Tempo di lettura: 5 minutiNel nostro Paese sono circa 30.000 i bambini che ogni anno nascono prematuri. Significa che sono venuti al mondo prima della 37ª settimana di gestazione. L’immaturità dei vari organi (polmoni, cervello, intestino, cuore), è tanto più grave, quanto più il parto avviene in anticipo. Non sono ancora pronti ad adattarsi da soli alla vita fuori dal grembo materno. Richiedono assistenza e cure dedicate nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale. Richiedono un personale medico ed infermieristico altamente specializzato, le più moderne attrezzature e la vicinanza dei loro genitori.
Giornata Mondiale della Prematurità
“L’abbraccio di un genitore: una terapia potente. Sostenere il contatto pelle a pelle fin dal momento della nascita.” Questo è il tema della Giornata Mondiale della Prematurità 2022, che si celebra oggi, 17 novembre 2022. Si tratta di una campagna di sensibilizzazione della Fondazione Europea per la cura dei neonati pretermine (EFCNI). Quest’anno l’accento è posto proprio su uno degli aspetti fondamentali della cura del neonato prematuro: il contatto con mamma e papà.
In occasione della giornata, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ribadisce, insieme a Vivere Onlus Coordinamento Nazionale delle Associazioni per la Neonatologia, l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica ed i decisori istituzionali su una problematica spesso sottovalutata.
Abbraccio, una terapia per i prematuri
“Per garantire la sopravvivenza ed una buona qualità di vita ai neonati prematuri, occorrono ospedali attrezzati, personale specializzato ed attento alle esigenze, non solo del neonato, ma di tutta la famiglia. I genitori devono poter stare con il loro bambino 24 ore su 24, per il loro benessere fisico e psicologico, per nutrire il legame familiare che sta nascendo e per alleviare, anche con il calore di un abbraccio, il peso di un evento inaspettato, come quello della prematurità”, afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente della SIN. “È necessario, inoltre, favorire il contatto pelle a pelle, anche allo scopo di facilitare l’avvio dell’allattamento materno e coinvolgere la famiglia in ogni fase del ricovero, fino alle dimissioni ed anche oltre. Ma per fare questo c’è bisogno di un sistema strutturato e di un lavoro in sinergia, tra personale sanitario, istituzioni e famiglie. Una vera e propria missione che noi neonatologi portiamo avanti da sempre e per la quale lavoriamo tutti i giorni, dentro e fuori i nostri reparti.”
Gli effetti positivi del contatto
Gli effetti positivi a breve e lungo termine della Care della famiglia, le cure individualizzate centrate sul nucleo familiare dei piccoli prematuri, sono ormai noti. Quando i neonati ricoverati in TIN vengono separati dai loro genitori, diventa difficile per le mamme e i papà assumere il ruolo di caregivers primari. La vicinanza dei genitori è una risorsa per lo sviluppo del neonato prematuro. Tra i principali benefici ci sono: la riduzione della durata del ricovero ospedaliero e del tasso di complicanze mediche, il miglioramento della regolazione del sonno e della gestione del dolore e dello stress, sia del piccolo che dei genitori, il miglioramento dell’outcome relativo allo sviluppo del bambino e della qualità della vita nel corso dell’infanzia, l’aumento della Kangaroo Care e dell’allattamento al seno.
Per questo la SIN ha pensato ad un percorso di “coinvolgimento attivo dei genitori”. Lo scopo è consentire loro di acquisire competenze e conoscenze tecniche, comfort emotivo e fiducia nella cura del proprio bambino, durante il ricovero, fino al momento della dimissione.
La dimissione dalla TIN, il sostegno ai genitori
La dimissione di un neonato dopo l’esperienza in Terapia Intensiva Neonatale è sempre un momento di grande felicità. Tuttavia, emergono anche paura, dubbi ed incertezze. I genitori si ritrovano a gestire una situazione nuova, senza il sostegno ricevuto fino a quel momento in ospedale. L’equipe multidisciplinare, che si prende cura della triade neonato/genitori, con sensibilità e conoscenza, ha il compito dimodulare, ricalibrare e individualizzare continuamente gli interventi assistenziali, con l’obiettivo di accompagnare, in un percorso abilitativo, la famiglia, fino al ritorno a casa. All’inizio, gli operatori sono maggiormente coinvolti nelle cure del neonato. Verso la dimissione, invece, i genitori sono in grado di agire in autonomia, supportati dall’equipe.
Preparazione migliora gli esiti dei bambini prematuri
Una preparazione efficace della dimissione migliora gli esiti dei bambini nati molto pretermine nel passaggio dall’ospedale al domicilio. Inoltre, riduce la durata del ricovero, l’utilizzo ed i costi dell’assistenza sanitaria. Produce, anche, migliori competenze e sicurezza dei genitori, riduce lo stress per tutta la famiglia, migliora la cooperazione interdisciplinare, diminuendo il tasso di ri-ospedalizzazione.
Il percorso inizia al momento del ricovero e, quando possibile, già prima del parto e prosegue per tutta la durata della degenza, attraverso il progressivo accompagnamento verso l’autonomia del neonato e soprattutto dei genitori che devono assisterlo.
Rendere i genitori fiduciosi e preparati a portare a casa il loro bambino, attraverso il rinforzo di quanto appreso durante il ricovero, la condivisione di informazioni personalizzate ed esperienza pratica nel prendersi cura del loro bambino prima della dimissione è fondamentale.
Diventa necessario iniziare a introdurre dei programmi standardizzati che garantiscano la continuità delle cure dall’inizio del ricovero fino al domicilio, rendendo sicuro il passaggio dall’ospedale alla vita in casa. L’assistenza incentrata sul paziente, lo stretto coinvolgimento dei genitori e la condivisione delle decisioni sono essenziali, in particolare nei neonati con bisogni complessi. È importante, infatti, che il coinvolgimento familiare e i singoli interventi assistenziali siano integrati tra loro, per creare un efficace percorso di cura e di presa in carico.
In Italia circa 30.000 bambini ogni anno nascono prematuri. Il documento SIN
La SIN ha costituito un Gruppo di lavoro multidisciplinare sulla dimissione dalla TIN, che coinvolge il Gruppo di Studio della Care neonatale, quello del Follow-up e quello della Qualità delle cure, e altri diversi specialisti, nonché, naturalmente, i genitori e Vivere Onlus, in qualità di coordinamento delle Associazioni dei Genitori.
Frutto di questa collaborazione è il documento “Dimissione dalla TIN”, che ha visto anche il contributo dei Pediatri di Libera Scelta e che è rivolto alla cura di tutti i neonati ricoverati in Neonatologia e in TIN.
In tutto questo percorso, che vede al centro il neonato e i suoi genitori, collaborano e si potenziano a vicenda gli interventi di tutti gli operatori. In particolare, emerge il neonatologo, l’infermiere, la fisioterapista e la psicologa, ma anche la logopedista e le altre figure professionali che, negli ultimi anni, stanno trovando uno spazio di intervento sempre maggiore in TIN. L’obiettivo è offrire un sostegno per il raggiungimento degli “appuntamenti” funzionali del neonato.
