Tempo di lettura: 2 minutiChi avrebbe mai pensato di doversi preoccupare in Italia dell’infezione da West Nile Virus? Fino a pochi anni fa nessuno, oggi purtroppo la situazione è molto cambiata. Stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità da giugno sono stati segnalati in Italia 575 casi confermati nell’uomo. Di questi addirittura 290 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva. Il primo caso umano della stagione è stato segnalato dal Veneto nel mese di giugno nella provincia di Padova. Tra i casi confermati, sono stati notificati 37 decessi (6 Piemonte, 7 Lombardia, 17 Veneto, 1 Friuli-Venezia Giulia, 4 Emilia-Romagna, 1 Sicilia, 1 Sardegna).
LE REGIONI
Volendo tracciare una sorta di “mappa dell’infezione” ci si rende conto che i casi vanno dal Piemonte alla Sardegna, passando per Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana e Sicilia. Ben 89 i casi identificati in donatori di sangue (14 Piemonte, 31 Lombardia, 26 Veneto, 18 Emilia-Romagna), 187 casi di febbre e 9 i casi sintomatici.
PREVENZIONE
Ad oggi non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. In una fine d’ottobre del tutto anomala per le temperature particolarmente altre, per farlo è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente. Come? Usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto. Ancora, usando delle zanzariere alle finestre, svuotando di frequente i vasi di fiori con acqua stagnante, cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali.
SINTOMI
Ma come si presenta la West Nile? Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave. I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette.
Così è “esplosa” la chirurgia dell’obesità
Benessere, Medicina estetica, News PresaUna fortunata trasmissione tv l’ha sdoganata anche in Italia, la chirurgia dell’obesità ha visto negli ultimi 10 anni un incremento esponenziale (+300%). Nel nostro paese si è passati dai 7.645 interventi del 2012 agli oltre 25.000 stimati per il 2022. Ma cosa spinge i pazienti obesi a vedere nell’intervento chirurgico una via d’uscita? Secondo Marco Antonio Zappa, presidente della Società Italiana di Chirurgica dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche – Sicob: «Alla base di tutti questi fenomeni c’è una scarsa conoscenza del problema obesità, della necessità di affrontarla in un’ottica multidisciplinare, delle potenzialità del trattamento chirurgico, dei suoi effetti, dei rischi e dei benefici».
SETTIMANA INFORMATIVA
Certamente, anche l’elevata prevalenza della malattia fa la sua parte. Ma giocano un ruolo anche i risultati ancora insufficienti delle terapie comportamentali e allo scarso ricorso alle terapie farmacologiche più moderne. Per diffondere una conoscenza la Sicob e la sua Fondazione hanno dato vita alla prima Giornata della Chirurgia Bariatrica, che si concluderà 29 ottobre. I protagonisti sono i pazienti con le loro storie di sofferenza e di riscatto. Le loro storie serviranno da esempio e da stimolo per chi affronta questo percorso terapeutico.
IL SERVIZIO PUBBLICO
Malgrado ogni sforzo per selezionare attentamente i pazienti da sottoporre all’intervento chirurgico, esiste una richiesta molto elevata da parte della popolazione e un’impossibilità del sistema di rispondere alla domanda assistenziale. Non è raro così che i pazienti lamentino e di essere esclusi nei fatti dalla possibilità della cura, specie nelle regioni che hanno operato un taglio di posti letto e di risorse. Tutto questo ha condotto al fenomeno della migrazione sanitaria. Ciò nonostante sono molti i centri pubblici con unità operative dedicate proprio a questo tipo di chirurgia, centri nei quali la patologia viene affrontata con il supporto di psicologi e altri specialisti.
Videogiochi potrebbero aumentare abilità cognitive nei più piccoli
News PresaSecondo un nuovo studio i videogame farebbero bene al cervello dei bambini. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulle pagine della rivista Jama Network Open. Gli autori sono ricercatori dell’Università del Vermont, secondo cui i videogiochi potrebbero essere associati a migliori prestazioni cognitive dei più piccoli, anche se serviranno altre ricerche per analizzare nel dettaglio i potenziali benefici e danni sul cervello in via di sviluppo.
