la cura dei pazienti con stenosi aortica severa si associa e aggrava la problematica finanziaria e favorisce il triste fenomeno della mobilità passiva ovvero delle migrazioni dei pazienti, oneroso per le amministrazioni regionali ma anche per i cittadini. TAVI è Vita ha tra gli obiettivi principali quello di sensibilizzare i medici del territorio e soprattutto creare un network all’interno del quale i pazienti e i medici coinvolti nella loro cura possano muoversi con facilità e ottenere il miglior risultato terapeutico. In questo contesto e, secondo un modello di organizzazione unico in Italia, in Campania è possibile che pazienti afferenti a centri in cui non si effettua la TAVI possano essere sottoposti alla procedura in centri di riferimento e continuare la degenza presso l’istituto di provenienza. Questo sistema si propone di ridurre la mobilità inter-ospedaliera dei pazienti, di semplificare l’attività dei medici e, in generale, alleggerire la spesa pubblica».
Coronavirus, da Napoli 17 medici volontari per i controlli
News PresaDiciassette medici volontari andranno a rinforzare le fila dei camici bianchi ai quali a Fiumicino è affidato il compito di controllare le condizioni di salute dei passeggeri in arrivo dalla Cina. «Per l’emergenza legata all’infezione da coronavirus ci è stata richiesta la disponibilità di 17 medici presso lo scalo aeroportuale di Fiumicino, e a poche ore da questa richiesta abbiamo avuto già tre adesioni», ha detto il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, Silvestro Scotti. Quelli che partiranno da Napoli saranno medici volontario non già
contrattualizzati. «Per questi colleghi – ha detto Scotti – è prevista la deroga alle incompatibilità per i medici in formazione post laurea. La ratio di questa ricerca è quella di implementare un sistema con controlli rafforzati e nel quale nulla è lasciato al caso. Un’iniziativa, insomma, che fa comprendere a tutti quale attenzione ci sia da parte delle istituzioni sull’allarme generatosi in Cina rispetto al coronavirus». E’ solo l’ultimo capitolo di una vicenda che sta preoccupando la comunità mondiale, con notizie dalla Cina che lasciano intravedere ormai un escalation.
CONTROLLI
L’Italia. sottolinea ancora Scotti, «ha scelto un modello organizzativo che predispone, in via precauzionale, una rete fittissima di controlli. Noi medici siamo pronti a fare la nostra parte per un sistema di sorveglianza che è all’avanguardia rispetto alla possibilità di impedire anche la più remota possibilità di diffusione nel coronavirus. In modo particolare, l’impegno dei colleghi volontari sarà profuso all’aeroporto di Fiumicino, i medici di Napoli supporteranno le dotazioni organiche per i necessari controlli sanitari dei passeggeri provenienti dalle zone a rischio, con la valutazione di eventuali sintomi compatibili con l’infezione da coronavirus. Una rete che, nell’eventualità, servirà a porre in essere le procedure necessarie prima che avvenga qualunque contatto con la popolazione».