Il progetto intende creare una crescente integrazione tra ospedale e territorio ed i servizi di Follow-up. Inoltre riconosce il ruolo fondamentale dei Pediatri di Libera scelta nel supporto della famiglia e nella condivisione del programma, prima della dimissione e del ritorno a casa.
La proposta operativa racchiude buone pratiche multi-professionali, per non rendere frammentario il programma di preparazione del genitore alla dimissione. Il fine è un rafforzamento della rete interdisciplinare per tutti gli interventi assistenziali necessari.
Le attività della Giornata Mondiale della Prematurità
“Tra abbracci reali e virtuali, spegniamo le luci e coloriamo di viola, per tenere accese le incubatrici”, è il messaggio lanciato dalla SIN. Quest’anno, insieme a Vivere Onlus, associazione dei genitori, non hanno chiesto ai Comuni ed agli Ospedali, come di consueto, di illuminare di viola.
La richiesta è stata di spegnere il 17 novembre 2022, monumenti ed edifici (simbolicamente per qualche minuto) e adottare un simbolo viola alternativo per i neonati prematuri. L’idea aderisce così anche alla campagna etica M’Illumino di meno 2023, promossa da Rai Radio2 e Caterpillar. L’attuale emergenza energetica ci invita a riflettere su soluzioni alternative e su come ognuno possa fare la sua parte e dare il proprio contributo, anche con un piccolo gesto – spiega la Società Italiana di Neonatologia.
Per sostenere i piccoli e le loro famiglie con un simbolo alternativo, la SIN ha predisposto il Kit SalvaEnergia per i Neonati Prematuri, in formato digitale, contenente una serie di file, liberamente utilizzabili e personalizzabili con aggiunta del logo di associazioni, comuni ed ospedali, per colorare di viola siti web, social network (pagine e profili Facebook, Twitter, Instagram, ecc.), ospedali e città.
Tema della Giornata: “il contatto”
Inoltre, in armonia con il tema della Giornata, “il contatto”, genitori, famiglie, neonatologi, infermieri, volontari e chiunque lo vorrà, sono invitati a condividere abbracci, reali e virtuali. Ognuno potrà, infatti, postare o inviare alla SIN, tramite la pagina Facebook @SIN.Neonatologia, foto e video – possibilmente inserendo un simbolo viola – di abbracci che coinvolgano i neonati prematuri, le loro famiglie, neonatologi, infermieri ecc. Tutti gli abbracci saranno ripostati e raccolti in un video finale. Il 17 novembre, alle ore 17:17, ci sarà una sorta di flash mob degli abbracci. In TIN, a casa, per strada, ovunque, ci si fermerà per dare e ricevere un abbraccio. Anche in questo caso, chi lo vorrà, potrà condividere sui social questo momento, utilizzando i tag ufficiali:#WPD2022 #GMP2022 #kangaroocare @SIN.Neonatologia @Vivere Onlus.
Il 17 novembre, infine, a partire dalle ore 18:00 fino alle 24:00, il Colosseo, simbolo del nostro Paese, si unirà in un grande abbraccio per i neonati prematuri. Grazie alla disponibilità del Parco Archeologico del Colosseo ed il Comune di Roma, sarà realizzata una video proiezione speciale, visibile da Largo Gaetana Agnesi e trasmessa in diretta sulla pagina Facebook della SIN.
Melanoma: identificata proteina alla base della resistenza al farmaco
Ricerca innovazioneI ricercatori hanno individuato alcune proteine significativamente interessate nei meccanismi cellulari alla base della resistenza del melanoma cutaneo a uno dei farmaci (il vemurafenib) più utilizzati per la cura. Una proteina in particolare, la diidrolipoamide deidrogenasi, un enzima cruciale per il metabolismo energetico di tutte le cellule, si è rivelata la più interessante.
Lo studio è stato coordinato dai ricercatori dell’ISS e pubblicato su Molecules – in collaborazione con colleghi dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, IDI-IRCCS di Roma e del Laboratorio di Bioinformatica e Biologia Computazionale dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR, di Avellino.
I dati della nuova scoperta
Proprio per combattere il problema della resistenza ai farmaci, sono state messe a punto alcune linee cellulari di melanoma resistenti a quello specifico farmaco antineoplastico. Non solo. “Abbiamo studiato le suddette cellule con tecniche di biologia cellulare e con tecniche molecolari di proteomica come quella del TRIDENT, messa a punto alcuni anni fa proprio nel nostro laboratorio – dichiara Francesco Facchiano, primo ricercatore del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS -. Quest’ultima tecnologia in particolare ci ha consentito, mentre eravamo alla ricerca delle diversità tra le cellule resistenti e le non resistenti, di analizzare sia le differenze di espressione, sia quelle di struttura e quindi di funzione, di più di 1000 proteine simultaneamente”.
Il melanoma cutaneo
Il melanoma cutaneo è un tumore che fa ancora paura. Nonostante alcuni buoni risultati ottenuti con le nuove terapie, se è diagnosticato in uno stadio avanzato resta tra i più aggressivi dei tumori della pelle.
I nuovi farmaci spesso riescono inizialmente a contrastare la crescita del tumore. Poi in molti casi insorge una resistenza ai farmaci stessi e la neoplasia riprende il sopravvento. Inoltre, negli ultimi anni si è registrato un ritardo nella diagnosi del melanoma. Durante la pandemia, infatti, gli screening per questo tipo di tumore (come anche per tutti gli altri tipi) sono stati eseguiti con minore frequenza.
Nel 2020, come si legge nei “Numeri del cancro in Italia 2020”, redatto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in Italia sono state stimate circa 14.900 nuove diagnosi di melanoma della cute: 8.100 negli uomini e 6.700 nelle donne.
Echinococcosi cistica: il primo studio sui casi in Europa
News PresaLa prima mappa epidemiologica della malattia in Europa è stata disegnata da uno studio nell’ambito del progetto europeo MEME. Il lavoro è stato coordinato dall’Iss ed è stato appena pubblicato dalla rivista The Lancet Infectious Diseases. L’obiettivo della ricerca quantitativa è diminuire il limite di incertezza sull’impatto dell’echinococcosi cistica umana in Europa.
Che cos’è l’echinococcosi cistica
L’echinococcosi cistica umana è un’infezione parassitaria cosmopolita causata dallo stadio larvale di un cestode appartenente al complesso di specie Echinococcus granulosus s.l. L’echinococcosi appartiene all’attuale gruppo di 20 malattie tropicali trascurate (Neglected Tropical Diseases, NTDs) prioritizzate dall’OMS a causa del loro impatto sulla salute globale.
Il verme adulto è una piccola tenia lunga pochi mm che parassita l’intestino tenue dei cani (ospiti definitivi). Le larve, invece, formate da una o più cisti parassitarie, infetta gli organi interni (principalmente il fegato e i polmoni) degli animali da allevamento come gli ovini (ospiti intermedi).