Videogiochi e rischio depressione
Altri studi avevano già indagato la relazione tra videogiochi e comportamento cognitivo, ipotizzando un legame tra un uso eccessivo e un aumento di depressione, violenza e comportamenti aggressivi, tuttavia i meccanismi neurobiologici alla base non erano ancora stati compresi. Nell’ultima ricerca gli scienziati hanno analizzato i dati relativi a sondaggi, test cognitivi e di imaging cerebrale provenienti dall’Adolescent Brain Cognitive Development Study (Abcd), uno studio ancora in corso supportato dal National Institute on Drug Abuse (Nida) e da altri enti del National Institutes of Health.
Il nuovo studio
Lo studio che ha preso in considerazione duemila bambini, ha fatto emergere come chi giocava ai videogiochi per tre o più ore al giorno presentava risultati migliori nei test relativi alle abilità cognitive, come il controllo del comportamento impulsivo, la memorizzazione di informazioni e l’esecuzione dei compiti, rispetto a chi non avevano mai giocato. La soglia delle tre ore supera la quantità di tempo indicata dalle linee guida dell’American Academy of Pediatrics, ma nello studio i bambini che giocavano per più di tre ore al giorno erano più veloci e accurati nello svolgere compiti cognitivi. Anche le analisi di imaging cerebrale, svolte con la risonanza magnetica funzionale, mostravano un’attività cerebrale più elevata nelle regioni del cervello associate all’attenzione e alla memoria. Tuttavia, hanno mostrato anche una minore attività cerebrale nelle regioni cerebrali legate alla vista. Lo studio ha molte limitazioni, come sottolineano gli stessi autori, tra cui il fatto che non sia stato possibile stabilire un rapporto di causa-effetto, ma solo un’associazione tra videogiochi e abilità cognitive. Serviranno nuovi studi per arrivare a una completa comprensione.
Federico II di Napoli, la realtà virtuale entra in sala parto
Ricerca innovazioneUn visore sugli occhi per essere immersa in una realtà virtuale che si adatta e cambia in relazione al dolore delle contrazioni. Il progetto internazionale portato avanti alla Federico II di Napoli, con il coordinamento del professor Antonio Giordano, è il terzo al mondo che sfrutta i visori Oculus della Meta (Società di proprietà di Zuckerberg). Grazie a questi visori, le donne in travaglio partoriscono immerse in una realtà digitale fatta di isole tropicali, un mare calmo e delle cicogne. Un paradiso che aiuta a gestire i dolori del parto senza ricorrere all’analgesia. Del gruppo di ricerca fanno parte anche Maurizio Guida, ordinario di scienze ostetrico-ginecologiche della Federico II e Andrea Chirico, ricercatore del dipartimento di Psicologia dell’Università di Roma La Sapienza. Il progetto nasce da studi condotti negli Stati Uniti negli Anni 90 e tesi a dimostrare l’efficacia della realtà virtuale in campo medico, come terapia analgesica non farmacologica.
IL SOFTWARE
A sviluppare il software del sistema virtuale sono stati gli ingegneri della del’Istituto di Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni del CNR. Un lavoro partito da audit condotti con le future mamme per mettere a punto i profili psicologici del programma e proporre uno scenario che fosse in grado di stimolare risposte efficaci. A rendere innovativo il sistema è la capacità del software di adattare gli scenari e le interazioni proposte tramite il visore della realtà virtuale all’andamento delle contrazioni. In questo modo, a seconda dell’intensità del dolore, il sistema di realtà virtuale immerge la partoriente in uno scenario differente, introducendo anche elementi aggiuntivi e legati idealmente all’evento della nascita come nel caso delle cicogne.
ESPERIENZA POSITIVA
Sono già diverse le donne che hanno sperimentato questa esperienza di realtà virtuale e che hanno una valutazione più che positiva del progetto. Tra le partorienti c’è anche chi ha superato tallente bene il momento del travaglio da ricordare con grande serenità le immagini e gli scenari proposti dal computer. Chi sa che questa tecnologia non possa entrare presto in tutte le sale parto e magari possa dare sollievo anche per altre condizioni cliniche legate al dolore cronico. Sarebbe un modo in più per sfruttare al meglio le nuove conoscenze e le nuove tecnologie al servizio della salute.
