Tempo di lettura: 6 minutiPrende spunto dal rugby, sport basato sul reciproco sostegno in ogni situazione di gioco, la Campagna di sensibilizzazione di Gilead Sciences Italia che ha il patrocino dell’Associazione di pazienti Europa Donna Italia per ‘fare squadra’ contro il carcinoma mammario metastatico triplo negativo (o TNBC, dall’inglese Triple Negative Breast Cancer), aggressiva forma di tumore al seno che rappresenta il 15-20% delle diagnosi.
Oltre a invitare tutte le pazienti a non chiudersi in se stesse ma a puntare sulla forza del gruppo, la Campagna ha l’obiettivo quello di diventare – attraverso il suo sito un punto di riferimento per dare corrette informazioni su questo tipo di carcinoma, ospitare alcuni interventi della squadra ideale che deve supportare le pazienti tra cui Associazioni di pazienti, clinici, caregiver ed essere un osservatorio costantemente aggiornato sui bisogni della ‘squadra’.
A proposito di Osservatorio per il lancio della Campagna, sono stati presentati i dati di un’indagine svolta da Elma Research che ha visto protagoniste oltre 100 donne con tumore al seno triplo negativo a cui si sono aggiunti alcuni partner. Di seguito i principali risultati emersi e le azioni che possono essere messe in campo per vivere al meglio questo difficile percorso.
AZIONE VINCENTE N°1: FARSI AIUTARE PER FAVORIRE I SENTIMENTI POSITIVI
Secondo l’indagine condotta da Elma Research per Donne in Meta – su un campione di 102 pazienti con TNBC e con età media di 52 anni – paura, smarrimento e confusione sono i tre sentimenti che accompagnano la scoperta del tumore. Il primo obiettivo è allora quello di evitare che prendano il sopravvento, il secondo quello di sostituirli con sentimenti positivi derivanti dalla propria forza interiore e che passano dall’accettazione della nuova condizione per arrivare a un cauto ottimismo.
“Anche se la diagnosi di tumore al seno è un evento fortemente traumatico, è bene reagire e affrontare il percorso con coraggio. Non si tratta di una mossa semplice ma, lo dico per le tante storie raccolte in questi anni, è anche la prima da mettere in atto per favorire la guarigione. Per riuscirci – commenta Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia – l’aiuto di chi sta vicino è indispensabile, ma è anche fondamentale che la donna non abbia timore né imbarazzo a chiederlo, al partner come ai parenti, agli amici e anche a una delle tante associazioni che sono pronte a sostenerla. Inoltre, c’è un altro messaggio che vogliamo diffondere con questa iniziativa: essere informate sulla malattia è altrettanto importante e in questo senso i medici sono chiamati a loro volta a “fare squadra” favorendo un maggiore dialogo durante le visite”.
AZIONE VINCENTE N°2: CONCENTRARSI SUL PRESENTE
Sempre dalla ricerca emerge come il tempo sia un fattore chiave per le pazienti. Con un’importante distinzione: se quello futuro è soprattutto fonte di ansia e insicurezza (il 47% ne ha paura, il 35% non pianifica più nulla), il maggiore valore assunto da quello presente rappresenta invece il primo aspetto positivo per la maggior parte di loro (56%), praticamente alla pari del supporto ricevuto da familiari e amici (54%). L’indicazione è quindi quella di vivere appieno l’oggi, stando di più con le persone care e dedicandosi maggiormente ai propri interessi, per avere anche più fiducia nel domani.
“Il rugby fa sviluppare l’attitudine a pensare che c’è sempre un’opportunità di rialzarsi e di ottimizzare quello che abbiamo a disposizione per raggiungere l’obiettivo a dispetto delle difficoltà. Quando mi hanno parlato di Donne in Meta e del messaggio che si propone di promuovere – osserva Marco Bortolami, Ambassador di Donne in Meta e oggi capo allenatore del Benetton Rugby dopo aver collezionato 112 presenze in Nazionale da giocatore – ho subito pensato a questo aspetto, anche se la partita contro il tumore è ovviamente più dura e complicata di qualsiasi altra. Ma proprio per questo diventa ancora più importante “non mollare mai!”, ovvero continuare a crederci, a vivere il presente azione dopo azione senza subire passivamente le avversità, ma invece facendo leva sulla forza del gruppo per superarle”.
AZIONE VINCENTE N°3: CONFIDARE NELLA RICERCA (E NELLE CURE ATTUALI)
La particolarità del carcinoma mammario triplo negativo è indicata proprio dal nome. “È caratterizzato dal fatto che le sue cellule non presentano le tre proteine bersaglio individuate dalla ricerca in altre forme di tumore al seno, ovvero il recettore dell’estrogeno (ER), il recettore del progesterone (PR) e il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2). Non è quindi possibile impostare terapie mirate con farmaci a bersaglio molecolare e la chemioterapia rimane così la prima risorsa, combinata con l’immunoterapia in quel 40-50% di casi in cui è presente il bersaglio terapeutico PD-L1. Inoltre, può essere necessario il ricorso alla chirurgia e alla radioterapia. La ricerca – spiega Alessandra Gennari, Professore Associato di Oncologia all’Università del Piemonte Orientale e Direttore della S.C.D.U. Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara – ha di recente messo a disposizione i coniugati farmaco-anticorpo, costituiti appunto da un anticorpo che riconosce e attacca determinati recettori presenti nelle cellule tumorali e da un farmaco chemioterapico che viene così portato dove deve agire. Al momento possono essere utilizzati solo in casi selezionati, ma rappresentano molto più di una speranza per le future terapie contro il carcinoma mammario triplo negativo, che rappresenta un rischio anche e soprattutto per le donne più giovani, dal momento che colpisce sotto i 40 anni con un’incidenza quasi doppia rispetto alle altre forme di tumore al seno. Fare squadra è dunque fondamentale anche dal punto di vista medico, perché sono diverse le figure specialistiche chiamate a collaborare”.