La malattia si trasmette all’uomo dagli ospiti definitivi tramite la contaminazione ambientale delle uova escrete dal verme adulto: può quindi avvenire per contatto mano-bocca con cani infetti o con superfici contaminate o per ingestione di alimenti o acque contaminate.
Nelle specie animali sensibili la malattia ha un decorso cronico ed asintomatico e la diagnosi è anatomopatologica in sede di ispezione post mortem al macello, con il ritrovamento delle cisti in uno o più organi.
Nell’uomo la malattia evolve generalmente in forma cronica senza sintomi specifici e nell’1-3% dei casi l’esito è fatale. Può quindi accadere che la malattia non sia diagnosticata per tutta od una parte della vita. In altri casi, viene scoperta a seguito di indagini strumentali (radiografie, ecografie, TAC) o per disfunzioni di organi interessati dalla presenza delle cisti che possono raggiungere anche i 20 cm di diametro.
I dati sull’incidenza dell’infezione
I dati sull’incidenza e sui trend sull’echinococcosi cistica sono stati estratti ed analizzati attraverso una revisione sistematica della letteratura scientifica pubblicata tra il 1997 e il 2021. L’incidenza media annuale è risultata di 0,64 casi per 100mila abitanti nel continente europeo, mentre nei soli paesi Ue è stata di 0,50 casi per 100mila.
L’infezione è stata valutata ad alta endemica (da uno a cinque casi ogni 100mila, secondo la definizione Oms) in otto paesi fra cui l’Italia. Nel nostro Paese l’incidenza è risultata di 1,21 per 100mila (circa 15mila casi umani riportati nel periodo considerato, con una diminuzione statisticamente significativa nel tempo dei casi). La Bulgaria ha registrato i numeri più alti (5,32 per 100mila).
In generale calano nei paesi del Mediterraneo i casi di echinococcosi cistica, un’infezione zoonotica rara. Invece il trend è segnalato in aumento in alcuni paesi sia nella parte orientale del continente (penisola balcanica) dove la malattia è storicamente endemica, sia nel nord, dove invece la patologia non è endemica. In questo caso sono importati e dovuti principalmente alle migrazioni e ai viaggi in paesi endemici.
Per quanto riguarda i trend, l’echinococcosi cistica rimane endemica in molte nazioni d’Europa, ma in generale con un calo dell’incidenza. Questo studio ha identificato in Europa un totale di circa 64mila casi umani, evidenziando quanto questa malattia infettiva parassitaria sia negletta dai sistemi sanitari nazionali anche in Europa.
Alimentazione: come influenza il rischio di tumore. Il progetto
News PresaI tumori sono una delle malattie più diffuse e la seconda causa di morte in Italia. Secondo le stime sono state circa 180.000 le vittime nel 2021 e 377.000 nuove diagnosi. Circa un quarto di queste ultime si potrebbe prevenire. Si calcola che la giusta combinazione fra alimentazione sana, peso forma e attività fisica possa ridurre fino al 30% il rischio di ammalarsi di tumore.
Da qui nasce il Progetto UMBERTO (Verso Una rinnovata epideMiologia nutrizionale e Biologica pEr la salvaguaRdia della saluTe e la prevenziOne dei tumori). Lo hanno sviluppato la Fondazione Umberto Veronesi e IRCCS Neuromed di Pozzilli.
Il progetto si avvale di una piattaforma informatica, una biobanca e una banca dati per approfondire il rapporto tra alimentazione e tumori. In particolare, ha un focus sulla dieta mediterranea, modello alimentare indiscusso di alimentazione sana ed equilibrata.
La dieta mediterranea come prevenzione
“Il progetto Umberto permetterà di osservare la dieta mediterranea da nuove angolazioni attraverso approcci integrati di epidemiologia – ha spiegato Maria Benedetta Donati, Direttore del Neuromed BioBanking Center di Pozzilli –. L’obiettivo è capire come alcune caratteristiche degli alimenti possano influenzare il nostro rischio a lungo termine di sviluppare un tumore, in particolare al seno, colon retto e prostata”.
“In parallelo – aggiunge Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione di Neuromed e Professore di Igiene e Salute Pubblica all’Università dell’Insubria, Varese-Como – verranno anche studiati i determinanti biologici collegati alle abitudini alimentari che possono influenzare il rischio di sviluppare tumori e altre malattie, nello specifico: infiammazione, attivazione dell’emostasi mediata dall’infiammazione e metabolismo dell’insulina”.
La ricerca sul ruolo dell’alimentazione
“In Occidente un quarto dei decessi è dovuto a malattie tumorali. È uno scenario preoccupante, che richiede di investire risorse non solo per migliorare terapie e diagnosi, ma per prevenirne l’insorgenza. È urgente studiare e valorizzare il ruolo degli stili di vita nella prevenzione di queste patologie, soprattutto per quanto riguarda le abitudini alimentari” – ha dichiarato Chiara Tonelli, Presidente del Comitato Scientifico di Fondazione e Professoressa di Genetica presso l’Università degli Studi di Milano.
“Da ormai vent’anni la nostra Fondazione è impegnata a promuovere la ricerca scientifica di eccellenza in oncologia e progetti di prevenzione – ha precisato Monica Ramaioli, Direttore Generale di Fondazione Umberto Veronesi -. In linea con questa missione, il Progetto Umberto e la Piattaforma congiunta Fondazione Umberto Veronesi e IRCCS Neuromed per lo studio di alimentazione, stili di vita e tumori rappresentano il capitolo più recente di un sodalizio avviato dal 2015, che ha visto Fondazione Umberto Veronesi impegnata nel finanziamento di 8 eccellenti ricercatori e ricercatrici e di un progetto biennale di studio sull’obesità”.
Il progetto UMBERTO
Il progetto UMBERTO verrà realizzato presso il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed. Sarà diretto dalla professoressa Licia Iacoviello e coordinato dalla dottoressa Marialaura Bonaccio, con un impegno della durata di cinque anni e un investimento di 1.030.000 euro da parte di Fondazione Umberto Veronesi. L’iniziativa è stata presentata oggi martedì 22 novembre presso il Parco Scientifico e Tecnologico di Neuromed a Pozzilli (Isernia).
Sigarette elettroniche aumentano rischio di ricaduta
News PresaLe sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato non aiutano smettere di fumare. I risultati di uno studio sono stati pubblicati sulla rivista Tobacco Control lo scorso mese. I dati dimostrano che questi strumenti aumentano le probabilità di iniziare a usare le sigarette tradizionali o di ricadere nell’abitudine al fumo se si era riusciti a smettere.
Sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Lo studio
Le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato sono inefficaci per abbandonare l’abitudine al fumo. Tutt’altro: aumentano il rischio che i non-fumatori inizino a fumare sigarette tradizionali. Inoltre, aumentano le possibilità per gli ex-fumatori di ricadere nella dipendenza da tabacco. La ricerca, realizzata con il sostegno di Fondazione AIRC, è stata coordinata da Silvano Gallus, a capo del laboratorio di epidemiologia degli stili di vita dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano.