Fegato: cosa c’è da sapere sulla prevenzione dei tumori
News PresaOttobre è il mese del Liver Cancer Awareness Month: un intero mese dedicato alla sensibilizzazione sui tumori del fegato. L’epatocarcinoma, il più diffuso tumore primitivo del fegato, è la seconda causa di morte per neoplasia del mondo e interessa soprattutto pazienti già con cirrosi o da epatite B e C. Il colangiocarcinoma, cioè il tumore delle vie biliari, è invece una patologia rara che viene spesso individuata quando si trova in uno stadio avanzato. Il Liver Cancer Awareness Month vuole divulgare le informazioni sulla prevenzione e permettere a istituti di ricerca, specialisti e associazioni di pazienti di raggiungere un pubblico più ampio possibile.
Il più frequente tumore del fegato
L’epatocarcinoma è il sesto tumore per incidenza a livello mondiale e nasce a causa dello sviluppo abnorme delle cellule dei tessuti del fegato. L’abuso di alcol con sviluppo di cirrosi, l’epatite B e l’epatite C e la sindrome metabolica sono i primi fattori di rischio per lo sviluppo di questo tumore. I pazienti già interessati da queste patologie dovrebbero effettuare controlli epatologici regolari, per poter diagnosticare una eventuale presenza di epatocarcinoma in fase precoce – ha spiegato la Professoressa Lorenza Rimassa, Professore Associato di Oncologia Medica di Humanitas University e Referente per le neoplasie epato-bilio-pancreatiche in Humanitas. I sintomi dell’epatocarcinoma, come perdita di peso, affaticamento, dolore addominale e ittero, si manifestano spesso quando il tumore è in stadio avanzato, con conseguente diagnosi tardiva. L’epatocarcinoma, invece, è una patologia che richiede un intervento immediato: negli stadi iniziali il fegato riesce ancora a svolgere regolarmente le sue funzioni e il tumore può essere trattato efficacemente tramite chirurgia, con buone possibilità di guarigione per il paziente.
Colangiocarcinoma: un tumore raro
Il colangiocarcinoma, invece, pur avendo un’incidenza sensibilmente inferiore a quella dell’epatocarcinoma, è il secondo tumore primitivo più frequente del fegato. Si tratta di un tumore raro che interessa l’1,2% della totalità dei tumori nel genere maschile e l’1,7% in quello femminile. Si origina da uno sviluppo incontrollato delle cellule dei dotti biliari tra fegato e intestino e può interessare l’interno del fegato (colangiocarcinoma intraepatico) oppure l’esterno del fegato (colangiocarcinoma extraepatico e della colecisti). La prognosi del colangiocarcinoma è infausta con una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di circa il 15%, a rendere la situazione ancora più severa sono i dati di incidenza in continuo aumento e l’alto tasso di diagnosi tardive, anche a causa di una mancanza di criteri specifici di diagnosi, ha sottolineato l’esperta. Inoltre, nelle prime fasi il tumore resta silente e i sintomi che si manifestano con il progredire del disturbo sono piuttosto generici e comprendono dolore addominale, nausea, perdita di peso e sensazione di malessere. Solo nei casi più avanzati di colangiocarcinoma extraepatico la maggior parte dei pazienti manifesta ittero, ma non è generalmente accompagnata da sintomi dolorosi, ha ribadito l’esperta di Humanitas. A differenza dell’epatocarcinoma, le cause alla base del colangiocarcinoma sono ancora oggetto di studio. Anche in questo caso, però, tra i fattori di rischio, oltre a fumo, età ed esposizione ad agenti esterni (diossine, asbesto, radon) si riconoscono colangite sclerosante primitiva, calcoli biliari, cirrosi, epatite B e C, o patologie croniche dell’intestino.
Dermatite atopica: intervista alla Prof.ssa Fabbrocini
Podcast“Contenuto realizzato da Radio Kiss Kiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Dermatite atopica, a chi rivolgersi?