NO ALLA PSICOSI
Intanto, dai medici di medicina generale della FIMMG Napoli arriva un invito ai cittadini partenopei ad evitare la psicosi. «Molti pazienti sono preoccupati – spiegano Corrado Calamaro e Luigi Sparano (vertici provinciali della FIMMG Napoli) – preoccupazioni che fortunatamente al momento sono del tutto infondate. Ad ogni modo tutti noi medici di famiglia siamo felici di fare la nostra parte nel diffondere corrette informazioni, ma anche nel vigilare per individuare precocemente qualunque rischio». I sintomi più comuni consistono in febbre, tosse secca, mal di gola, difficoltà respiratorie: gli esami radiologici del torace evidenziano lesioni infiltrative bilaterali diffuse. Così la circolare del Ministero della Salute che in questi giorni è stata diffusa a tutti i medici di medicina generale, chiamati a giocare, sottoline auna nota, un ruolo decisivo nella sorveglianza sul temuto coronavirus cinese. Per i medici di medicina generale questi sono giorni di super lavoro. Lo sono a causa del consueto picco epidemico dell’influenza di stagione, e ancor di più per via delle allarmanti notizie che arrivano dalla Cina. Nella nota inviata ai camici bianchi si sottolinea che l’Italia (aeroporto di Roma Fiumicino) ha tre voli diretti con Wuhan, e numerosi voli non diretti, il cui traffico di passeggeri dovrebbe aumentare in occasione del capodanno cinese. Come previsto dal Regolamento Sanitario Internazionale (2005) (RSI), presso l’aeroporto di Fiumicino è in vigore una procedura sanitaria, gestita dall’USMAF SASN – si legge – per verificare l’eventuale presenza a bordo degli aeromobili provenienti da Wuhan di casi sospetti sintomatici ed il loro eventuale trasferimento in bio-contenimento all’Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma. Il 20 gennaio è stata rafforzata la sorveglianza dei passeggeri dei voli diretti da Wuhan (e di ogni altro volo con segnalati casi sospetti di 2019 nCoV) che dovranno transitare nel canale sanitario, attivando gli scanner termometrici. I casi eventualmente positivi saranno sottoposti agli ulteriori controlli del caso ed eventualmente a isolamento, con attivazione della sorveglianza per gli altri passeggeri a rischio. «É importante – sottolineano Sparano e Calamaro – che ai cittadini arrivi ben chiaro il messaggio di una rete di controlli serratissima. Peggiore del virus può essere solo la psicosi, che rischia di provocare un vero e proprio collasso dei pronto soccorso».
Morte improvvisa atleti, una cura grazie a una scoperta
Ricerca innovazioneSi tratta di una malattia ereditaria che è costata la morte improvvisa a molti atleti in tutto il mondo. Oggi uno studio dell’Università di Padova ha identificato possibili nuove terapie grazie a una scoperta.
Il tessuto fibroso e adiposo nel miocardio affetto da cardiomiopatia aritmogena deriva da cellule staminali multipotenti chiamate FAP (progenitori fibro-adipogenici). La scoperta è contenuta in uno studio curato dai ricercatori dell’Università della British Columbia di Vancouver con la collaborazione di ricercatori dell’Università di Padova. Paola Braghetta, docente del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, spiega che se queste cellule “vengono attivate ad esempio in seguito ad un danno ischemico, possono rispondere differenziandosi in tessuto fibro-adiposo. Il blocco farmacologico di tale differenziamento utilizzando una molecola sperimentale ha portato ad un miglioramento della funzionalità cardiaca”.
Morte improvvisa, lo studio
Per realizzare lo studio, i ricercatori di Padova hanno utilizzato dei topi transgenici che hanno ricevuto la stessa mutazione identificata nei pazienti affetti da cardiomiopatia aritmogena: “Nei loro cuori, queste specifiche cellule staminali vengono attivate e producono gran parte del tessuto fibroso e adiposo – spiega Alessandra Rampazzo, docente del Dipartimento di Biologia – Da un lato la scoperta apre la strada alla comprensione dei meccanismi con cui si instaura e si sviluppa la malattia, dall’altro rappresenta un importante passo avanti nell’identificare nuove terapie farmacologiche che per la prima volta porterebbero a bloccare i meccanismi molecolari e ad un arresto della progressione della malattia, invece di curare i segni clinici come le aritmie”.