“Lo sospettavamo da un po’ di tempo” dice Gallus. “I risultati di ricerche precedenti avevano mostrato che le vendite di sigarette tradizionali, dopo un lungo periodo di flessione, negli ultimi anni hanno cambiato tendenza. Parallelamente, anche la prevalenza del fumo in Italia ha smesso di diminuire, in concomitanza con l’immissione in commercio delle sigarette elettroniche e dei prodotti a tabacco riscaldato. Soprattutto negli ultimi tre anni si è osservato addirittura un aumento significativo del numero di fumatori tradizionali.”
I risultati
Lo studio, di tipo prospettico, ha coinvolto oltre 3.000 persone che abitano in Italia, di età tra i 18 e i 74 anni. Due volte, a 7 mesi di distanza, ha indagato le abitudini sul fumo.
I ricercatori hanno prima osservato le abitudini di chi non aveva mai fumato sigarette tradizionali. Se alla prima intervista, dichiaravano di usare le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato; alla seconda rilevazione, avevano una probabilità maggiore di aver cominciato a fumare sigarette tradizionali. Il rischio si è rivelato molto alto: rispettivamente 9 volte e 6 volte maggiore rispetto a chi non usava sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato.
Tra gli ex-fumatori, la probabilità che quanti usavano le sigarette elettroniche o a tabacco riscaldato all’inizio dello studio avessero ricominciato a fumare le sigarette tradizionali era rispettivamente 4 e 3 volte più alta rispetto a chi non usava questi prodotti.
Inoltre, tra coloro che all’inizio dello studio erano fumatori di sigarette tradizionali, il 15 per cento era riuscito a smettere di fumare entro la seconda rilevazione; tra questi, avevano maggiori probabilità di successo quanti non si erano affidati per smettere a sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato.
“Non sappiamo ancora quali siano gli effetti sulla salute di questi prodotti; adesso sappiamo però che, almeno nel contesto italiano, non sono utili per smettere di fumare e anzi spesso sono un incentivo per iniziare. Quest’ultimo aspetto è preoccupante soprattutto per quanto riguarda i più giovani” aggiunge Gallus, che grazie a al sostegno di AIRC ha appena iniziato un nuovo studio sugli effetti delle sigarette elettroniche.
Bambini discriminati più indietro. I dati del nuovo rapporto
BambiniIl razzismo e la discriminazione colpiscono la salute, l’istruzione, l’accesso ai servizi e a un sistema giudiziario equo dei bambini. Il rapporto “Diritti negati: l’impatto della discriminazione sui bambini” si basa su un’analisi di 22 Paesi e sottolinea le diffuse disparità fra minoranze e gruppi etnici. La discriminazione e l’esclusione aggravano le privazioni e la povertà intergenerazionale. Causano risultati peggiori in termini di salute, nutrizione e apprendimento per i bambini. Generano una maggiore probabilità di incarcerazione, tassi più elevati di gravidanza tra le ragazze adolescenti e tassi di occupazione e di guadagno più bassi in età adulta.
I dati sull’impatto della discriminazione sui bambini
Il nuovo rapporto dell’UNICEF è stato pubblicato in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza (20 novembre). Razzismo e discriminazione etnica, linguistica e religiosa sono diffusi nei paesi in tutto il mondo.
I bambini dei gruppi etnici, linguistici e religiosi emarginati, sono molto indietro rispetto ai loro coetanei nelle capacità di lettura. In media, gli studenti di età compresa tra i 7 e i 14 anni appartenenti al gruppo più avvantaggiato hanno più del doppio delle probabilità di avere competenze di base nella lettura rispetto a quelli del gruppo meno avvantaggiato.
Un’analisi dei dati sui tassi di bambini registrati alla nascita – prerequisito per l’accesso ai diritti di base – ha rilevato significative disparità fra i bambini di differenti religioni e gruppi etnici.
“Razzismo e discriminazione sistematici espongono i bambini a rischio di privazioni ed esclusione che possono durare tutta la vita”, ha dichiarato Catherine Russell, Direttore generale dell’UNICEF. “Ciò colpisce tutti noi. Proteggere i diritti di tutti i bambini – chiunque siano e da ovunque provengano – è il modo più sicuro per costruire un mondo più pacifico, prospero e giusto per ognuno”.
L’accesso ai vaccini
Il COVID-19 ha messo in luce profonde discriminazioni in tutto il mondo. Anche gli impatti del cambiamento climatico e dei conflitti continuano a rivelare disuguaglianze in molti Paesi. Il rapporto evidenzia come la discriminazione e l’esclusione persistano da tempo per milioni di bambini appartenenti a gruppi etnici e minoritari, anche per quanto riguarda l’accesso alle vaccinazioni, ai servizi idrici e igienici e a un sistema giudiziario equo.
Ad esempio, nelle politiche scolastiche degli Stati Uniti, i bambini con carnagione più scura hanno probabilità quasi quattro volte maggiori di ricevere sospensioni senza frequenza scolastica rispetto ai bambini di carnagione più chiara e più del doppio di subire arresti legati alla scuola, si legge nel rapporto.
Uno studio del 2022 su 64 Paesi ha rilevato che i bambini appartenenti a gruppi etnici minoritari hanno tassi di vaccinazione più bassi in oltre la metà dei Paesi. In cinque Paesi si sono registrati divari di 50 punti percentuali o più. I bambini appartenenti a un gruppo etnico maggioritario avevano una percentuale di zero dosi inferiore del 29% rispetto agli altri gruppi etnici dello studio.
Lo studio ha anche rilevato che i bambini appartenenti al gruppo etnico maggioritario di un Paese tendevano ad avere una percentuale di zero dosi inferiore rispetto al resto della popolazione. Le disparità riscontrate nei servizi di vaccinazione sono simili anche in altri servizi sanitari per i bambini.
Le principali discriminazioni
Il 63% degli intervistati afferma che la discriminazione è comune nei loro ambienti, come la scuola, la comunità o il posto di lavoro. L’origine nazionale (20%), l’età (17%) e l’identità di genere (15%) sono i principali motivi di discriminazione. Una percentuale maggiore fra gli intervistati più giovani dichiara che l’età è il motivo principale di discriminazione. Gli intervistati meno giovani citano l’origine nazionale e l’istruzione/reddito come motivi principali di discriminazione.
Il rapporto evidenzia anche come i bambini e i giovani sentano il peso della discriminazione nella loro vita quotidiana. Un nuovo sondaggio di U-Report (una piattaforma che consente ai giovani di tutto il mondo di esprimersi sulle questioni che li riguardano), ha raccolto più di 407.000 risposte. Ha rilevato che quasi due terzi dei rispondenti ritiene che la discriminazione sia comune nel loro ambiente. Quasi la metà, invece, ritiene che la discriminazione abbia avuto un impatto significativo sulla loro vita o su quella di qualcuno che conoscono.