News Presa, Partner, PrevenzioneSpesso si sente parlare di dermatite atopica in modo un po’ generico, talvolta confondendo persino i sintomi con quelli di altre patologie. Tuttavia, la dermatite atopica è una malattia che può far precipitare la qualità di vita di chi ne soffre, e purtroppo i dati disponibili parlano di un numero di diagnosi enorme e in continuo aumento. Per questo il network editoriale PreSa Prevenzione Salute ha deciso di dedicare una pillola di salute proprio a questo tema, ascoltando i consigli di una delle maggiori esperte in materia: Gabriella Fabbrocini, direttrice della Clinica Dermatologica dell’Università Federico II di Napoli. Intervenuta ai microfoni di Radio Kiss Kiss, Fabbrocini ha spiegato che il primo fattore per individuare correttamente un campanello d’allarme è l’età. «I sintomi cambiano molto a seconda dell’età del paziente. Nel neonato il sintomo più frequente la cosiddetta “crosta lattea” a carico del cuoio capelluto e nelle orecchie. La professoressa Fabbrocini spiega le manifestazioni cutanee si accompagnano a un forte prurito, soprattutto notturno e a lesioni da grattamento quali escoriazioni e sanguinamento che affliggono il paziente compromettendone la qualità di vita, insieme a quella dei genitori che se ne prendono cura. Nelle forme più gravi che possono persistere in età adolescenziale ed adulta, le chiazze desquamanti, arrossate e pruriginose possono ricoprire ampie aree della pelle , soprattutto a livello del viso e delle pieghe dei gomiti e dei ginocchi. Contrariamente a quanto si pensava un tempo esistono anche forme ad esordio in età adulta. Negli adulti, nel 20 o 30% dei pazienti la dermatite atopica si presenta in forma moderata a severa e può essere un vero problema per la qualità di vita del paziente.
Come si arriva ad una diagnosi? «Inizialmente il pediatra può inquadrare facilmente una dermatite atopica lieve. Poi, con la crescita, se questa forma va peggiorando c’è bisogno di tutta una serie di indagini specialistiche. Anche per capire se questa dermatite atopica si associ ad asma o altre malattie atopiche concomitanti, che riconoscono un meccanismo comune legato alla cosiddetta infiammazione di tipo 2, quali la rinite allergica, asma, rinosinusite cronica con poliposi nasale ed esofagite eosinofila».
La buona notizia è che «la storia della dermatite atopica è cambiata negli ultimi anni grazie a terapie che oggi sono in grado di inibire determinati tipi di citochine, quindi ridurre l’infiammazione che è il primo sintomo di questa malattia». Fabbrocini spiega anche che esistono una serie di terapie proattive, a base di detergenti ed emollienti, che possono coadiuvare i farmaci nelle fasi più intense della malattia.
Esistono ovviamente dei Centri dedicati a queste patologie, come quello della Federico II di Napoli, dove c’è un ambulatorio dedicato e che conta più di 1.000 pazienti con dermatite atopica moderata-grave trattata con farmaci innovativi. Bisogna rivolgersi al centro ospedaliero o universitario di riferimento per ottenere una presa in carico globale e ridurre i tempi di accesso alle terapie innovative dove vi è un’esigenza.”
“Contenuto realizzato da Radio Kiss Kiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Il cane è il miglior amico della salute
PrevenzioneVivere con un cane allunga la vita. Non si tratta solo di compagnia o dell’affetto che il miglior amico dell’uomo sa regalare, c’è anche molto altro dietro la combinazione scoperta dai ricercatori che hanno esaminato quasi 2.000 proprietari di cani e hanno preso in esame le loro condizioni di salute. Sebbene di questi studi ne siano stati realizzati diversi negli ultimi anni, uno in particolare ha dato risultati di grande interesse. Si tratta della ricerca portata avanti da Andrea Maugeri, ricercatore presso il Centro di ricerca clinica internazionale presso l’Ospedale universitario di Sant’Anna a Brno, nella Repubblica Ceca. Uno studio che rafforza ulteriormente il crescente numero di prove che indicano l’effetto benefico dei cani sulla salute cardiovascolare (CVH) e sul benessere generale.
IN FORMA
I ricercatori dello studio Kardiovize Brno 2030 hanno basato il metodo di analisi su 7 fattori chiave di salute enfatizzati dall’American Heart Association. I proprietari di animali domestici hanno riportato livelli più elevati di attività fisica (PA), una migliore aderenza a una dieta salutare per il cuore, livelli più elevati di colesterolo lipoproteico ad alta densità e livelli più bassi di glucosio nel sangue e diabete. Inoltre, PA e dieta erano ancora più propensi nei proprietari di cani che nei proprietari di altri animali.