Coronavirus, l’ISS spiega tutto sulla nuova minaccia
News PresaL’Istituto Superiore di Sanità ha pugglicato su “Epicentro” un primo aggiornamento sul nuovo Coronavirus che sta generando paura in Cina, nella città di Wuhan. Questo virus, che avrebbe fatto un salto di specie dall’animale all’uomo, si trasmette ora da persona a persona per contatto ravvicinato. Il virus sembra causare soprattutto polmoniti, ma non è noto quale sia la proporzione di casi più lievi. I pazienti infetti provenienti da Wuhan sono stati sottoposti a isolamento in diverse città asiatiche e negli USA. Nel frattempo, la Cina ha deciso misure restrittive sui viaggi nazionali e internazionali per circoscrivere il focolaio epidemico. In attesa di raccomandazioni più precise da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il nostro Paese ha già messo in atto iniziative di prevenzione e controllo sui passeggeri in arrivo dalle zone colpite.
Cosa sono i coronavirus
I coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave,Severe acute respiratory syndrome). Sono chiamati così per le punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie.
Il nuovo Coronavirus (2019-nCoV)
Il 9 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che le autorità sanitarie cinesi hanno identificato un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo: il 2019-nCoV. Il virus è associato a un focolaio di casi di polmonite registrati a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, nella Cina centrale.
Le raccomandazioni dell’OMS:
In Italia
Il ministro della Salute ha riunito la task force per coordinare gli interventi nel nostro Paese composta dalla Direzione generale per la prevenzione, dalle altre direzioni competenti, dai Carabinieri dei NAS, dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, dall’Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), dall’Agenzia italiana del Farmaco, dall’Agenas e dal Consigliere diplomatico. Come previsto dal Regolamento Sanitario Internazionale (2005) (RSI), è stata rafforzata la sorveglianza dei passeggeri di voli diretti provenienti da Wuhan (e di ogni altro volo con segnalati casi sospetti di 2019-nCoV). In particolare, presso l’aeroporto di Fiumicino di Roma è in vigore una procedura sanitaria, gestita dall’USMAF SASN, per verificare l’eventuale presenza a bordo degli aeromobili provenienti da Wuhan di casi sintomatici sospetti e il loro eventuale trasferimento in bio-contenimento all’Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma.
Sintomi e diagnosi
I sintomi più comuni di un’infezione da coronavirus nell’uomo includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte. In particolare:
Trasmissione, prevenzione e trattamento
I coronavirus umani si trasmettono da una persona infetta a un’altra attraverso:
Non esistono trattamenti specifici per le infezioni causate dai coronavirus e non sono disponibili, al momento, vaccini per proteggersi dal virus. La maggior parte delle persone infette da coronavirus comuni guarisce spontaneamente. Tuttavia è possibile ridurre il rischio di infezione, proteggendo se stessi e gli altri, seguendo alcuni accorgimenti:
Un fiore nel Dna, una scoperta italiana
Ricerca innovazioneIl Dna non disegna solo una doppia elica, che tutti noi conosciamo, ma anche un fiore. Già, sembra incredibile ma è così. E la scoperta non ha solo un aspetto romantico, apre anche e soprattutto una nuova strada verso la prevenzione dei tumori. Andiamo con ordine. La struttura che imita la natura serve a scongiurare le mutazioni all’origine del cancro e a scoprire la nuova conformazione, “un codice tridimensionale inedito del Dna”, e la sua funzione “scudo” è stato un gruppo di scienziati diretto da Marco Foiani all’Istituto Firc di oncologia molecolare e all’università degli Studi di Milano, in uno studio sostenuto da Fondazione Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) e pubblicato sulla rivista Nature.
ALLARMINA
Gli attorcigliamenti individuati lungo il Dna vanno a formare quella che i ricercatori hanno definito una sorta di corolla di petali di un fiore, all’interno dei quali è protetta la sequenza di materiale genetico. Alla base dei petali il Dna assume una conformazione cruciforme, simile a delle spine. Queste strutture cruciformi possono essere aggredite danneggiando il materiale genetico. La cellula pertanto le protegge tramite una proteina specifica: HMGB1, altrimenti detta allarmina. «Ho scoperto che l’allarmina protegge le strutture cruciformi alla fine degli anni ’80 quando ero un giovane ricercatore – ricorda Marco Emilio Bianchi, a capo dell’Unità di Dinamica della cromatina dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute San Raffaele -. Ho continuato a studiare questa proteina e le ho dato il nome allarmina, perché è anche coinvolta nella segnalazione del malessere di singole cellule al resto dell’organismo».