AZIONE VINCENTE N°4: SOSTENERE SENZA GIUDICARE
Tra i soggetti in cerca di un ruolo meglio definito in squadra, ci sono sicuramente i partner che nell’indagine di Elma Research dichiarano di provare un forte senso di inadeguatezza, anche se poi il 76% delle loro compagne assicura che la malattia ha rafforzato la relazione di coppia malgrado un peggioramento dell’intimità (64% dei casi). Per loro, ma in generale per tutti quanti, sono chiamati a essere caregiver, una riflessione vincente arriva ancora da Marco Bortolami: “Nel nostro sport per avanzare si deve passare l’ovale a un compagno che si trova dietro, quindi è indispensabile rimanere compatti e poter sempre contare su qualcuno alle proprie spalle. Può anche accadere che il portatore di palla non prenda la migliore decisione possibile, ma la squadra è chiamata a sostenerlo sempre e comunque: un atteggiamento che allarga il concetto di aiuto, perché implica il mettersi a disposizione indipendentemente da come si giudica personalmente una determinata situazione. E questo a mio avviso può fare la differenza anche fuori dal campo”.
AZIONE VINCENTE N°5: SODDISFARE I BISOGNI
Tra gli obiettivi di Donne in Meta c’è anche quello di fotografare le necessità delle donne colpite da carcinoma mammario triplo negativo per favorire una risposta da parte di tutte le realtà coinvolte. Pur apprezzando la competenza e professionalità dei medici curanti, il 45% delle pazienti interpellate gradirebbe per esempio ricevere maggiori informazioni sulla malattia e più dettagliate spiegazioni sulla terapia. Mentre il 42% vorrebbe potersi maggiormente confrontare con chi sta vivendo lo stesso problema anche grazie al coinvolgimento in gruppi di auto-aiuto e il 34% chiede più supporto psicologico in generale.
“Ascoltare e, se possibile, soddisfare i bisogni delle pazienti – compresi quelli legati alla sfera emotiva – è un aspetto fondamentale del percorso di cura. Per questo motivo la nostra azienda – conclude Cristina Le Grazie, Executive Director Medical Affairs di Gilead Sciences – oltre che impegnarsi nella ricerca e sviluppo di nuovi farmaci antitumorali è ben lieta di promuovere iniziative come Donne in Meta, la nostra nuova campagna volta a fare squadra nel sostegno alle pazienti. Quello di oggi è per Gilead Italia solo il primo passo dell’importante percorso che ci attende al fianco delle donne colpite da carcinoma mammario metastatico triplo negativo”.
Carcinoma mammario triplo negativo metastatico (mTNBC)
Il carcinoma mammario è la forma di cancro più frequente nel sesso femminile: da solo rappresenta il 19% di tutti itumori che colpiscono le donne. Nel 2020 erano attese circa 55.000 nuove diagnosi in Italia, di cui circa il 15% (8.000 casi) di carcinoma mammario metastatico triplo negativo. La denominazione “triplo negativo” deriva dal fatto che itumori della mammella possono essere classificati in base all’espressione, sulla superficie delle cellule tumorali, di alcuni recettori, che possono anche essere utilizzati come bersaglio per terapie mirate:
▪ I recettori per gli estrogeni
▪ Il recettore per il progesterone
▪ Il recettore HER2
I carcinomi mammari triplo negativo sono accomunati dalla mancanza di espressione di questi recettori, e rappresentano una forma aggressiva, invasiva e difficile da trattare della malattia: rispetto ad altre forme di carcinoma mammario hanno maggiore probabilità di metastatizzare, e di recidivare dopo i trattamenti. Colpiscono piùfrequentemente donne giovani, in premenopausa, e sono particolarmente diffusi tra le donne nere e ispaniche e tra le portatrici di mutazione BRCA1 e 2. A causa della assenza di recettori che possano anche fungere da bersagli molecolari, questa forma di tumore metastatico non risponde né alle terapie ormonali né ai farmaci diretti contro HER2; il trattamento standard per la malattia triplo negativa metastatica è stata fino ad oggi la chemioterapia. Il carcinoma mammario triplo negativo metastatico è considerato un tumore chemio–sensibile, ma purtroppo le ricadute sono rapide. Solo in tempi molto recenti si sono resi disponibili nuovi trattamenti che hanno migliorato gli esiti delle terapie per le pazienti con mTNBC:
▪ L’immunoterapia, e in particolare gli inibitori di checkpoint immunitari: si sono dimostrati efficaci in prima linea metastatica per le pazienti con mTNBC le cui cellule tumorali esprimono PD-L1.
▪ PARP inibitori per le pazienti portatrici di mutazioni nei geni BRCA1/2.
Queste nuove opportunità, tuttavia, sono oggi riservate a pazienti il cui mTNBC esprime precise caratteristiche, e nelle prime linee di trattamento. Vi è un forte bisogno terapeutico non soddisfatto per il trattamento di mTNBC nelle linee avanzate.