A PASSEGGIO
Non esiste una sola spiegazione a questo binomio di salute e affetto, ma si può certamente dire che possedere un cane costringe i proprietari ad essere meno sedentari, fosse anche solo per le lunghe passeggiate all’aria aperta. Sembra banale, ma portare il fido compagno a passeggio aiuta a migliorare notevolmente la salute del cuore e di conseguenza anche il sistema cardio circolatorio. Oltre a questo evidente beneficio c’è il potere anti stress che i nostri amici a quattro zampe sanno esercitare. E’ scientificamente dimostrato che accarezzare un cucciolo è un gesto che genera rilassamento, fino al punto (in alcuni casi) da abbassare anche la pressione sanguigna. Questo non significa che bisogna abbandonare le terapie mediche in favore di un cane, ma di certo, per chi ama gli animali, l’idea di adottare un cucciolo potrebbe rivelarsi salvifica tanto per il trovatello che per il suo padrone.
West Nile Virus, nessuno lo avrebbe mai detto
News PresaChi avrebbe mai pensato di doversi preoccupare in Italia dell’infezione da West Nile Virus? Fino a pochi anni fa nessuno, oggi purtroppo la situazione è molto cambiata. Stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità da giugno sono stati segnalati in Italia 575 casi confermati nell’uomo. Di questi addirittura 290 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva. Il primo caso umano della stagione è stato segnalato dal Veneto nel mese di giugno nella provincia di Padova. Tra i casi confermati, sono stati notificati 37 decessi (6 Piemonte, 7 Lombardia, 17 Veneto, 1 Friuli-Venezia Giulia, 4 Emilia-Romagna, 1 Sicilia, 1 Sardegna).
LE REGIONI
Volendo tracciare una sorta di “mappa dell’infezione” ci si rende conto che i casi vanno dal Piemonte alla Sardegna, passando per Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana e Sicilia. Ben 89 i casi identificati in donatori di sangue (14 Piemonte, 31 Lombardia, 26 Veneto, 18 Emilia-Romagna), 187 casi di febbre e 9 i casi sintomatici.
PREVENZIONE
Ad oggi non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. In una fine d’ottobre del tutto anomala per le temperature particolarmente altre, per farlo è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente. Come? Usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto. Ancora, usando delle zanzariere alle finestre, svuotando di frequente i vasi di fiori con acqua stagnante, cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali.
SINTOMI
Ma come si presenta la West Nile? Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave. I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette.
Autismo, deficit di attenzione e iperattività: capire i segnali
Bambini, News Presa, PediatriaEsistono tante forme diverse di disturbi legati al neurosviluppo, definite come disturbi dello spettro autistico. Ci sono bambini che riescono comunque a leggere, scrivere ed essere autonomi, altri hanno capacità fuori dal comune in alcuni ambiti, ma importanti difficoltà relazionali e ci sono bimbi affetti dalla sindrome di Asperger. Secondo i dati pubblicati a luglio su JAMA Pediatrics, negli Stati Uniti l’autismo nelle sue svariate forme interessa il 3,14 per cento dei bambini e adolescenti; nel nostro Paese si stima sia meno diffuso, con un caso ogni 77 bimbi fra i 7 e i 9 anni e una maggior probabilità fra i maschi, 4.4 volte più numerosi delle femmine. Affinché il disturbo impatti il meno possibile sulla vita futura del bambino è importante riconoscerlo e intervenire tempestivamente – sottolineano gli esperti. Secondo i dati di un’indagine della Ben-Gurion University di Beer-Sheva, in Israele, se la diagnosi arriva entro i due anni e mezzo di vita la possibilità di avere miglioramenti nei sintomi connessi alle abilità sociali triplica rispetto a quella dei piccoli in cui la malattia è individuata più tardi. La motivazione risiede, secondo gli autori, nella maggiore plasticità del cervello nei primi anni di vita.