NUOVE SPERANZE
Al di là del fatto che la scoperta amplia la conoscenza umana su un universo che per certi versi resta ancora sconosciuto, lo studio apre promettenti prospettive per l’individuazione di quei processi cellulari che consentono alla cellula tumorale di orchestrare il processo di riparazione e, quindi, per l’identificazione di bersagli farmacologici complementari nelle terapie anticancro. Per Foiani, riuscire a identificare i processi che salvaguardano l’integrità del genoma e la sua organizzazione topologica è un significativo avanzamento delle conoscenze nella ricerca oncologica a livello molecolare, gettando le basi per l’identificazione di combinazioni terapeutiche sempre più mirate contro le cellule tumorali, senza danneggiare il genoma delle cellule sane.
Sigarette elettroniche. OMS: danni al cervello degli adolescenti
Adolescenti, News Presa, PediatriaLe sigarette elettroniche “sono dannose per la salute e non sono sicure”. Sono molto rischiose per lo sviluppo del cervello degli adolescenti. La nicotina crea “dipendenza nel cervello in via di sviluppo”. Tuttavia, dei 15.000 aromi esistenti ve ne sono “molti progettati per attirare i giovani, come gomma da masticare e zucchero filato”. Inoltre “possono danneggiare il feto in crescita” e “non ci sono poche prove che aiutino i fumatori a smettere”. Pertanto, “laddove non siano vietate, devono essere regolamentate”. È questo il nuovo forte allarme dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), lanciato attraverso un documento di domande e risposte pubblicato sul portale e rilanciato con una serie di tweet.
Le e-cig, si legge, “aumentano il rischio di malattie cardiache e disturbi polmonari”. Espongono, di seconda mano, anche i non fumatori “alla nicotina e ad altre sostanze chimiche dannose”. Il liquido con cui vengono alimentate “può bruciare la pelle e causare avvelenamento da nicotina se ingerito o assorbito. C’è anche il rischio che i dispositivi perdano o che i bambini ingeriscano il contenuto”, e, ancora “possono causare gravi lesioni a seguito di incendi ed esplosioni”. Per i consumatori di tabacco che vogliono smettere di fumare, precisa il documento, “esistono altri prodotti collaudati, più sicuri e autorizzati, come cerotti sostitutivi della nicotina”.
Gravidanza e social freezing, procreare al momento giusto
BambiniRitmi frenetici e una vita sempre più precaria hanno spinto l’Italia sul baratro della natalità zero, nel quale l’idea di una gravidanza è un vero e proprio problema da rimandare. Il problema è che la natura non aspetta i tempi dell’uomo e per molte donne attendere troppo significa alla fine non riuscire a soddisfare il proprio desiderio di maternità. Un grande aiuto arriva dalla scienza, che offre sempre maggiori chances per preservare la fertilità e posticipare la gravidanza al “momento giusto”. Ma, va detto, è necessario promuovere una corretta informazione e sostenere le donne. «Il congelamento degli ovociti per ragioni non mediche (il cosiddetto social freezing), che oggi avviene con tecniche mininvasive e sicure, consente di ottenere risultati fino a qualche anno fa insperabili, se realizzato prima dei 35 anni, età spartiacque della fertilità femminile», spiega Marco Filicori, presidente di Cecos Italia, l’Associazione dei Centri di studio e conservazione ovociti e sperma, a Congresso a Napoli. Con l’aumento dell’età, la riserva ovarica, vale a dire il numero di follicoli contenuti all’interno dell’ovaio, tende progressivamente a ridursi. Inoltre, si riduce la percentuale di ovociti geneticamente normali presenti all’interno dei follicoli.