Disturbi neurologici, ecco i campanelli d’allarme
AnzianiDisturbi neurologici o, peggio ancora, malattia di Alzheimer possono essere intercettati molto precocemente se si sa a cosa guardare. Alcuni campanelli d’allarme suonano già dopo i cinquant’anni, ma spesso vengono sottovalutati o banalizzati. Dimenticare spesso il nome di personaggi famosi o magari confondere con una certa continuità il nome delle strade, questi possono essere segnali di un possibile stadio precoce di una patologia neurologica. Ecco perché, ancora una volta, fare prevenzione è determinante. Lo spiega a chiare lettere il dottor Gennaro Barbato, neurologo del Distretto Sanitario 33 della Asl Napoli 1 Centro, responsabile scientifico del meeting in programma il 10 e 11 dicembre a Palazzo Alabardieri. Il VII workshop della neurologia delle cure primarie avrà, infatti, al centro la prevenzione, l’individuazione (e la gestione) dei segnali precoci delle malattie che coinvolgono il cervello, il ruolo degli specialisti e dei medici di base, le analisi sulle novità farmacologiche e sugli esami sempre più sofisticati.
STILI DI VITA
Gli esperti non hanno dubbi sul fatto che per combattere patologie come la malattia di Alzheimer o quella di Parkinson sono fondamentali una corretta alimentazione basata sulla Dieta Mediterranea, una regolare attività fisica, una buona attività mentale (favorendo letture e coltivando interessi), mantenendo e incrementando le relazioni sociali, dormendo bene e in maniera regolare senza stravolgere i ritmi sonno/veglia, gestire lo stress. Spiega Barbato: «Il neurologo ambulatoriale si trova in una posizione di privilegio per poter fare diagnosi e poter gestire i pazienti con demenza e, quindi, con la Malattia di Alzheimer, che rappresenta la più frequente forma di demenza. Il Poliambulatorio Distrettuale, abituale sede di lavoro del neurologo ambulatoriale, è del tutto immerso nel territorio urbano divenendo, quindi, come tale, facilmente accessibile all’utenza; ciò trasforma quel potenziale disagio derivante dall’idea di lavorare così a contatto dei cittadini in un grosso vantaggio per la diagnosi. Infatti, proprio perché sede facilmente accessibile, aumenta la possibilità di ottenere notizie anamnestiche recenti e ‘di prima mano’, cioè, non solo dal diretto interessato ma dal familiare, coniuge o figlio e su avvenimenti verificatisi poco tempo prima».
Disturbi gastrointestinali in autunno. I consigli dell’esperta
AlimentazioneIn autunno, tra cambio di temperature, il ritorno all’ora solare e la ripresa dei ritmi lavorativi frenetici aumentano i disturbi gastrointestinali. I sintomi sono più frequenti nelle donne, in misura quasi doppia rispetto agli uomini. Tra i più comuni: stipsi, sensazione di gonfiore addominale, dolore addominale, sintomi da reflusso gastroesofageo (bruciore e rigurgito) e difficoltà digestive.
I problemi gastrointestinali nei cambi di stagione
Il cambiamento di stagione e di clima è una delle cause alla base dei disturbi digestivi, esattamente come le variazioni d’umore, l’esposizione ad elevati livelli di stress e i disturbi del sonno. Nei cambi di stagione l’organismo si deve regolare su nuovi ritmi con conseguente aumento dello stress. La dottoressa Gaia Pellegatta, gastroenterologa di Humanitas spiega: “dall’estate all’autunno le modifiche del clima sono più evidenti e, quindi, i soggetti più sensibili fanno più fatica ad adattarsi a questa alterazione avvertendo quindi un malessere maggiore. Alcune aree del sistema nervoso centrale, infatti, sono sensibili ai mutamenti della luce, della temperatura e dell’umidità. In particolare, durante il passaggio dalla stagione estiva a quella autunnale, la diminuzione delle ore di luce impatta negativamente sulla produzione di alcuni neurotrasmettitori, come la melatonina e la serotonina, che sono fondamentali per la regolazione dell’umore e dei corretti ritmi di sonno e veglia fattori che influiscono sulla funzione gastrointestinale”.
C’è poi il tema dell’alimentazione che con il passaggio dall’estate all’autunno spesso varia. Si tende, infatti, ad assumere più cibo e meno liquidi, prediligere piatti più elaborati e grassi, consumare meno frutta e verdura.
I sintomi più comuni
In presenza di sintomi da reflusso, bruciore di stomaco, dolore e sensazione di gonfiore addominale, stitichezza o diarrea è bene rivolgersi al medico curante per valutare la situazione – continua la specialista. “È necessario inoltre effettuare una visita specialistica gastroenterologica soprattutto se si tratta di sintomi digestivi di nuova insorgenza, persistenti e associati a sintomi di allarme quali perdita di peso, inappetenza e perdita di sangue.
È difficile prevenire questi disturbi, ma alcune accortezze possono essere di aiuto nell’affrontarli:
– seguire un’alimentazione bilanciata con un corretto apporto di fibre (frutta, verdura e cereali) e la giusta idratazione (circa 2 litri di acqua al giorno);
– evitare cibi molto elaborati e grassi e l’assunzione di bevande alcoliche;
– oltre ai pasti principali, consumare due spuntini sani nel corso della giornata;
– mantenere una regolare attività fisica, che non solo è benefica per la salute in generale, ma esercita un’azione positiva sulla motilità gastrointestinale;
– sfruttare la luce solare effettuando passeggiate all’aria aperta, in modo da ricaricare l’umore e abituare gradualmente l’organismo alle nuove temperature.