“Nella Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza e ogni giorno, ogni bambino ha il diritto di essere incluso, protetto e avere uguali possibilità di raggiungere il proprio potenziale”, ha continuato Russell. “Tutto noi abbiamo il potere di combattere le discriminazioni di bambini – nei nostri paesi, nelle comunità, nelle scuole, a casa e nei nostri cuori. Dobbiamo usare questo potere”.
Prostata: abbassare il colesterolo riduce il rischio di cancro
Prevenzione, Stili di vitaAbbassare il livello del colesterolo aiuta anche a ridurre il rischio di ammalarsi di tumore alla prostata. I dati di un recente studio italiano lo dimostrano. Le più accreditate indicazioni nutrizionali spingono già a basare la propria dieta sui vegetali poiché, riducendo il livello del colesterolo nel sangue, si abbassa il rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari. Oggi sappiamo che si riducono anche le probabilità di sviluppare il cancro alla prostata. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Food & Function.
Altri studi precedenti avevano già suggerito un ruolo del colesterolo e dei suoi metaboliti nello sviluppo e nella progressione del cancro alla prostata. Tuttavia, le indagini sulle abitudini alimentari non avevano confermato la correlazione. Era stato, però, visto che gli uomini con un’alimentazione ricca di acidi grassi saturi o monoinsaturi, ricca in prodotti derivati da animali e in colesterolo, avevano un rischio aumentato di cancro.
Il nuovo studio ha dimostrato che più l’aderenza a una dieta sana aumenta, più il rischio di sviluppare un cancro alla prostata diminuisce. Per abbassare i livelli di colesterolo è importante agire sulle abitudini a tavola, per esempio aumentando l’apporto di vegetali e di frutta secca. “Questo è un risultato rilevante – sottolineano gli autori – considerando che gli uomini a rischio di sviluppare il cancro alla prostata hanno anche un alto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari” .
Tumore: oltre mille diagnosi al giorno in Italia
PrevenzioneOgni giorno in Italia oltre mille persone ricevono una diagnosi di tumore maligno. Nel nostro Paese vivono oltre 3 milioni e 600 mila persone con tumore. Grazie agli enormi progressi della medicina e della ricerca oggi i malati oncologici hanno una aspettativa di vita sempre più lunga. Spesso possono cronicizzarsi o guarire, per cui hanno bisogno di una nuova organizzazione assistenziale che corrisponda alle loro necessità nelle diverse fasi della malattia. Serve però una solida interazione tra ospedale e medici del territorio.
Dare risposte ai malati di tumore modulandole sulle loro esigenze. Garantire continuità assistenziale dall’ospedale al territorio, affinché non si sentano abbandonati durante i percorsi di follow-up, guarigione o nella fase più delicata delle cure palliative. È questa una delle nuove sfide dell’oncologia che richiede una riorganizzazione assistenziale basata sulla sinergia tra oncologi ospedalieri e medici di medicina generale. Un “ponte” tra ospedale e territorio che deve avere fondamenta solide.
Il confronto tra specialisti e medici
Da qui è partita la Seconda edizione del CIPOMO DAY, dal titolo “Il tempo della transizione” – tenutasi qualche giorno fa in versione virtuale in tutta Italia dal Collegio Italiano Primari Oncologi Ospedalieri in collaborazione con la FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri.
Specialisti oncologi e Medici di medicina generale si sono confrontati sul tema. Uno degli obiettivi è individuare le modalità di integrazione con gli specialisti ospedalieri affinché venga facilitato il percorso di presa in carico del paziente.
L’integrazione ospedale – territorio
“Si parla tanto di integrazione ospedale territorio – dichiara Luigi Cavanna, Presidente del CIPOMO – e, per perseguirla, sono preziose le occasioni di confronto costruttivo tra specialisti oncologi e Medici di famiglia. Ecco perché con il CIPOMO DAY, in maniera pionieristica, abbiamo voluto con forza dare vita ad un evento che ha proprio questo obiettivo: solo attraverso la collaborazione tra oncologi e i Medici di famiglia è possibile capire come mettere a terra le strategie necessarie a dare risposte a questi differenti bisogni”.
In Italia sono oltre 3 milioni e 600 mila persone con tumore
In Italia vivono oltre 3 milioni e 600 mila persone con tumore. “Una categoria di pazienti estremamente eterogenea – spiega il Presidente del CIPOMO – che annovera persone già guarite o che stanno intraprendendo un percorso verso la guarigione e quindi sottoposte a terapie chiamate ‘neoadiuvante o adiuvante’. Pazienti in follow up ed anche quanti invece devono combattere con un tumore metastatizzato, la cui guarigione diventa molto più difficile da raggiungere. Tutte persone con bisogni estremamente diversi che hanno come unico e solo punto di riferimento le oncologie delle strutture ospedaliere”.
Questo non è più sufficiente: “Dobbiamo capire come governare questo necessario percorso di ‘transizione territoriale’ – aggiunge il prof Cavanna – come gestire il passaggio di consegne ospedale-territorio in maniera coordinata e di collaborazione continuativa tra specialista, Medico di medicina generale e un domani l’oncologo che andrà sul territorio”.
Mortalità per tumore in riduzione in Italia
E i numeri del cancro confermano la necessità di questa sinergia. In Italia la mortalità per tumore nel 2021 è in riduzione, con una stima di 181.330 decessi nel 2021 (100.200 uomini e 81.100 donne), con un calo di 1.870 morti rispetto all’anno precedente. Anche i tassi di mortalità per tutti i tumori nel nostro Paese sono decisamente più bassi rispetto alla media europea, e nel corso degli ultimi 6 anni sono diminuiti del 9.7% negli uomini e dell’8% nelle donne. Dati molto incoraggianti si sono registrati in particolare per il tumore dello stomaco(-18.4% negli uomini e -25% nelle donne) e del colon-retto (-13.6% e -13.2% rispettivamente in uomini e donne). Per il tumore del polmone si assiste ad una riduzione del tasso di mortalità del 15.6% negli uomini mentre, al contrario vi è un aumento del 5% nelle donne.
“I numeri – conclude Cavanna – evidenziano come l’impegno degli oncologi italiani nella clinica e nella ricerca stia dando notevoli risultati e confermano la necessità di una unità di intenti con una collaborazione più estesa e stringente con colleghi di altre discipline e segnatamente con i colleghi di medicina generale”
“Collaborazione è la parola chiave – conferma il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli – che si declina nella sinergia tra professionisti, nell’integrazione tra ospedale e territorio, nella continuità delle cure, per una presa in carico a tutto tondo della persona. È giusto e positivo anche per la riuscita della terapia che il paziente trovi tutte le migliori competenze e prestazioni professionali laddove gli servono, sul territorio, e quando gli occorrono, senza tempi di attesa”.