ETA’ E NON SOLO
Già a 30 anni circa un terzo di tutti gli ovociti ha un’anomalia cromosomica. In una donna di 40 anni, è possibile che oltre il 50% degli ovociti presenti anomalie, che ne riducono la fertilità ed aumentano il rischio di abortività e malformazioni genetiche del bambino. Se l’età resta l’unico fattore da cui dedurre la percentuale di ovociti sani – avere un ciclo mestruale regolare non è indicativo di una buona riserva ovarica –, è invece possibile valutare il patrimonio follicolare con un semplice esame del sangue che misura l’ormone anti-mulleriano (AMH). «Questo test – continua Filicori – si rivela molto utile per identificare le donne più a rischio di menopausa precoce e intervenire con una strategia appropriata, ad esempio optando per il congelamento degli ovociti da utilizzare in futuro, quando la donna avrà trovato un partner o raggiunto una stabilità economica».
LA TECNICA
Il social freezing prevede che la donna si sottoponga a stimolazione ovarica per aumentare la produzione di follicoli, e quindi di ovociti. Gli ovuli maturi vengono congelati tramite tecnica di vitrificazione e conservati presso la banca autorizzata nel Centro prescelto. Qualora la donna decida di intraprendere una gravidanza, si procede allo scongelamento di un numero congruo di ovociti crioconservati e al processo di fertilizzazione mediante una tecnica di PMA. I tassi di successo dipendono dal numero di ovociti congelati, ma soprattutto dall’età della donna al momento del congelamento.
ESENZIONE
In Italia, le tecniche di congelamento degli ovuli sono ben più note ai fini medici, in presenza di trattamenti che minacciano la fertilità femminile, come ad esempio le terapie oncologiche. C’è poi la questione dei costi della procedura, attualmente totalmente a carico della donna. Ad oggi, solo due Regioni – Trentino Alto Adige e Toscana – prevedono l’esenzione dal pagamento per social freezing, a favore delle donne che decidono di donare parte dei propri ovociti. «Le donne sono poco informate sugli esami da eseguire per conoscere le reali possibilità riproduttive. A ciò si aggiunge la scarsa consapevolezza sul social freezing come tecnica preventiva dell’infertilità, anche per la mancanza di campagne di sensibilizzazione, che dovrebbero essere indirizzate alle donne, già intorno ai 20 anni, seppur con tutte le difficoltà di affrontare il tema in una fase della vita in cui la maternità non rappresenta una priorità, e l’idea di conservare gli ovuli risulta piuttosto remota», commenta Filicori. Un’iniziativa che va in questa direzione è rappresentata dalla campagna educazionale “Il Momento Giusto” (www.ilmomentogiusto.org), promossa da Gedeon Richter, azienda specializzata nell’area ginecologica, con l’obiettivo di informare le giovani donne, utilizzando il linguaggio proprio del web e dei social, in merito alla loro fertilità e alla possibilità di preservarla tramite crioconservazione ovocitaria, per non rinunciare al progetto futuro di formare una famiglia.
Mortalità perinatale: 4 bimbi morti all’anno ogni mille nati
News PresaRimane ancora alto il numero di bambini morti prima di nascere o entro la prima settimana di vita. I primi risultati del progetto SPItOSS, infatti, che si è concluso dopo tre anni di lavoro e che ha coinvolto tre regioni italiane, rilevano che ogni 1000 bambini nati si registrano 4 morti in Sicilia, 3,5 in Lombardia e 2,9 in Toscana. Rispetto alla mortalità materna si tratta di un evento di gran lunga più frequente: 1800 morti perinatali contro 40 morti materne per anno. I dati sono stati diffusi nell’ambito del convegno “SPItOSS: risultati e valutazione di fattibilità di un progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale in Italia”. Il Progetto pilota di sorveglianza della mortalità perinatale è stato coordinato dall’Istituto superiore di sanità e finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della salute.