Super Green Pass, a Napoli e corsa al certificato
News PresaUna vera e propria corsa al certificato. È l’effetto del super green pass, in modo particolare per quella parte di cittadini che sino ad oggi è andata avanti con i tamponi, non volendo sapere nulla di vaccini anti Covid. A definire i contorni del fenomeno sono i medici di famiglia della FIMMG Napoli, che si dicono «subissati di domande e richieste, spesso ai limiti dell’insistenza, per avere informazioni e alla fine ottenere l’esenzione». Richieste che naturalmente cadono nel vuoto, visto che i medici di famiglia non hanno alcuna intenzione di piegarsi alle richieste molto insistenti dei “soliti noti”, pazienti no vax, alla ricerca di esenzione per patologie che il più delle volte sono solo presunte o che non hanno alcuna attinenza con la vaccinazione. «I toni – spiega il dottor Corrado Calamaro – si stanno facendo sempre più accessi. Da mesi ormai, settimana dopo settimana, vediamo in piattaforma regionale un certo numero di pazienti che ripetono i tamponi per evitare di doversi vaccinare; quegli stessi pazienti ora stanno facendo di tutto per ottenere certificazioni di esenzione. Non è concepibile che le nostre giornate debbano essere programmate anche in funzione di queste richieste assurde, che anche se non vengono accolte costringono noi medici di famiglia a sottrarre tempo all’assistenza di pazienti che avrebbero ben più bisogno». green pass
IRRIDUCIBILI
E in alcuni casi il diniego al certificato di esenzione ha portato a situazioni di tensione e alla ricusazione del medico. «Più ci avviciniamo al 6 dicembre, data dalla quale il tampone non sarà più un escamotage alla vaccinazione – conclude Calamaro – più c’è agitazione da parte di questi pazienti. Molti, sentendosi dire di no, scelgono addirittura di cambiare il proprio medico di famiglia». Dalla FIMMG Napoli emerge poi con forza anche un’altra preoccupazione, quella per la vaccinazione anti influenzale, che in molti casi viene letteralmente disertata. «Troppi pazienti – denuncia il dottor Luigi Sparano – hanno paura di ricevere le vaccinazioni. Un comportamento al quale stiamo cercando di rispondere con una forte opera counseling mirata a far comprende che l’influenza rischia di essere un gravissimo rischio, oltre che un problema in vista di una nuova ondata di Covid, ancor più possibile se si dovesse diffondere la variante sudafricana». Il rischio, se non si riuscirà a dare una svolta alla campagna anti influenzale è che le terapie intensive vadano in grandissimo affanno a causa del combinarsi dei due virus. «Siamo ancora in tempo per evitare di farci travolgere – conclude Sparano – non possiamo permettere che tornino le chiusure e il dramma delle rianimazioni al collasso. Oggi abbiamo gli strumenti per evitare che negli ospedali ci si debba preparare ad applicare il codice nero, quello per il quale i medici sono costretti a scegliere chi salvare e chi lasciar morire». green pass
La fibrillazione atriale genera un rischio di ictus
News Presa, PartnerEsistono dei rischi spesso poco noti legati alla fibrillazione atriale, tra i quali l’ictus. A spiegare come e perché l’ictus possa essere una grave conseguenza della fibrillazione atriale è stata la dottoressa Geppina Eusebio, dirigente medico – cardiologa interventista all’Ospedale di Eboli – nel corso delle consuete “pillole di salute” del sabato che il network editoriale PreSa manda in onda sulle frequenze di Radio Kiss Kiss. «La fibrillazione atriale – ha detto la dottoressa Eusebio – è un’aritmia molto diffusa nella popolazione, la sua prevalenza aumenta all’aumentare dell’età, soprattutto se ci sono anche altre patologie quali ipertensione, diabete o malattie cardiache». Quando si ha una fibrillazione atriale il cuore batte in maniera irregolare, determinando un ristagno del sangue in una camera del cuore che si chiama “atrio”. «Questo determina la nascita di una sorta di coaguli che possono spostarsi dalla camera atriale attraverso il flusso sanguigno, sino ad ostruire un’arteria del cervello, causando un ictus ischemico».
SINTOMI
Ci sono però dei campanelli d’allarme. «I sintomi più frequenti sono: palpitazioni, affanno, debolezza, qualche volta anche dolore toracico o svenimento. Purtroppo più della metà dei pazienti non ha nessun sintomo e tendono ad adeguare il proprio stile di vita, riducendo l’attività fisica». Per arrivare ad una diagnosi precoce è fondamentale fare visite frequenti nei pazienti che hanno più di 65 anni. Per questi pazienti è cruciale avere una diagnosi precoce, perché è la prima strategia di prevenzione dell’ictus. Se c’è una fibrillazione atriale sarà il medico a prescrivere una terapia. «Il rischio non è uguale in tutti i pazienti, dipende da molti fattori. Per questo i medici, sulla base dei dati caratteristici di ciascun paziente, attribuiscono uno score e decidono se e come intervenire. Non tutti possono fare una terapia anticoagulante. Per alcuni pazienti è più adeguato un intervento chirurgico che permette di chiudere l’auricola nella quale si formano la grande maggioranza dei trombi che costituiscono un rischio».
Omicron: ecco la prima foto della nuova variante. Quali effetti
Ricerca innovazioneLa nuova variante ha un “volto” grazie a un gruppo di ricercatori italiani. La prima foto al mondo della variante Omicron, è stata scattata nell’area di ricerca di Medicina Multimodale del Bambino Gesù (coordinata dal professor Carlo Federico Perno), con la diretta supervisione della professoressa Claudia Alteri (in collaborazione con l’Università Statale di Milano), da Valentino Costabile, Rossana Scutari, e Luna Colagrossi. L’immagine mostra la struttura terziaria, naturale, della proteina spike della variante Omicron, a destra, e della variante Delta, a sinistra, rispetto alla spike originale di SARS CoV-2. I pallini rossi sono le aree ad altissima variabilità, quelli arancioni ad alta variabilità, quelli gialli a media variabilità, i verdi a bassa, e quelli celesti a scarsa variabilità. La zona grigia è quella che non varia.
Omicron e Delta, quali differenze
Emerge chiaramente quanto la variante omicron abbia molte più mutazioni della variante delta (già di per sé molto variata), concentrate soprattutto in una zona della proteina che interagisce con le cellule umane. Questo significa semplicemente che il virus si è ulteriormente adattato alla specie umana generando un’ulteriore variante, ma non vuol dire che le nuove variazioni siano più pericolose. Serviranno altri studi per capire se questo adattamento è più o meno pericoloso oppure neutro. Per quanto riguarda i vaccini, invece, secondo gli esperti la terza dose dovrebbe fornire una protezione adeguata anche per la variante Omicron, ma serviranno alcune settimane per confermarlo. In caso contrario, Pfizer potrebbe mettere a punto un vaccino ad hoc in 100 giorni. Anche Moderna è già al lavoro
Fibrillazione atriale: intervista alla dott.ssa Eusebio
PodcastCovid-19: con i vaccini evitati in Italia 22mila morti, 470mila in UE
PrevenzioneOltre 470mila decessi evitati in Europa, di cui almeno 22mila in Italia. L’impatto positivo dei vaccini anti Covid è stato dimostrato da due ultimi studi: uno internazionale guidato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in collaborazione con il Centro Europeo per la Prevenzione ed il controllo delle malattie (ECDC) e uno studio italiano dell’Iss, entrambi pubblicati dalla rivista Eurosurveillance.
Lo studio OMS, che si riferisce al periodo da gennaio a novembre 2021, rileva come la vaccinazione abbia evitato il 51% delle morti attese nella regione Europea tra i soggetti di età maggiore di 60 anni nei primi 11 mesi di campagna vaccinale. Un numero minore di decessi evitati si rileva in Paesi come Romania, Moldavia e Ucraina in cui la copertura vaccinale è stata più bassa.
Questo valore è in linea con i risultati dello studio Iss che, anche considerando una popolazione più ampia (soggetti di età maggiore di 12 anni) e criteri più conservativi di efficacia afferma che nei primi nove mesi i vaccini anti Covid hanno evitato oltre 22mila decessi fino a settembre (contro i 35mila stimati dall’Omsfino a novembre). Lo studio mostra inoltre come siano stati evitati in Italia 445mila casi, 79mila ricoveri e quasi 10mila ammissioni nelle terapie intensive, con un effetto più pronunciato a luglio e agosto, quando si è raggiunta una copertura superiore al 60% nelle fasce sopra i 20 anni. Delle 22mila morti evitate il 71% è negli over 80, la prima fascia di età a raggiungere alte coperture oltre a quella a maggior rischio di morte per Covid, il 18% nella fascia 70-79, l’8% nella 60-79 e il 2% negli under 60, gli ultimi ad essere vaccinati. Senza i vaccini il tasso di ricoveri ordinari atteso sarebbe stato di 1592 ogni 100mila abitanti negli over 80, 871 per la fascia 70-79, 595 per i 60-79 e 214 per gli under 60, mentre quelli osservati sono stati rispettivamente 886, 618, 421 e 163.
“Questi studi sono importanti perché rilevano come le persone vaccinate abbiano un rischio molto più basso di avere conseguenze gravi dall’infezione – afferma il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro -. Malgrado ormai non ci siano dubbi sull’importanza di questo strumento, insieme agli altri di cui disponiamo come il distanziamento e le mascherine, ancora milioni di persone non sono protette. L’invito è quindi di iniziare l’iter per chi ancora non l’ha fatto, e di proteggersi con il richiamo, soprattutto se si fa parte delle categorie più fragili, le prime a cui è stata offerta questa possibilità”.
Metodologia: sia lo studio Oms che quello Iss hanno stimato una percentuale di decessi evitati rispetto al totale poco inferiore al 40%. In entrambi i lavori è stata utilizzata un’equazione sviluppata per i vaccini antinfluenzali ma già applicata in altri paesi per studi relativi a SARS-CoV-2 utilizzando i dati della Sorveglianza Integrata e del Portale Nazionale delle Vaccinazioni del ministero della Salute. L’analisi esamina solo gli effetti diretti delle vaccinazioni, e non quelli indiretti dovuti ad esempio alla riduzione della circolazione del virus, e quindi potrebbe sottostimare la riduzione. Lo studio italiano analizza le infezioni notificate settimanalmente fra Gennaio e Settembre che hanno avuto come esito l’ospedalizzazione, il ricoveri in terapia intensiva e/o il decesso entro 30 giorni dall’infezione stessa, mentre lo studio europeo, al fine di confrontare i dati provenienti da diversi Paesi, si basa sul numero di decessi settimanali notificati fino a novembre 2021. Inoltre i due studi fanno riferimento a popolazioni diverse (solo ultrasessantenni nello studio OMS e tutta la popolazione di età maggiore a 12 anni nello studio ISS e a definizioni leggermente diversa di vaccinato completo e di efficacia vaccinale, in quanto nell’articolo OMS si confrontano Paesi che hanno utilizzato vaccini diversi (per tipologia e proporzione) rispetto a quelli utilizzati nel nostro paese la cui efficacia è documentata con lo stesso approccio proposto nel bollettino settimanale dell’Iss distinguendo fra mesi in cui era dominante la variante alfa e mesi in cui era dominante la variante delta.
Donne con carcinoma mammario metastaico: una campagna per fare squadra
News PresaPrende spunto dal rugby, sport basato sul reciproco sostegno in ogni situazione di gioco, la Campagna di sensibilizzazione di Gilead Sciences Italia che ha il patrocino dell’Associazione di pazienti Europa Donna Italia per ‘fare squadra’ contro il carcinoma mammario metastatico triplo negativo (o TNBC, dall’inglese Triple Negative Breast Cancer), aggressiva forma di tumore al seno che rappresenta il 15-20% delle diagnosi.
Oltre a invitare tutte le pazienti a non chiudersi in se stesse ma a puntare sulla forza del gruppo, la Campagna ha l’obiettivo quello di diventare – attraverso il suo sito un punto di riferimento per dare corrette informazioni su questo tipo di carcinoma, ospitare alcuni interventi della squadra ideale che deve supportare le pazienti tra cui Associazioni di pazienti, clinici, caregiver ed essere un osservatorio costantemente aggiornato sui bisogni della ‘squadra’.
A proposito di Osservatorio per il lancio della Campagna, sono stati presentati i dati di un’indagine svolta da Elma Research che ha visto protagoniste oltre 100 donne con tumore al seno triplo negativo a cui si sono aggiunti alcuni partner. Di seguito i principali risultati emersi e le azioni che possono essere messe in campo per vivere al meglio questo difficile percorso.
AZIONE VINCENTE N°1: FARSI AIUTARE PER FAVORIRE I SENTIMENTI POSITIVI
Secondo l’indagine condotta da Elma Research per Donne in Meta – su un campione di 102 pazienti con TNBC e con età media di 52 anni – paura, smarrimento e confusione sono i tre sentimenti che accompagnano la scoperta del tumore. Il primo obiettivo è allora quello di evitare che prendano il sopravvento, il secondo quello di sostituirli con sentimenti positivi derivanti dalla propria forza interiore e che passano dall’accettazione della nuova condizione per arrivare a un cauto ottimismo.
“Anche se la diagnosi di tumore al seno è un evento fortemente traumatico, è bene reagire e affrontare il percorso con coraggio. Non si tratta di una mossa semplice ma, lo dico per le tante storie raccolte in questi anni, è anche la prima da mettere in atto per favorire la guarigione. Per riuscirci – commenta Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia – l’aiuto di chi sta vicino è indispensabile, ma è anche fondamentale che la donna non abbia timore né imbarazzo a chiederlo, al partner come ai parenti, agli amici e anche a una delle tante associazioni che sono pronte a sostenerla. Inoltre, c’è un altro messaggio che vogliamo diffondere con questa iniziativa: essere informate sulla malattia è altrettanto importante e in questo senso i medici sono chiamati a loro volta a “fare squadra” favorendo un maggiore dialogo durante le visite”.
AZIONE VINCENTE N°2: CONCENTRARSI SUL PRESENTE
Sempre dalla ricerca emerge come il tempo sia un fattore chiave per le pazienti. Con un’importante distinzione: se quello futuro è soprattutto fonte di ansia e insicurezza (il 47% ne ha paura, il 35% non pianifica più nulla), il maggiore valore assunto da quello presente rappresenta invece il primo aspetto positivo per la maggior parte di loro (56%), praticamente alla pari del supporto ricevuto da familiari e amici (54%). L’indicazione è quindi quella di vivere appieno l’oggi, stando di più con le persone care e dedicandosi maggiormente ai propri interessi, per avere anche più fiducia nel domani.
“Il rugby fa sviluppare l’attitudine a pensare che c’è sempre un’opportunità di rialzarsi e di ottimizzare quello che abbiamo a disposizione per raggiungere l’obiettivo a dispetto delle difficoltà. Quando mi hanno parlato di Donne in Meta e del messaggio che si propone di promuovere – osserva Marco Bortolami, Ambassador di Donne in Meta e oggi capo allenatore del Benetton Rugby dopo aver collezionato 112 presenze in Nazionale da giocatore – ho subito pensato a questo aspetto, anche se la partita contro il tumore è ovviamente più dura e complicata di qualsiasi altra. Ma proprio per questo diventa ancora più importante “non mollare mai!”, ovvero continuare a crederci, a vivere il presente azione dopo azione senza subire passivamente le avversità, ma invece facendo leva sulla forza del gruppo per superarle”.
AZIONE VINCENTE N°3: CONFIDARE NELLA RICERCA (E NELLE CURE ATTUALI)
La particolarità del carcinoma mammario triplo negativo è indicata proprio dal nome. “È caratterizzato dal fatto che le sue cellule non presentano le tre proteine bersaglio individuate dalla ricerca in altre forme di tumore al seno, ovvero il recettore dell’estrogeno (ER), il recettore del progesterone (PR) e il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2). Non è quindi possibile impostare terapie mirate con farmaci a bersaglio molecolare e la chemioterapia rimane così la prima risorsa, combinata con l’immunoterapia in quel 40-50% di casi in cui è presente il bersaglio terapeutico PD-L1. Inoltre, può essere necessario il ricorso alla chirurgia e alla radioterapia. La ricerca – spiega Alessandra Gennari, Professore Associato di Oncologia all’Università del Piemonte Orientale e Direttore della S.C.D.U. Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara – ha di recente messo a disposizione i coniugati farmaco-anticorpo, costituiti appunto da un anticorpo che riconosce e attacca determinati recettori presenti nelle cellule tumorali e da un farmaco chemioterapico che viene così portato dove deve agire. Al momento possono essere utilizzati solo in casi selezionati, ma rappresentano molto più di una speranza per le future terapie contro il carcinoma mammario triplo negativo, che rappresenta un rischio anche e soprattutto per le donne più giovani, dal momento che colpisce sotto i 40 anni con un’incidenza quasi doppia rispetto alle altre forme di tumore al seno. Fare squadra è dunque fondamentale anche dal punto di vista medico, perché sono diverse le figure specialistiche chiamate a collaborare”.
AZIONE VINCENTE N°4: SOSTENERE SENZA GIUDICARE
Tra i soggetti in cerca di un ruolo meglio definito in squadra, ci sono sicuramente i partner che nell’indagine di Elma Research dichiarano di provare un forte senso di inadeguatezza, anche se poi il 76% delle loro compagne assicura che la malattia ha rafforzato la relazione di coppia malgrado un peggioramento dell’intimità (64% dei casi). Per loro, ma in generale per tutti quanti, sono chiamati a essere caregiver, una riflessione vincente arriva ancora da Marco Bortolami: “Nel nostro sport per avanzare si deve passare l’ovale a un compagno che si trova dietro, quindi è indispensabile rimanere compatti e poter sempre contare su qualcuno alle proprie spalle. Può anche accadere che il portatore di palla non prenda la migliore decisione possibile, ma la squadra è chiamata a sostenerlo sempre e comunque: un atteggiamento che allarga il concetto di aiuto, perché implica il mettersi a disposizione indipendentemente da come si giudica personalmente una determinata situazione. E questo a mio avviso può fare la differenza anche fuori dal campo”.
AZIONE VINCENTE N°5: SODDISFARE I BISOGNI
Tra gli obiettivi di Donne in Meta c’è anche quello di fotografare le necessità delle donne colpite da carcinoma mammario triplo negativo per favorire una risposta da parte di tutte le realtà coinvolte. Pur apprezzando la competenza e professionalità dei medici curanti, il 45% delle pazienti interpellate gradirebbe per esempio ricevere maggiori informazioni sulla malattia e più dettagliate spiegazioni sulla terapia. Mentre il 42% vorrebbe potersi maggiormente confrontare con chi sta vivendo lo stesso problema anche grazie al coinvolgimento in gruppi di auto-aiuto e il 34% chiede più supporto psicologico in generale.
“Ascoltare e, se possibile, soddisfare i bisogni delle pazienti – compresi quelli legati alla sfera emotiva – è un aspetto fondamentale del percorso di cura. Per questo motivo la nostra azienda – conclude Cristina Le Grazie, Executive Director Medical Affairs di Gilead Sciences – oltre che impegnarsi nella ricerca e sviluppo di nuovi farmaci antitumorali è ben lieta di promuovere iniziative come Donne in Meta, la nostra nuova campagna volta a fare squadra nel sostegno alle pazienti. Quello di oggi è per Gilead Italia solo il primo passo dell’importante percorso che ci attende al fianco delle donne colpite da carcinoma mammario metastatico triplo negativo”.
Carcinoma mammario triplo negativo metastatico (mTNBC)
Il carcinoma mammario è la forma di cancro più frequente nel sesso femminile: da solo rappresenta il 19% di tutti itumori che colpiscono le donne. Nel 2020 erano attese circa 55.000 nuove diagnosi in Italia, di cui circa il 15% (8.000 casi) di carcinoma mammario metastatico triplo negativo. La denominazione “triplo negativo” deriva dal fatto che itumori della mammella possono essere classificati in base all’espressione, sulla superficie delle cellule tumorali, di alcuni recettori, che possono anche essere utilizzati come bersaglio per terapie mirate:
I carcinomi mammari triplo negativo sono accomunati dalla mancanza di espressione di questi recettori, e rappresentano una forma aggressiva, invasiva e difficile da trattare della malattia: rispetto ad altre forme di carcinoma mammario hanno maggiore probabilità di metastatizzare, e di recidivare dopo i trattamenti. Colpiscono piùfrequentemente donne giovani, in premenopausa, e sono particolarmente diffusi tra le donne nere e ispaniche e tra le portatrici di mutazione BRCA1 e 2. A causa della assenza di recettori che possano anche fungere da bersagli molecolari, questa forma di tumore metastatico non risponde né alle terapie ormonali né ai farmaci diretti contro HER2; il trattamento standard per la malattia triplo negativa metastatica è stata fino ad oggi la chemioterapia. Il carcinoma mammario triplo negativo metastatico è considerato un tumore chemio–sensibile, ma purtroppo le ricadute sono rapide. Solo in tempi molto recenti si sono resi disponibili nuovi trattamenti che hanno migliorato gli esiti delle terapie per le pazienti con mTNBC:
Queste nuove opportunità, tuttavia, sono oggi riservate a pazienti il cui mTNBC esprime precise caratteristiche, e nelle prime linee di trattamento. Vi è un forte bisogno terapeutico non soddisfatto per il trattamento di mTNBC nelle linee avanzate.
Una nuova variante spaventa il mondo
News PresaUna nuova variante del Covid sta facendo tremare il mondo intero, gettando ombre di possibili nuove chiusure che sembravano ormai appartenere solo al passato. Ma cosa si sa di B1.1.529, ovvero della mutazione identificata per prima volta in Sudafrica? Al momento molto poco, di certo presenta nel genoma molte variazioni della proteina Spike che potrebbero (almeno in teoria) aumentarne la trasmissibilità e la capacità di eludere gli anticorpi. Non a caso un alto funzionario sanitario del Regno Unito (come riferisce la BBC) ha rivelato che sono in corso ricerche urgenti per saperne di più sulla sua trasmissibilità, gravità e suscettibilità ai vaccini. Non meraviglia che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stia monitorando attentamente la situazione, anche se serviranno diverse settimane per sapere cosa significa potenzialmente in termini di contagiosità e l’impatto su diagnosi, terapie e vaccini. Anche il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) sta studiando lo sviluppo della situazione e pubblicherà un documento.