Autismo: i segnali a cui fare attenzione
I bambini con un disturbo dello spettro autistico sembrano spesso chiusi in un mondo tutto loro. Ecco perché gli interventi vanno personalizzati sulle caratteristiche di ciascuno. Il decorso è molto variabile e dipende dall’età della diagnosi e dalla risposta del bambino. Se per un bambino diventa difficile compiere gesti che per altri coetanei sono ormai acquisiti da tempo è opportuno parlarne con il pediatra. Il medico terrà sotto controllo la curva di sviluppo per valutare se si discosta molto dalla media. Ad esempio è da seguire un bambino che non ha voglia di interagire o di ascoltare. Tuttavia, non esiste un solo sintomo ma più segnali che lo sviluppo neuropsicologico non è come dovrebbe. Il pediatra indica il percorso verso la diagnosi precoce, per ridurre il rischio di altri problemi comportamentali nel futuro del bambino. Oggi l’autismo si conosce meglio rispetto al passato, anche lo stigma sociale nei confronti dei piccoli pazienti si è ridotto. Le possibilità di intervento sono tante, ma serve un approccio mirato a dare a ciascuno gli strumenti giusti, perché ogni bambino è un universo a sé.
Un incubo per genitori e insegnanti, ma vanno compresi
I bambini con deficit dell’attenzione e iperattività (o Adhd) possono essere un incubo per genitori e insegnanti, ma in realtà hanno solo una differente modalità di funzionamento del cervello. I pazienti con Adhd non vanno colpevolizzati e non è nemmeno colpa dei genitori o di una cattiva educazione se non riescono a mantenere l’attenzione a lungo. Per venire loro incontro risulta comunque utile ridurre le distrazioni intorno, le regole devono essere esposte in maniera chiara in anticipo e non sgridando a posteriori. Inoltre coesistono problemi a gestire le eccezioni, per cui devono essere accompagnati per imparare a riflettere prima di agire e non farsi sopraffare dall’impulsività.
Bimbi più a rischio
Uno studio olandese di recente ha identificato le categorie di piccoli pazienti che necessitano di un intervento più tempestivo: sono i bimbi che hanno anche disturbi del comportamento, quelli con Adhd grave e chi vive con un solo genitore. Se i casi più seri non passano inosservati quelli lievi potrebbero sfuggire: una vivacità a scuola che può essere normale a 3 anni diventa problematica a 6, da qui l’importanza di una diagnosi tempestiva.
Incredibile risposta del web a mamma Francesca
BambiniÈ una valanga d’amore quella che si sta riversando sul piccolo Lorenzo, affetto da una recidiva del sarcoma di Ewing, dopo che mamma Francesca ha lanciato per lui un appello su Facebook. In un post accorato affidato al social, Francesca aveva chiesto alla rete di sostenere il figlio con una “lettera, un disegno o una foto di un animale” per aiutare Lorenzo a distrarsi “a conoscere il mondo, per non pensare almeno per qualche minuto alla sua malattia”.
TANTI MESSAGGI
In moltissimi hanno risposto all’appello e sulla bacheca di mamma Francesca sono arrivate foto e post di tante, tantissime lettere. Qualcuno ha preparato un disegno, qualcun altro un bigliettino di auguri per il compleanno che arriverà a giorni. Tutti hanno voluto manifestare il proprio amore per questo piccolo guerriero che ora potrà “scappare” con la fantasia dalla sua camerata.
L’APPELLO
Il piccolo Francesco sta per compiere 14 anni, è iscritto alla prima liceo scientifico, a Bologna, ma non può andare a scuola per le gravi conseguenze della recidiva del sarcoma di Ewing. “Il periodo è un po’ difficile e Lorenzo – aveva scritto mamma Francesca – affetto da sarcoma di Ewing, ultimamente, anche a seguito di qualche complicazione e fastidio fisico (è un eufemismo), è costretto a stare a casa con poca mobilità. È un momento di passaggio per lui, i vecchi compagni di classe stanno percorrendo strade diverse e i nuovi li conosce poco, nonostante adori studiare al liceo scientifico e sia bravissimo in matematica, questo è un momento un po’ faticoso”. Di qui la sua richiesta: “Mi piacerebbe tanto che avesse la possibilità di interagire con più persone possibili. Non solo chi lo conosce già ma anche chi può raccontargli qualcosa di quello che fa, di quello che succede al di fuori”.