Mortalità perinatale, i numeri
I dati raccolti dal 2017 al 2019 hanno permesso di confermare il tasso di mortalità perinatale prodotto dall’ISTAT, pari a circa 4 decessi ogni 1000 nati, valore che ci colloca in linea con Paesi, come la Francia e il Regno Unito, che hanno sistemi socio-sanitari analoghi al nostro. Dai dati emerge una variabilità per area geografica che penalizza il Sud del Paese. La sorveglianza dell’ISS ha individuato le condizioni associate a un maggior rischio di morte perinatale: la cittadinanza straniera, la gravidanza multipla e il parto prima di 32 settimane di gestazione. Le morti avvenute durante il travaglio e il parto, in oltre la metà dei casi, sono attribuibili a eventi acuti come il distacco della placenta. Tra le morti avvenute dopo la nascita una su cinque è riconducibile ad analoghi eventi acuti intrapartum, ma le cause più frequenti delle morti neonatali entro i primi 7 giorni di vita sono i disturbi respiratori e cardiovascolari del neonato seguiti, per frequenza, dalle infezioni e dalle malformazioni congenite. “Questa sorveglianza pilota – dice Serena Donati, direttore del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva e responsabile scientifico del progetto – è nata con l’obiettivo di raccogliere i dati necessari a identificare e monitorare i casi di morte perinatale e per descriverne le cause e i fattori di rischio al fine di migliorare la qualità dell’assistenza alla madre e al neonato e contribuire a ridurre le morti perinatali evitabili”.
I presidi sanitari
La sorveglianza ha raccolto informazioni relative alle caratteristiche dei 138 presidi sanitari dotati di unità di ostetricia, neonatologia o terapia intensiva neonatale nelle tre Regioni partecipanti al progetto. Il volume di parti assistiti per punto nascita varia per Regione, ma tutti i presidi rispettano gli standard di qualità e sicurezza richiesti dal Ministero della Salute tra cui la presenza continua di un ginecologo, un pediatra/neonatologo, un anestesista e un’ostetrica. La percentuale di punti nascita coinvolti nella sorveglianza che riferiscono di praticare oltre il 35% di tagli cesarei, cioè oltre il valore medio nazionale, è decisamente più alta nella regione Sicilia (69%) rispetto alla Toscana (13%) e alla Lombardia (10%). La principale criticità evidenziata a carico della rete dei presidi coinvolti riguarda il percorso assistenziale offerto alle donne con gravidanza a rischio che risultano partorire ancora troppo spesso in ospedali non attrezzati per fronteggiare eventuali complicazioni materne o neonatali. Un esempio riguarda il parto estremamente pretermine – prima di 32 settimane di gestazione – che dovrebbe essere assistito esclusivamente in ospedali di II livello in grado di fronteggiare eventuali complicazioni neonatali mentre nel 25% delle morti perinatali segnalate risulta assistito in presidi di I livello. La rete del trasporto neonatale in emergenza è risultata talora inadeguata, in particolar modo nella regione Siciliana.
Criticità e morti evitabili
I comitati di esperti che hanno eseguito le indagini confidenziali a livello regionale e nazionale, oltre ad attribuire le cause dei decessi hanno anche valutato la loro evitabilità che è risultata pari a zero in Toscana, 11% in Lombardia e 38% in Sicilia. In questa regione sono state evidenziate più frequentemente criticità suscettibili di miglioramento sia nella qualità che nell’organizzazione dell’assistenza ostetrica e neonatale. L’appropriatezza della gestione di diabete e ipertensione in gravidanza e dello screening dei difetti di accrescimento fetale insieme alle indicazioni all’induzione del travaglio e al taglio cesareo sono tra le principali criticità di pertinenza ostetrica. La qualità dell’assistenza rianimatoria neonatale, ma anche la mancata sorveglianza dei neonati ricoverati in regime di rooming-in e la mancata informazione delle madri ricoverate circa i segnali di allarme per i quali occorre chiedere assistenza per il neonato sono alcune delle criticità segnalate in ambito neonatale.