REAZIONI
Anche l’azienda farmaceutica Pfizer sta studiando la nuova variante di Covid-19 e conta di avere i primi risultati “al più tardi entro due settimane”. Rassicura poi la notizia che anche in caso emerga la capacità di questa variante di eludere i vaccini, Pfizer e BioNTech prevedono di essere in grado di sviluppare e produrre un vaccino su misura in circa 100 giorni. Intanto, la reazione dell’Italia è stata immediata e proprio in queste ore è arrivata la decisione di fermare da subito gli arrivi di chi negli ultimi 14 giorni è stato in Sudafrica, Lesotho, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Namibia e Swatini. La Commissione Ue annuncia invece che proporrà a breve una misura analoga, già adottata ieri dalla Gran Bretagna e Israele. La Germania per ora si limita a sospendere i voli dal Sudafrica, come anche la Francia. La Spagna bloccherà collegamenti aerei anche con il Botswana (oltre che con il Sudafrica).
TERZA DOSE
Alla luce di un quadro che evolve rapidamente appare ancor più importante proteggersi con i vaccini oggi disponibili. Non a caso in questi giorni il governo ha accelerato con la terza dose, invitando tutti i cittadini che ne hanno diritto a non esitare. In molte regioni, come la Campania, già da qualche settimana è possibile accedere alla vaccinazione booster senza alcuna prenotazione, ma a patto che siano trascorsi i mesi necessari dalla somministrazione della seconda (si è passati ora da 6 a 5 mesi). Un dato che dovrebbe far riflettere quanti ancora hanno paura di vaccinarsi è quello sull’occupazione delle terapie intensive, che vedono purtroppo la prevalenza di pazienti No Vax. Non un dettaglio, e di certo un motivo in più per ragionare sull’importanza del vaccino, per proteggere se stessi e gli altri.
Radioembolizzazione, al Cardarelli l’unico centro attivo in Campania
News PresaIl Cardarelli di Napoli ancora in prima linea nella lotta alla migrazione sanitaria, stavolta per rispondere alle esigenze dei pazienti affetti da epatocarcinoma e da metastasi epatiche che hanno bisogno di sottoporsi al trattamento di radioembolizzazione. Grazie alle nuove dotazioni tecnologiche e al lavoro integrato tra l’Unità Operativa Complessa di Radiologia Interventistica diretta dalla Dottoressa Raffaella Niola e l’Unità Operativa Complessa diMedicina Nucleare diretta dalla Dottoressa Mara Catalano,l’Azienda Ospedaliera si qualifica oggi come unica struttura pubblica in Campania che eroga il servizio. Laradioembolizzazioneè un’opzione terapeutica sempre più richiesta da Epatologi, Chirurghi epatobiliari e dei trapianti di fegato ed Oncologi come trattamento dei pazienti in lista d’attesa per trapianto di fegato (bridge therapy) e nei pazienti con epatocarcinoma “borderline resectable”. «I centri che effettuano questo trattamento – spiega il Direttore Generale Giuseppe Longo – sono molto più numerosi nel Nord e Centro Italia. Al Sud sono presenti esclusivamente in Puglia e Sicilia. Anche per questo abbiamo scelto di metterci in condizione di erogare il servizio, offrendo ai cittadini campani e di tutto il Mezzogiorno d’Italia una valida alternativa». Il trattamento prevede la somministrazione nei vasi che irrorano la lesione neoplastica di sfere radioattive marcate con Yttrio 90. Dopo uno studio preliminare angiografico dell’anatomia vascolare della lesione, affidato al Radiologo Interventista, il medico di Medicina Nucleare effettua la somministrazione di macroaggregati di albumina marcati, che consentiranno dopo uno studio scintigrafico di rilevare i valori dosimetrici per poi iniettare, in una seconda fase, le sfere radioattive nell’arteria che sottende il territorio malato. Queste sfere hanno il compito di distruggere selettivamente la lesione cancerosa risparmiando il tessuto sano.
CENTRO DI RIFERIMENTO
«Questo tipo di terapia – sottolinea il Direttore Sanitario Giuseppe Russo– è quasi del tutto scevra da significativi effetti collaterali ed è molto efficace nel controllo della malattia durante i tempi delle liste d’attesa per trapianto di fegato». La selezione dei pazienti idonei a questo trattamento è opera del GOM dell’epatocarcinoma, di cui fanno parte, oltre alle U.O.C. di Radiologia Interventistica e Medicina Nucleare, l’U.O.C. di Chirurgia Epatobiliare e Trapianti di Fegato diretta dal dottor Giovanni Vennarecci, l’U.O.C. di Epatologia diretta dal dottor Giovanni Di Costanzo, l’U.O.C. di Oncologia diretta dal dottor Ferdinando Riccardi, l’UOC di Radiologi Generale e Pronto Soccorso diretta dalla Dott.ssa Luigia Romano e l’U.O.S.D. di Fisica Sanitaria diretta dalla dottoressa Maria Antonella Di Pasquale coadiuvata dalla dottoressa Tiziana Capussela. Già forte di una lunga tradizione di esperienza ed eccellenza nell’ambito delle malattie epatiche, con questa ulteriore opzione terapeutica il Cardarelli di Napoli rende ancor più completa ed efficace la gestione dei pazienti con epatocarcinoma e metastasi epatiche, accrescendo ulteriormente l’expertise dell’Azienda, che si candida a diventare centro di riferimento per l’Italia Meridionale. Radioembolizzazione