Nati prematuri, un abbraccio può salvare la vita
Bambini, News Presa, PediatriaNel nostro Paese sono circa 30.000 i bambini che ogni anno nascono prematuri. Significa che sono venuti al mondo prima della 37ª settimana di gestazione. L’immaturità dei vari organi (polmoni, cervello, intestino, cuore), è tanto più grave, quanto più il parto avviene in anticipo. Non sono ancora pronti ad adattarsi da soli alla vita fuori dal grembo materno. Richiedono assistenza e cure dedicate nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale. Richiedono un personale medico ed infermieristico altamente specializzato, le più moderne attrezzature e la vicinanza dei loro genitori.
Giornata Mondiale della Prematurità
“L’abbraccio di un genitore: una terapia potente. Sostenere il contatto pelle a pelle fin dal momento della nascita.” Questo è il tema della Giornata Mondiale della Prematurità 2022, che si celebra oggi, 17 novembre 2022. Si tratta di una campagna di sensibilizzazione della Fondazione Europea per la cura dei neonati pretermine (EFCNI). Quest’anno l’accento è posto proprio su uno degli aspetti fondamentali della cura del neonato prematuro: il contatto con mamma e papà.
In occasione della giornata, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ribadisce, insieme a Vivere Onlus Coordinamento Nazionale delle Associazioni per la Neonatologia, l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica ed i decisori istituzionali su una problematica spesso sottovalutata.
Abbraccio, una terapia per i prematuri
“Per garantire la sopravvivenza ed una buona qualità di vita ai neonati prematuri, occorrono ospedali attrezzati, personale specializzato ed attento alle esigenze, non solo del neonato, ma di tutta la famiglia. I genitori devono poter stare con il loro bambino 24 ore su 24, per il loro benessere fisico e psicologico, per nutrire il legame familiare che sta nascendo e per alleviare, anche con il calore di un abbraccio, il peso di un evento inaspettato, come quello della prematurità”, afferma il Dott. Luigi Orfeo, Presidente della SIN. “È necessario, inoltre, favorire il contatto pelle a pelle, anche allo scopo di facilitare l’avvio dell’allattamento materno e coinvolgere la famiglia in ogni fase del ricovero, fino alle dimissioni ed anche oltre. Ma per fare questo c’è bisogno di un sistema strutturato e di un lavoro in sinergia, tra personale sanitario, istituzioni e famiglie. Una vera e propria missione che noi neonatologi portiamo avanti da sempre e per la quale lavoriamo tutti i giorni, dentro e fuori i nostri reparti.”
Gli effetti positivi del contatto
Gli effetti positivi a breve e lungo termine della Care della famiglia, le cure individualizzate centrate sul nucleo familiare dei piccoli prematuri, sono ormai noti. Quando i neonati ricoverati in TIN vengono separati dai loro genitori, diventa difficile per le mamme e i papà assumere il ruolo di caregivers primari. La vicinanza dei genitori è una risorsa per lo sviluppo del neonato prematuro. Tra i principali benefici ci sono: la riduzione della durata del ricovero ospedaliero e del tasso di complicanze mediche, il miglioramento della regolazione del sonno e della gestione del dolore e dello stress, sia del piccolo che dei genitori, il miglioramento dell’outcome relativo allo sviluppo del bambino e della qualità della vita nel corso dell’infanzia, l’aumento della Kangaroo Care e dell’allattamento al seno.
Per questo la SIN ha pensato ad un percorso di “coinvolgimento attivo dei genitori”. Lo scopo è consentire loro di acquisire competenze e conoscenze tecniche, comfort emotivo e fiducia nella cura del proprio bambino, durante il ricovero, fino al momento della dimissione.
La dimissione dalla TIN, il sostegno ai genitori
La dimissione di un neonato dopo l’esperienza in Terapia Intensiva Neonatale è sempre un momento di grande felicità. Tuttavia, emergono anche paura, dubbi ed incertezze. I genitori si ritrovano a gestire una situazione nuova, senza il sostegno ricevuto fino a quel momento in ospedale. L’equipe multidisciplinare, che si prende cura della triade neonato/genitori, con sensibilità e conoscenza, ha il compito dimodulare, ricalibrare e individualizzare continuamente gli interventi assistenziali, con l’obiettivo di accompagnare, in un percorso abilitativo, la famiglia, fino al ritorno a casa. All’inizio, gli operatori sono maggiormente coinvolti nelle cure del neonato. Verso la dimissione, invece, i genitori sono in grado di agire in autonomia, supportati dall’equipe.
Preparazione migliora gli esiti dei bambini prematuri
Una preparazione efficace della dimissione migliora gli esiti dei bambini nati molto pretermine nel passaggio dall’ospedale al domicilio. Inoltre, riduce la durata del ricovero, l’utilizzo ed i costi dell’assistenza sanitaria. Produce, anche, migliori competenze e sicurezza dei genitori, riduce lo stress per tutta la famiglia, migliora la cooperazione interdisciplinare, diminuendo il tasso di ri-ospedalizzazione.
Il percorso inizia al momento del ricovero e, quando possibile, già prima del parto e prosegue per tutta la durata della degenza, attraverso il progressivo accompagnamento verso l’autonomia del neonato e soprattutto dei genitori che devono assisterlo.
Rendere i genitori fiduciosi e preparati a portare a casa il loro bambino, attraverso il rinforzo di quanto appreso durante il ricovero, la condivisione di informazioni personalizzate ed esperienza pratica nel prendersi cura del loro bambino prima della dimissione è fondamentale.
Diventa necessario iniziare a introdurre dei programmi standardizzati che garantiscano la continuità delle cure dall’inizio del ricovero fino al domicilio, rendendo sicuro il passaggio dall’ospedale alla vita in casa. L’assistenza incentrata sul paziente, lo stretto coinvolgimento dei genitori e la condivisione delle decisioni sono essenziali, in particolare nei neonati con bisogni complessi. È importante, infatti, che il coinvolgimento familiare e i singoli interventi assistenziali siano integrati tra loro, per creare un efficace percorso di cura e di presa in carico.
In Italia circa 30.000 bambini ogni anno nascono prematuri. Il documento SIN
La SIN ha costituito un Gruppo di lavoro multidisciplinare sulla dimissione dalla TIN, che coinvolge il Gruppo di Studio della Care neonatale, quello del Follow-up e quello della Qualità delle cure, e altri diversi specialisti, nonché, naturalmente, i genitori e Vivere Onlus, in qualità di coordinamento delle Associazioni dei Genitori.
Frutto di questa collaborazione è il documento “Dimissione dalla TIN”, che ha visto anche il contributo dei Pediatri di Libera Scelta e che è rivolto alla cura di tutti i neonati ricoverati in Neonatologia e in TIN.
In tutto questo percorso, che vede al centro il neonato e i suoi genitori, collaborano e si potenziano a vicenda gli interventi di tutti gli operatori. In particolare, emerge il neonatologo, l’infermiere, la fisioterapista e la psicologa, ma anche la logopedista e le altre figure professionali che, negli ultimi anni, stanno trovando uno spazio di intervento sempre maggiore in TIN. L’obiettivo è offrire un sostegno per il raggiungimento degli “appuntamenti” funzionali del neonato.
Il progetto intende creare una crescente integrazione tra ospedale e territorio ed i servizi di Follow-up. Inoltre riconosce il ruolo fondamentale dei Pediatri di Libera scelta nel supporto della famiglia e nella condivisione del programma, prima della dimissione e del ritorno a casa.
La proposta operativa racchiude buone pratiche multi-professionali, per non rendere frammentario il programma di preparazione del genitore alla dimissione. Il fine è un rafforzamento della rete interdisciplinare per tutti gli interventi assistenziali necessari.
Le attività della Giornata Mondiale della Prematurità
“Tra abbracci reali e virtuali, spegniamo le luci e coloriamo di viola, per tenere accese le incubatrici”, è il messaggio lanciato dalla SIN. Quest’anno, insieme a Vivere Onlus, associazione dei genitori, non hanno chiesto ai Comuni ed agli Ospedali, come di consueto, di illuminare di viola.
La richiesta è stata di spegnere il 17 novembre 2022, monumenti ed edifici (simbolicamente per qualche minuto) e adottare un simbolo viola alternativo per i neonati prematuri. L’idea aderisce così anche alla campagna etica M’Illumino di meno 2023, promossa da Rai Radio2 e Caterpillar. L’attuale emergenza energetica ci invita a riflettere su soluzioni alternative e su come ognuno possa fare la sua parte e dare il proprio contributo, anche con un piccolo gesto – spiega la Società Italiana di Neonatologia.
Per sostenere i piccoli e le loro famiglie con un simbolo alternativo, la SIN ha predisposto il Kit SalvaEnergia per i Neonati Prematuri, in formato digitale, contenente una serie di file, liberamente utilizzabili e personalizzabili con aggiunta del logo di associazioni, comuni ed ospedali, per colorare di viola siti web, social network (pagine e profili Facebook, Twitter, Instagram, ecc.), ospedali e città.
Tema della Giornata: “il contatto”
Inoltre, in armonia con il tema della Giornata, “il contatto”, genitori, famiglie, neonatologi, infermieri, volontari e chiunque lo vorrà, sono invitati a condividere abbracci, reali e virtuali. Ognuno potrà, infatti, postare o inviare alla SIN, tramite la pagina Facebook @SIN.Neonatologia, foto e video – possibilmente inserendo un simbolo viola – di abbracci che coinvolgano i neonati prematuri, le loro famiglie, neonatologi, infermieri ecc. Tutti gli abbracci saranno ripostati e raccolti in un video finale. Il 17 novembre, alle ore 17:17, ci sarà una sorta di flash mob degli abbracci. In TIN, a casa, per strada, ovunque, ci si fermerà per dare e ricevere un abbraccio. Anche in questo caso, chi lo vorrà, potrà condividere sui social questo momento, utilizzando i tag ufficiali:#WPD2022 #GMP2022 #kangaroocare @SIN.Neonatologia @Vivere Onlus.
Il 17 novembre, infine, a partire dalle ore 18:00 fino alle 24:00, il Colosseo, simbolo del nostro Paese, si unirà in un grande abbraccio per i neonati prematuri. Grazie alla disponibilità del Parco Archeologico del Colosseo ed il Comune di Roma, sarà realizzata una video proiezione speciale, visibile da Largo Gaetana Agnesi e trasmessa in diretta sulla pagina Facebook della SIN.
Covid, un nuovo test per predire l’effetto degli anticorpi
CovidDopo il vaccino anti Covid o a seguito di un contagio, ciò che è importante capire è se gli anticorpi sviluppati saranno in grado di proteggerci da una nuova infezione. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, in collaborazione con l’Istituto nazionale per le malattie infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani, ha messo a punto un test per determinare il livello di anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 nel sangue umano di persone vaccinate o infettate: identificare il livello di tali anticorpi -denominati nAbs- in grado di bloccare lo sviluppo del virus è, infatti, un importante indice predittivo per ciò che concerne la risposta immunitaria in pazienti affetti da Covid e in persone vaccinate.
METODOLOGIA INNOVATIVA
«Normalmente la presenza di questi anticorpi nel siero viene determinata attraverso il test di microneutralizzazione, nel quale viene utilizzato il virus vivo con capacità infettante: per questo motivo, il test può essere effettuato soltanto in laboratori ad alto indice di sicurezza, identificati come BSL3», spiega spiega Piergiuseppe De Berardinis, primo ricercatore del Cnr-Ibbc e autore della ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Immunology. Lo studio consente, invece, di effettuare analisi in condizioni di contenimento che sono meno rigorose, in ambienti con livelli di biosicurezza (BLS) 1 e 2. In pratica i ricercatori hanno messo a punto un test che permette una rapida verifica dell’attività neutralizzante degli anticorpi nei confronti delle varianti del virus, che destano particolare preoccupazione nella popolazione per il loro grado di infettività.
NUOVA TECNOLOGIA
Questa nuova tecnologia potrà essere anche usata per uno screening su larga scala e potrà essere utilizzata anche per pianificare strategie di vaccinazione maggiormente personalizzate. “La recente pandemia da SARS-CoV2 ha ribadito l’importanza dell’immunologia e soprattutto il valore traslazionale di questa scienza, la capacità di trovare un’applicazione clinica alle scoperte scientifiche che avvengono nei laboratori di ricerca: questo studio ne costituisce una ulteriore dimostrazione”, conclude De Berardinis.
Carcinoma gastrico avanzato HER2+, CHMP raccomanda farmaco
News PresaIl Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’European Medicines Agency (EMA) ha raccomandato l’approvazione di trastuzumab deruxtecan per i pazienti con carcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea in stadio avanzato HER2-positivo e precedentemente trattati con un regime a base di trastuzumab.
L’opinione positiva si basa sui risultati dello studio DESTINY-Gastric02. Infatti, trastuzumab deruxtecan (T-DXd) ha dimostrato un’efficacia clinicamente significativa, così come nello studio DESTINY-Gastric01, in cui T-DXd ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia.
Carcinoma gastrico avanzato HER2+, CHMP raccomanda farmaco
Il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha raccomandato l’approvazione in UE di trastuzumab deruxtecan di Daiichi Sankyo e AstraZeneca come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con adenocarcinoma dello stomaco o della giunzione gastroesofagea (GEJ) HER2-positivo avanzato, che hanno ricevuto un precedente trattamento a base di trastuzumab.
Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo farmaco-coniugato specificamente ingegnerizzato per essere diretto contro il recettore HER2. Il CHMP ha basato il suo parere favorevole sui risultati degli studi di fase 2 DESTINY-Gastric02 e DESTINY-Gastric01
Lo studio DESTINY-Gastric02
Nello studio DESTINY-Gastric02, condotto su pazienti provenienti dal Nord America e dall’Europa, i risultati aggiornati hanno mostrato che il trattamento con trastuzumab deruxtecan ha portato a un tasso di risposta obiettiva confermata (cORR) del 41,8% (intervallo di confidenza [IC] del 95%: 30,8-53,4), come valutato dalla revisione centrale indipendente (independent central review, ICR).
La durata mediana della risposta (DoR) è stata di 8,1 mesi (IC al 95%: 5,9-Non stimabile). La sopravvivenza globale mediana (OS) è stata di 12,1 mesi (IC al 95%: 9,4-15,4). I risultati primari dello studio di fase 2 DESTINY-Gastric02 sono stati presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) del 2021 e poi aggiornati all’ESMO 2022.
Lo DESTINY-Gastric01
Nello studio DESTINY-Gastric01, condotto su pazienti provenienti da Giappone e Corea del Sud, il trattamento con trastuzumab deruxtecan ha determinato un ORR del 51,3% (IC al 95%: 41,9-60,5), rispetto al 14,3% (IC al 95%: 6,4-26,2) con la chemioterapia (irinotecan o paclitaxel), come valutato dall’ICR (p<0,0001). L’ORR confermata, uno dei principali risultati di efficacia, è stato del 42,0% (IC al 95%: 33,0-51,4) con trastuzumab deruxtecan rispetto al 12,5% (IC al 95%: 5,2-24,1) con la chemioterapia, come valutato dall’ICR. I pazienti trattati con trastuzumab deruxtecan hanno anche registrato una riduzione del 40% del rischio di morte rispetto ai pazienti trattati con la chemioterapia (hazard ratio [HR] = 0,60; IC al 95%: 0,42-0,86, p=0,01) con una OS mediana di 12,5 mesi (IC al 95%: 10,3-15,2) contro 8,9 mesi (IC al 95%: 6,4-10,4).
L’analisi primaria è stata pubblicata sul The New England Journal of Medicine, con dati aggiornati presentati al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) del 2021.
La raccomandazione sarà ora revisionata dalla Commissione Europea, che ha l’autorità di concedere le autorizzazioni all’immissione in commercio dei farmaci nell’UE.“Trastuzumab deruxtecan è il primo farmaco anti-HER2 a dimostrare, nei pazienti con carcinoma gastrico, un miglioramento significativo della sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia, dopo il trattamento iniziale con un farmaco anti-HER2 somministrato in fase avanzata o metastatica”, ha dichiarato Ken Takeshita, MD, Capo Globale Ricerca & Sviluppo di Daiichi Sankyo. “Il parere del CHMP riconosce l’elevato bisogno insoddisfatto in questa popolazione di pazienti e ci porta a un passo dal poter fornire questo farmaco ai pazienti europei affetti da carcinoma gastrico”.
La sicurezza
“In molti Paesi europei, il tumore gastrico viene solitamente diagnosticato in fase avanzata e i pazienti devono far fronte a tassi di mortalità elevati”, spiega Susan Galbraith, MBBChir, PhD, Vice Presidente esecutivo dell’R&S Oncologia di AstraZeneca, “Se approvato, trastuzumab deruxtecan sarebbe il primo farmaco anti-HER2 in oltre un decennio destinato a pazienti dell’Unione Europea con carcinoma gastrico avanzato “.
In DESTINY-Gastric02, il profilo di sicurezza osservato nei pazienti trattati con trastuzumab deruxtecan è stato coerente con quello osservato in altri studi su questo ADC e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. Eventi avversi emersi dal trattamento (TEAE) di grado 3 o superiore si sono verificati nel 55,7% dei pazienti che hanno ricevuto trastuzumab deruxtecan 6,4 mg/kg. Il più comune TEAE di grado 3 o superiore correlato al trattamento, verificatosi in ≥10% dei pazienti che hanno ricevuto trastuzumab deruxtecan, è stato l’anemia (13,9%). Ci sono stati otto casi (10,1%) di malattia polmonare interstiziale (ILD) o polmonite correlate al trattamento, come stabilito da un comitato di valutazione indipendente. La maggior parte (sei) erano di basso grado (grado 1 o 2), con due eventi riportati di ILD o polmonite di grado 5.
In DESTINY-Gastric01, il profilo di sicurezza osservato nei pazienti trattati con trastuzumab deruxtecan è stato coerente con quello osservato in altri studi su questo ADC e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. Eventi avversi di grado 3 o superiore emersi dal trattamento si sono verificati nell’85,6% dei pazienti che hanno ricevuto trastuzumab deruxtecan 6,4 mg/kg. I più comuni eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o superiore, che si sono verificati in ≥20% dei pazienti che hanno ricevuto trastuzumab deruxtecan, sono stati: diminuzione della conta dei neutrofili (51,2%), anemia (38,4%) e diminuzione della conta dei globuli bianchi (20,8%). Ci sono stati 16 casi (12,8%) di ILD o polmonite correlati al trattamento, come stabilito da un comitato di valutazione indipendente. La maggior parte (13) sono stati di basso grado (grado 1 o 2), con due eventi di grado 3 e uno di grado 4. Non si sono verificati eventi di ILD o di polmonite di grado 5.
Trastuzumab deruxtecan non è ancora approvato nell’UE per il trattamento del carcinoma gastrico avanzato ed è soggetto a monitoraggio addizionale.
Il Carcinoma gastrico HER2-positivo metastatico
Il carcinoma gastrico (dello stomaco) è il quinto tumore più comune al mondo e la quarta principale causa di morte per cancro, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 5-10% nei casi di malattia avanzata o metastatica. Nel 2020, sono stati segnalati circa un milione di nuovi casi e 768.000 decessi a livello globale.
In Europa, ogni anno vengono diagnosticati circa 136.000 casi di cancro gastrico, e l’Europa orientale ha il secondo più alto tasso di incidenza del carcinoma gastrico del mondo, dopo l’Asia orientale. Il carcinoma gastrico è la sesta causa di morte per cancro in Europa, e viene solitamente diagnosticato in stadio avanzato, ma anche quando la diagnosi avviene nelle fasi iniziali, la sopravvivenza rimane modesta.
Circa un carcinoma gastrico su cinque risulta HER2-positivo. HER2 è un recettore tirosin-chinasico che favorisce la crescita tumorale ed è espresso sulla superficie di molti tipi di cancro, inclusi quello della mammella, dello stomaco, del polmone e del colon-retto.7 L’iper-espressione di HER2 può essere associata a una specifica alterazione del gene HER2 nota come amplificazione di HER2.8
Il trattamento di prima linea raccomandato per il carcinoma gastrico avanzato o metastatico HER2-positivo è la chemioterapia in associazione con trastuzumab, un farmaco anti-HER2, che ha dimostrato un miglioramento degli outcomes se aggiunto alla chemioterapia. Per i pazienti in cui il carcinoma gastrico progredisce nonostante un trattamento iniziale a base di trastuzumab, le opzioni di trattamento restano limitate, e in molte aree del mondo non sono disponibili ulteriori farmaci anti-HER2.