Virus cinese, nessun caso in Europa ma c’è allerta
News PresaAl di là delle giuste rassicurazioni degli esperti a non creare allarmismo, il virus cinese (la nuova Sars, come molti l’anno chiamato) ha creato allarme in Europa e ora anche in Italia. E’ bene ribadire che nel vecchio continente non si sono verificasti casi, ma anche che nelle ultime settimane le misure di sicurezza nei porti e negli aeroporti con arrivi intercontinentali sono state rafforzate. In questi giorni si è anche riunita la task-force del ministero della Salute che ha il compito di coordinare ogni iniziativa relativa al fenomeno coronavirus 2019-nCoV. Il gruppo di coordinamento è composto dalla direzione generale per la prevenzione, dalle altre direzioni competenti, dai Carabinieri dei Nas, dall’Istituto superiore di sanità, dall’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, dall’Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), dall’Agenzia italiana del farmaco, dall’Agenas e dal Consigliere diplomatico.
PREVENZIONE
NAPOLI
Demenze, i dati sui migranti per la prima volta
News PresaSu un totale di 12.730.960 migranti, di età compresa tra 60 e 89 anni, residenti nell’Unione Europea nel 2018, i ricercatori dell’ISS hanno stimato circa 680.000 casi di decadimento cognitivo lieve (mild cognitive impairment – MCI), in uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease. La proporzione di casi di MCI tra i migranti (rispetto al totale nella popolazione residente) varia dall’1.1% della Romania al 54.1% del Liechtenstein, con un incremento globale in quattro anni del 34% (dai 511.624 casi del 2014 ai 686.000 del 2018). In Italia, sono stati stimati 34.655 casi tra i migranti (rispetto ai 916.865 nella popolazione generale), pari al 3.8% degli stranieri residenti nel nostro Paese. “Il MCI e le demenze rappresentano, e presumibilmente saranno sempre più, una problematica rilevante in termini di sanità pubblica nei migranti che vivono in Europa – dichiara Marco Canevelli, ricercatore dell’ISS, coordinatore dello studio – Le presenti stime, oltre ad assumere una particolare rilevanza alla luce dei cambiamenti sociodemografici in atto, confermano la necessità di sviluppare e adottare modelli di cura e assistenza che siano sensibili alle diversità e inclusivi nei confronti di una popolazione estremamente variegata sotto il profilo etnoculturale”. “Sarebbe opportuno ragionare – continua – sul possibile coinvolgimento di figure professionali come interpreti e mediatori culturali, dal momento che l’identificazione del MCI può risentire ed essere complicata da vari determinanti etnoculturali che possono influenzare la percezione personale e sociale del funzionamento cognitivo individuale nonché l’attendibilità della valutazione cognitiva”.
“In un contesto di evidente aumento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo verso i paesi occidentali che comporta anche un cambiamento nell’offerta sanitaria pubblica – afferma Nicola Vanacore, responsabile scientifico dell’Osservatorio Demenze dell’ISS – ‘contare’ diventa importante. In tal senso, le stime elaborate in questo studio rappresentano la base da cui partire nell’ambito del progetto ImmiDem – Dementia in Immigrants and ethnic minorities: clinical-epidemiological aspects and public health perspectives, il primo dedicato alla prevalenza della demenza nella popolazione di immigrati e nelle minoranze etniche, con l’obiettivo di favorire percorsi di cura adeguati”.
Le demenze nel mondo
Il Rapporto dell’OMS riporta stime di crescita allarmanti della demenza: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni quattro secondi) e il cui impatto economico sui sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno, con incremento progressivo. In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600 mila con demenza di Alzheimer) e circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari.