Tempo di lettura: 4 minutiOltre 7 persone su 10 con diabete soffrono di malattie cardiovascolari e la metà non ne è consapevole. Dall’analisi dello scenario italiano, stimolato dalla Fondazione Italiana per il Cuore, emergono dati preoccupanti che hanno richiamato l’attenzione degli esperti.
La sindrome “cardio-metabolica” è la definizione che meglio esprime la situazione che coinvolge il 70% delle persone con diabete (2,5 milioni su un totale di 3,8 milioni) per i quali gli eventi cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte.
L’occasione per affrontare con gli esperti la situazione italiana e tracciare gli approcci più idonei, nasce dalla Fondazione Italiana per il Cuore. In particolare, per proseguire il percorso internazionale sulla prevenzione di questa combinazione di patologie, promossa dalla World Heart Federation (WHF). Le roadmap elaborate dalla WHF hanno l’obiettivo di identificare potenziali ostacoli sul percorso verso un’efficace prevenzione, individuazione e gestione delle patologie cardiovascolari, insieme a soluzioni basate sull’evidenza per superarli.
LA ROADMAP SULLA PREVENZIONE
“E’ un privilegio e un onore che la Fondazione Italiana per il Cuore rappresenti l’Italia all’interno del network globale di cui la WHF è leader e coordinatore, formato da più di 200 fondazioni cardiache, società scientifiche e organizzazioni di pazienti in più di 100 paesi.
Collaboriamo attivamente affinché la salute del cuore diventi una priorità – interviene Emanuela FOLCO, Presidente della Fondazione Italiana per il Cuore – per ridurre il carico globale di malattie cardiache e ictus che insieme mietono 18,6 milioni di vittime ogni anno. Uno dei focus è la sindrome cardio-metabolica nelle persone con diabete, di cui la metà non ne è purtroppo consapevole, e che è la causa di un preoccupante aumento di decessi del 70% negli ultimi 10 anni”.
“La Roadmap sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nelle persone affette da diabete sviluppata dalla WHF in collaborazione con l’International Diabetes Federation – proseguono Fernando LANAS, WHF Roadmap Liaison Officer, WHF Science Committee member e Dan GAITA, rappresentante della World Heart Federation – è un documento di riferimento fondamentale per chiunque sia coinvolto nella gestione di queste patologie a partire dalla pianificazione, organizzazione, implementazione, monitoraggio e valutazione degli approcci. Delinea una visione di un percorso di cura ideale, i potenziali ostacoli lungo questo percorso e le soluzioni proposte, con esempi tratti dalla pratica”.
LA SCORECARD CON I DATI ITALIANI
Tra i dati raccolti nella Scorecard sulle malattie cardiovascolari in Italia, emerge che sono circa 3,8 milioni le persone con diabete (di tipo 1 e 2) di cui il 70% è in trattamento con farmaci antiipertensivi e il 60,8% è in trattamento ipolipemizzante. Preoccupa anche la situazione che coinvolge quasi la metà dei pazienti (49%) che non è a target pressorio nonostante il trattamento.
“A ulteriore dimostrazione dell’importanza del rapporto tra diabete e malattie cardiovascolari, c’è il dato allarmante sulla percentuale che oscilla tra il 60% e l’80% delle persone con diabete che muoiono a causa di malattie cardiovascolari. Un ulteriore dato – interviene Paolo DI BARTOLO, Presidente Fondazione AMD (Associazione Medici Diabetologi) – è rappresentato dal 20,9% di pazienti con un elevato rischio cardiovascolare, seguito dal 15% che ha già avuto infarto, ictus o complicanze vascolari agli arti inferiori, numeri impressionanti che danno una chiara idea della rilevanza del problema. Su questi dati si inseriscono le informazioni sulla malattia renale che risulta in circa il 40% dei pazienti”.
“Uno screening cardiovascolare accurato nel paziente diabetico, assieme a una stima complessiva del rischio cardiovascolare – continua Massimo VOLPE, Presidente SIPREC e Università la Sapienza Roma – costituisce un’azione di fondamentale importanza per poter mettere in atto le misure terapeutiche individuali più appropriate”.
I FATTORI DI RISCHIO IN ITALIA
La situazione italiana, dal punto di vista della mortalità prematura e totale sommata all’aspettativa di vita, appare ancora confortante.
“Tuttavia, non lo è per quanto riguarda la prevalenza e il controllo dei principali fattori di rischio cardiovascolare quali, ad esempio, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione arteriosa, il fumo, la sedentarietà (fattori legati allo stile di vita non salutare rilevabile, purtroppo, anche negli adolescenti). Considerando che stiamo parlando di fattori di rischio modificabili – prosegue Paolo MAGNI, Coordinatore Comitato Scientifico Fondazione Italiana per il Cuore e Università degli Studi di Milano e Roberto VOLPE, Consiglio Nazionale delle Ricerche-CNR e SIPREC (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) – tutti noi dobbiamo impegnarci a fondo per far sì che l’Italia continui a essere uno dei paesi più longevi al mondo e che tale longevità sia in buona salute”.
DIABETE: TRA INERZIA E ADERENZA:
“Le recenti linee guida SID-AMD rappresentano un punto importante di svolta nella gestione del diabete e in particolare della cosiddetta “sindrome cardio-metabolica”, dove sono stati chiaramente individuati gli interventi farmacologici (e non solo) per “aggredire” in modo efficace questa problematica. Ci sono due aspetti rilevanti che ancora ostacolano il raggiungimento dei target prefissati. Da un lato “l’inerzia” terapeutica – commenta Angelo AVOGARO, Presidente SID (Società Italiana di Diabetologia) e Università di Padova – ossia la resistenza da parte dei clinici ad utilizzare farmaci innovativi, più efficaci e allo stesso tempo più sicuri, che consentirebbero di raggiungere i target prefissati in modo più semplice e sicuro. Dall’altro, la mancanza di “aderenza” da parte dei pazienti con patologie croniche: infatti il 50% dei pazienti interrompe (o modifica) la terapia senza confrontarsi con il proprio medico a pochi mesi dal suo inizio”.
L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE NEL DIABETE
I pazienti diabetici hanno un rischio aumentato di sviluppare aterosclerosi e malattia coronarica. La diagnosi precoce della malattia coronarica nel paziente diabetico è quindi fondamentale per la prevenzione e la gestione efficace delle complicanze cardiovascolari.
“L’imaging non invasivo, come la tomografia computerizzata coronarica o la risonanza magnetica cardiaca, può fornire informazioni dettagliate sulla presenza, sulla gravità e sulla localizzazione della malattia coronarica senza ricorrere alle procedure invasive come l’angiografia coronarica. L’imaging può essere utile anche per valutare il rischio di eventi cardiovascolari futuri – conclude Daniele ANDREINI, Direttore UO Cardiologia Clinica, Imaging e di Cardiologia dello Sport, I.R.C.C.S. Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio – e per monitorare l’efficacia del trattamento nel tempo, oppure fornire informazioni sulla presenza e sulla gravità della placca aterosclerotica che è associata a un maggiore rischio di eventi cardiovascolari”.
Invecchiamento attivo: 23% in Italia over 65. Nasce Intergruppo
Benessere, News Presa, One healthGli over 65 in Italia sono 14 milioni e costituiscono il 23% della popolazione. L’invecchiamento attivo trova spazio in Parlamento con la costituzione di un Intergruppo Parlamentare. La notizia è stata data nel corso dell’evento di presentazione, organizzato dal Sen. Zullo (FdI) in collaborazione con l’On. Ciani (PD-IDP), promotori dell’iniziativa. L’evento organizzato insieme a HappyAgeing – Alleanza Italiana per l’Invecchiamento Attivo si è tenuto presso il Senato della Repubblica.
“I Paesi che fanno parte dell’Unione europea dovrebbero creare le condizioni per un tangibile e sano invecchiamento attivo dei suoi abitanti – afferma il Sen. Ignazio Zullo, 10ª Commissione Permanente “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale”, Senato della Repubblica – Fratelli d’Italia. Per questo motivo – prosegue – anche noi che rappresentiamo l’Italia dobbiamo impegnarci affinché vengano concretamente attuate politiche che vadano in questa direzione, puntando in particolar modo alle aree rilevanti per le persone anziane quali immunizzazione, alimentazione, attività fisica, screening e corretto utilizzo dei farmaci”.
“L’invecchiamento attivo implica l’idea che la vecchiaia non debba essere vista come un momento di declino e isolamento, ma come una fase della vita in cui è possibile continuare a mantenere un ruolo attivo nella società prevenendo situazioni di isolamento e marginalizzazione e garantire una buona qualità della vita – sostiene l’On. Paolo Ciani, Segretario 12ª Commissione “Affari Sociali”, Camera dei Deputati – Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista.
“Tutto ciò – prosegue – nel più totale rispetto dalla persona e delle sue libere determinazioni, che è necessario salvaguardare anche e soprattutto nei momenti in cui la persona si trova nei momenti di debolezza, quale è certamente la vecchiaia. In questa prospettiva gli stessi fondamentali aspetti sanitari e assistenziali vanno considerati solo come una parte delle politiche verso la terza età, evitando quindi di essere l’unica dimensione in cui l’anziano viene considerato”.
“La nascita dell’Intergruppo arriva in un momento cruciale per i temi legati all’invecchiamento attivo – sottolinea Michele Conversano, Presidente Comitato Tecnico Scientifico HappyAgeing – Alleanza Italiana per l’Invecchiamento Attivo – Il DDL delega in Materia di Politiche in favore delle persone anziane, infatti, all’art. 3 impegna il Governo, entro gennaio 2024, ad adottare uno o più decreti legislativi per promuovere la dignità e l’autonomia delle persone anziane, l’invecchiamento attivo e la prevenzione della fragilità in questa fascia di popolazione, la cui salute e protezione passano anche attraverso la vaccinazione non solo contro l’influenza stagionale, ma anche contro alcune altre patologie molto pericolose per le persone over 65.
Il DDL in questione è stato approvato in via definitiva martedì 21 marzo dalla Camera dei Deputati, nel testo identico a quello trasmesso dal Senato”. “La nascita dell’Intergruppo Parlamentare – conclude Macchia – è una notizia importante, perché evidenzia l’attenzione da parte dei parlamentari della XIX Legislatura per un fenomeno che sta cambiando radicalmente la nostra società e che va governato ma, soprattutto, valorizzato al meglio: il progressivo invecchiamento della popolazione”.
Papa Francesco, le ragioni del ricovero
News PresaPapa Francesco non sta bene. Prosegue il suo ricovero al Policlinico Gemelli, anche se il bollettino diffuso dai medici sembra non destare particolari preoccupazioni. Restano però tanti dubbi su cosa realmente abbia convinto Papa Francesco alla decisione di un ricovero in prossimità della Pasqua. Si è parlato di senso di oppressione al petto, di dolori al torace e di difficoltà a respirare. Sintomi non certo rassicuranti, che potrebbero far pensare ad un problema cardiaco. Esclusa, a quanto pare, la possibilità che si tratti di Covid.
IL BOLLETTINO
Dalla sala stampa vaticana il laconico bollettino spiega che nei giorni scorsi Papa Francesco ha lamentato alcune difficoltà respiratorie e questo pomeriggio si è recato presso il Policlinico Gemelli per effettuare alcuni controlli medici. L’esito degli stessi ha evidenziato un’infezione respiratoria (esclusa l’infezione da Covid 19) che richiederà alcuni giorni di opportuna terapia medica ospedaliera. E ancora: Papa Francesco è toccato dai tanti messaggi ricevuti ed esprime la propria gratitudine per la vicinanza e la preghiera.
LA NOTTE
Pur in assenza di novità ufficiali, pare che la notte sia trascorsa serenamente per il Santo Padre.Le informazioni che trapelano sono incoraggianti e si nutre ottimismo sulle sue condizioni di salute. Il Covid-19 è stato escluso, così come è stata esclusa una polmonite batterica, il Pontefice continua a ricevere le cure stabilite e i suoi valori sono monitorati con attenzione. Insomma, al momento la situazione non desta preoccupazioni. Inizialmente, si era detto che il ricovero fosse dovuto a esami programmati, ma in seguito si è appreso che il Papa aveva lamentato difficoltà respiratorie nei giorni precedenti.
GONALGIA
Negli ultimi tempi, a tormentare Francesco, 86 anni, è una gonalgia alla gamba destra, cioè un dolore al ginocchio dovuto al deterioramento della cartilagine. Patologia strettamente legata all’età. Non ci si deve dimenticare poi che ha anche altri problemi, in particolare al colon, per i quali è stato operato due anni fa. Anche se fonti mediche riferiscono di condizioni che non avrebbero particolari motivi di allarme, si sa per certo che Francesco, definito da tempo medico delle anime, è stato sottoposto a diversi esami, compresa una tac toracica per problemi respiratori.
PFAS, dove si trovano e quali sono i rischi
Benessere, Medicina funzionale, News Presa, One healthCi sono sostanze chimiche rilasciate nell’ambiente che rappresentano un rischio per la salute. Si tratta dei Pfas. L’acronimo indica le sostanze perfluoro alchiliche, utilizzate da oltre settant’anni dalle industrie di tutto il mondo, e delle quali solo di recente si è scoperto la pericolosità per l’uomo. L’Italia è tra i Paesi più colpiti dalla contaminazione da PFAS e in particolare, la regione Veneto.
Vengono utilizzate per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti quali carta, carta igienica e rivestimenti per i contenitori di alimenti, ma anche per detergenti e pellicole fotografiche. Dopo la produzione e l’uso, I Pfas possono finire ovunque in natura e, con l’acqua e il cibo, anche sulle tavole.
I rischi dei Pfas
I PFAS sono un gruppo di migliaia di sostanze chimiche di sintesi prodotte dalle industrie, ancora oggi ampiamente usate. Nel nostro Paese non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Nel corpo umano queste sostanze sono state trovate nel sangue, nelle urine, nella placenta, nel cordone ombelicale e persino nel latte materno.
Sono stati osservati diversi effetti causati dai Pfas, quali la restrizione della crescita fetale, o ancora la comparsa di tumori, diabete, ipertensione, aumento del colesterolo, colite ulcerosa, malattie della tiroide e infertilità.
Secondo uno studio condotto dal Maine Medical Center Research Institute di Portland, i Pfas sono risultati pericolosi anche per le ossa degli adolescenti, perché le renderebbero più fragili. Nei mesi scorsi cinque nazioni europee hanno chiesto di vietare l’uso e la produzione di queste sostanze. L’Italia ancora no.
Declino cognitivo. Il Training per “allenare il cervello”
Benessere, Medicina funzionale, News Presa, Stili di vitaAbituare il corpo e la mente a reagire agli impulsi improvvisi che si verificano nella vita di tutti i giorni. Gesti automatici per molte persone, autentici ostacoli per altre, soprattutto chi soffre di demenza, Parkinson, declino cognitivo nelle varie forme.
Un’azienda marchigiana con sede a Milano, ha ideato una metodologia innovativa che mette al centro del movimento non i muscoli, ma il cervello. Reaxing tratta macchinari per il training neuroreattivo. La tecnologia brevettata fornisce, durante il gesto motorio, impulsi sensoriali improvvisi per forzare l’utilizzatore a reagire, al fine di attivare contemporaneamente il sistema sensoriale e neuromotorio.
In pratica, la persona che si allena con questi strumenti aumenta la capacità di affrontare gli imprevisti, migliorando le prestazioni e riducendo il rischio di infortuni. Condizioni utili per chi è sano ma soprattutto per chi ha un problema di tipo cognitivo o neurodegenerativo.
Declino cognitivo, come funziona il training
“Il movimento umano – spiega il Dott. Marco De Angelis, Professore dell’Università dell’Aquila, Dipartimento Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologie – non è un fenomeno solo muscolare ma nasce dall’interazione continua tra il sistema nervoso centrale e quello sensoriale. Il concetto innovativo consiste quindi nel passare dall’allenamento puramente muscolare, con movimenti addirittura guidati, e/o puramente cardiovascolare, con gesti ciclici ripetuti perfettamente identici a sé stessi, all’allenamento neuroreattivo, per migliorare la qualità della vita facendo della prevenzione una macchina del tempo. Questo tipo di allenamento si definisce allenamento neuroreattivo, in quanto comporta uno spostamento del focus della seduta di allenamento dai muscoli all’intero corpo, agente come sistema integrato delle sue varie componenti, considerando tra queste la capacità elaborativa del cervello senso-motorio come fulcro del benessere fisico”.
Questa metodologia, quindi, permetterebbe di intervenire anche per curare demenze, declino cognitivo, morbo di Parkinson, lesioni cerebrali traumatiche e sclerosi multipla.
Abilità aperte
Ryan Glatt del Pacific Neuroscience Institute di Los Angeles utilizza i prodotti Reaxing. “Al Pacific Neuroscience Institute, abbiamo creato la prima “palestra clinica del cervello” per fornire dual-tasking ed exergaming clinico a individui con decadimento cognitivo lieve, demenza, declino cognitivo soggettivo, morbo di Parkinson, lesioni cerebrali traumatiche e sclerosi multipla”.
Richard S.Katz, presidente California Physical Therapy Association conclude: “le tecnologie per l’esercizio fisico e la riabilitazione devono replicare le sfide della vita quotidiana che molti individui possono affrontare come imprevedibilità, distrazione, casualità, superfici instabili e spostamento di pesi, al fine di sviluppare le cosiddette abilità aperte”.
Incendio a Novara, quali sono i rischi per la salute
News PresaUn incendio a Novara gigantesco e preoccupante, perché ad andare a fuoco è stata un’azienda che tratta solventi chimici e si trova nell’area industriale di San Pietro Mosezzo, ai confini con il capoluogo novarese. Ormai le fiamme sono state quasi del tutto domate, ma a spaventare la popolazione sono i possibili danni per la salute. Un pericolo non certo sottovalutato dalle istituzioni e non è un caso che nell’area industriale siano intervenuti mezzi antincendio dell’aeroporto militare di Cameri, dei vigili del fuoco, l’Arpa è Italgas e Acqua NovaraVCO per possibili problemi di inquinamento delle reti.
QUI È UN MACELLO
Nell’era dei social, non poteva non finire in rete anche questo grave disastro. Nell’azienda chimica lavoravano una cinquantina di persone, quando è divampato l’incendio ce n’era una trentina, tutti sono riusciti a mettersi in salvo. «È un macello, è scoppiato tutto il capannone, è tutto bruciato», dice una donna sul piazzale davanti alla fabbrica in un video girato proprio da una dipendente. Il piano di emergenza dell’azienda è stato subito attivato, si è appreso a San Pietro Mosezzo, e questo ha consentito di evacuare tutta la fabbrica.
SCUOLE CHIUSE
Che i rischi per la salute, anche solo potenziali, non si possano sottovalutare lo dimostra quanto chiesto e disposto dal sindaco. Proprio il primo cittadino spiega che sentite Arpa e Prefettura è raccomandato alla cittadinanza, in attesa dei risultati delle analisi che dovranno essere fatte sull’impatto dell’evento, di tenere le finestre chiuse e se non assolutamente necessario di rimanere in casa. La raccomandazione vale a maggior ragione per le scuole e gli istituti scolastici della città: è molto importante che i bambini rimangano in classe con le finestre chiuse.
FALL OUT
Il rischio per la salute in caso di incendi di questo tipo è quello che l’enorme nuvola nera levatasi dalle fiamme trasporti con sé sostanze pericolose e che queste possano essere inalate o ricadano al suolo con la pioggia. Il fall out, ovvero la ricaduta al suolo, può essere causato anche dalla pioggia e rischia di avvelenare l’acqua e la terra. Questo non significa che ci sia un pericolo accertato nel caso di Novara. Anzi, sono rassicuranti le informazioni pubblicate sui social del Comune di Novara. La Sala Operativa regionale della Protezione Civile riferisce che Arpa Piemonte ha pubblicato sul proprio sito informazioni per le quali nessuna allerta o precauzione è stata indicata, in quanto non hanno rilevato particolari problemi.
Una ricerca svela le dipendenze degli adolescenti italiani
Adolescenti, News Presa, PediatriaDipendenze da videogiochi, cibo e social media. È il ritratto che riguarda 2 milioni di adolescenti italiani secondo la ricerca Dipendenze comportamentali nella Generazione Z, frutto di un accordo tra il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità. Lo studio, realizzato con EXPLORA Addiction Research Division, ha coinvolto più di 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni e 1.044 genitori. Con vari livelli di gravità, si svela un fenomeno ormai preoccupante, aggravatosi nel corso della pandemia a causa dell’isolamento e delle ansie causate dai continui allarmi.
I DATI
Dipendenza comportamentale, dunque, declinata in diversi aspetti. Sarebbero 1,2 milioni gli adolescenti con dipendenza da cibo, quasi 500mila da videogiochi e circa 100mila i dipendenti da social media. Sono oltre 65 mila, invece, i ragazzi che fuggono dai rapporti sociali (il cosiddetto Hikikomori). È quella dal cibo la dipendenza più diffusa: coinvolge 1.152.000 studenti tra gli 11 e i 17 anni, la gran parte femmine, specie delle scuole superiori. Quasi 1 su 10 presenta un rischio grave. Tra questi, nella fascia di età 11-13 anni, il rischio di soffrire di depressione moderatamente grave o grave è 11,62 volte più alto.
GAMING
Tra i comportamenti a rischio dipendenza, il gaming è al secondo posto: riguarda il 12 per cento degli studenti. In questo caso, il fenomeno è soprattutto maschile: tra i maschi delle secondarie di primo grado ne soffre quasi 1 su 5 (il 18 per cento); il fenomeno tende ad attenuarsi all’aumentare dell’età. Un ragazzo su 40 (il 2,5 per cento) ha invece un comportamento compatibile con la dipendenza da social media; la percentuale è più alta nelle ragazze tra i 14 e i 17 anni, che, insieme alla dipendenza, presentano un rischio 10,2 volte più alto di soffrire di ansia sociale grave o molto grave e 5,5 volte più alto di avere un carattere di alta impulsività.
ISOLAMENTO
Anche se i numeri sono più contenuti, preoccupa il fenomeno dell’isolamento sociale (o Hikikomori). Gli studenti di 11-13 anni che hanno indicato di essersi isolati tutti i giorni negli ultimi 6 mesi sono stati l’1,8 per cento (circa 30.175), mentre la percentuale degli studenti 14-17 anni è del 1,6 per cento (circa 35.792). Il primo modo di combattere queste dipendenze è parlarne, in questo un ruolo fondamentale spetta alle famiglie. Non un compito facile, ma essenziale per cercare di uscire da un tunnel che con l’andar del tempo può diventare molto pericoloso.
Obiettivi e benessere dipendono anche dai pensieri
Benessere, News Presa, One health, Stili di vitaSecondo gli studi chi pensa in modo positivo è meno stressato, ansioso, depresso e affaticato. La neuroscienza dimostra che far circolare sempre gli stessi pensieri porta corpo e cervello in uno stato di stress. Di conseguenza, sulla salute incidono anche le abitudini mentali. Inoltre, i pensieri possono ostacolare la realizzazione dei propri obiettivi, generando malessere. “Siamo quello che pensiamo”, perché i pensieri e le convinzioni influenzano il comportamento e le azioni, spingendo o frenando il raggiungimento di un determinato scopo.
Ad approfondire il tema è Carlo Mea, pioniere e mentore del DeROSE METHOD in Italia e autore del libro Visualizzazione – Potenti tecniche mentali per trasformare la realtà, di cui è appena uscita la seconda edizione – ampliata e migliorata – dopo il successo della prima. Il libro racchiude tecniche e informazioni su come visualizzare in maniera efficace, per definire i propri obiettivi e realizzarli.
“La nostra salute dipende da diversi fattori – sottolinea l’autore – la maggior parte delle persone è consapevole dell’influenza dell’alimentazione, del sonno e dello stile di vita, ma poche sanno quanto i nostri pensieri ed emozioni interferiscono nel nostro benessere e qualità della vita. I nostri pensieri, oltre ad innescare le emozioni, cambiano la chimica cerebrale e mandano messaggi specifici in tutto il corpo, dunque è di vitale importanza imparare a migliorare la qualità dei pensieri”.
“Il modo più efficace è quello che ho chiamato la tecnica tergicristalli – prosegue – ogni volta che ti accorgi di avere un pensiero controproducente, pronuncia mentalmente una parola specifica – per esempio “stop“ – sbatti le palpebre – come se fosse l’atto di pulire il parabrezza con i tergicristalli – e immediatamente sostituisci il pensiero indesiderato con uno costruttivo, per esempio con le immagini e sensazioni che produrrebbe ad esempio un tuo grande obiettivo realizzato.
I primi giorni è impegnativo applicare questa tecnica, ma con la costanza i risultati sono sorprendenti”. Questa e tante altre tecniche sono spiegate nel libro Visualizzazione – Potenti tecniche mentali per trasformare la realtà, di Carlo Mea, edito da One Books.
Pillole di salute, su Radio Kiss Kiss si parla di Mieloma Multiplo
Partner, PrevenzioneIl Mieloma Multiplo è una malattia che viene diagnosticata soprattutto in pazienti che hanno superato i 65 anni. Del Mieloma Multiplo si sente parlare spesso, ma non altrettanto spesso viene spiegato in modo chiaro quali siano i sintomi, quanto sia spesso difficile effettuare una diagnosi e, più di ogni altra cosa, quali siano le opzioni terapeutiche oggi disponibili. Proprio per colmare questo gap, PreSa – Prevenzione & Salute ha scelto di dedicare la prossima pillola di salute a questa patologia complessa e poco conosciuta. La mattina di Sabato 1 aprile ai microfoni di Radio Kiss Kiss, interverrà il Dott. Massimo Gentile, direttore della U.O.C. di Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Annunziata di Cosenza. Sarà lui a fare luce su questa malattia, in modo chiaro e diretto.
Appuntamento dunque sabato 1 Aprile (ore 11 e 35 circa) sulle frequenze di Radio Kiss Kiss e sul portale PreSa. Stay tuned, stay connected!
“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Educazione sessuale, la Tv fa più della scuola
PrevenzioneL’educazione sessuale non è materia da studiare a scuola. Almeno, questo sembra essere il pensiero dominante a consultare i programmi scolastici italiani di classi di diverso ordine e grado. Detta in altro modo, la scuola abdica quasi del tutto al proprio ruolo di educare, informare e preparare i ragazzi ad un aspetto molto importante della loro vita. Il sesso, benché in molti siano spaventato da questa parola, è una parte cruciale nella vita degli adolescenti e, magari, spiegare loro come evitare brutte esperienze, malattie o anche gravi errori, non sarebbe proprio un male.
QUELLO CHE SANNO
Chiarito che l’educazione sessuale è relegata, quando va bene, a qualche ora rosicchiata durante l’anno a materie ufficiali, resta da capire quanto i giovani ne sappiano di sesso. Qualcuno potrebbe credere che vista la mole di informazioni disponibili, per i ragazzi sia facile chiarire ogni dubbio. Non è così. Tra gli adolescenti, sul tema sesso c’è ancora molta ignoranza mescolata a qualche verità. Da uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità su oltre 16 mila ragazzi fra i 16 e 17 anni, iscritti in 482 scuole d’Italia nel 2019, la percezione dei giovani è di sapere più di quanto in realtà sanno a proposito di sessualità, affettività e malattie sessualmente trasmesse.
ABITUDINI
Come ben spiegato dal Sole24Ore, il risultato è che il 10 per cento di chi di loro è sessualmente attivo non usa alcun metodo contraccettivo, nemmeno il coito interrotto. Un adolescente su dieci pensa addirittura che il coito interrotto protegga dalle malattie e il 9 per cento dei maschi e il 7 per cento delle femmine è convinto che fare sesso calcolando i giorni fertili sia sufficiente per proteggersi dalle eventuali malattie sessualmente trasmesse. E ancora: il 20 per cento di loro considera la pillola anticoncezionale un metodo valido per evitare infezioni.
IL PORNO
Risultato, nell’assenza di informazioni adeguate e nel deserto di un’educazione sessuale inesistente, i giovanissimi hanno come unica fonte il web. Inutile dire che molti dei siti più frequentati sono quelli porno, dove i giovani sono esposti a rischi enormi. Ovviamente, non sarebbe un programma di educazione sessuale a salvarli da tutta la pornografia che circola in rete, ma almeno avrebbero gli strumenti per comprendere che la sessualità è tutt’altro.
SERIE TV
Nell’assenza totale della scuola, un timido passo verso qualcosa che possa considerarsi educativo rispetto al tema della sessualità lo si trova su piattaforme streaming, sotto forma di serie tv. Di grande successo, e per certi versi sorprendente per il modo spontaneo ed efficace con il quale si è scelto di trattare alcuni temi è la serie Sex Education. In modo spesso provocatorio, e altrettanto spesso estremizzato, la serie affronta temi quali l’omosessualità, le molestie, il disagio verso il proprio corpo e molto altro. Sempre offrendo una chiave di lettura facile da comprendere e mai angosciante. Qualcosa che gli adolescenti dovrebbero vedere, e forse anche chi avrebbe il compito di immaginare dei programmi scolastici adeguati.
Oltre 7 persone su 10 con diabete soffrono di malattie al cuore
Benessere, Medicina funzionale, News PresaOltre 7 persone su 10 con diabete soffrono di malattie cardiovascolari e la metà non ne è consapevole. Dall’analisi dello scenario italiano, stimolato dalla Fondazione Italiana per il Cuore, emergono dati preoccupanti che hanno richiamato l’attenzione degli esperti.
La sindrome “cardio-metabolica” è la definizione che meglio esprime la situazione che coinvolge il 70% delle persone con diabete (2,5 milioni su un totale di 3,8 milioni) per i quali gli eventi cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte.
L’occasione per affrontare con gli esperti la situazione italiana e tracciare gli approcci più idonei, nasce dalla Fondazione Italiana per il Cuore. In particolare, per proseguire il percorso internazionale sulla prevenzione di questa combinazione di patologie, promossa dalla World Heart Federation (WHF). Le roadmap elaborate dalla WHF hanno l’obiettivo di identificare potenziali ostacoli sul percorso verso un’efficace prevenzione, individuazione e gestione delle patologie cardiovascolari, insieme a soluzioni basate sull’evidenza per superarli.
LA ROADMAP SULLA PREVENZIONE
“E’ un privilegio e un onore che la Fondazione Italiana per il Cuore rappresenti l’Italia all’interno del network globale di cui la WHF è leader e coordinatore, formato da più di 200 fondazioni cardiache, società scientifiche e organizzazioni di pazienti in più di 100 paesi.
Collaboriamo attivamente affinché la salute del cuore diventi una priorità – interviene Emanuela FOLCO, Presidente della Fondazione Italiana per il Cuore – per ridurre il carico globale di malattie cardiache e ictus che insieme mietono 18,6 milioni di vittime ogni anno. Uno dei focus è la sindrome cardio-metabolica nelle persone con diabete, di cui la metà non ne è purtroppo consapevole, e che è la causa di un preoccupante aumento di decessi del 70% negli ultimi 10 anni”.
“La Roadmap sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nelle persone affette da diabete sviluppata dalla WHF in collaborazione con l’International Diabetes Federation – proseguono Fernando LANAS, WHF Roadmap Liaison Officer, WHF Science Committee member e Dan GAITA, rappresentante della World Heart Federation – è un documento di riferimento fondamentale per chiunque sia coinvolto nella gestione di queste patologie a partire dalla pianificazione, organizzazione, implementazione, monitoraggio e valutazione degli approcci. Delinea una visione di un percorso di cura ideale, i potenziali ostacoli lungo questo percorso e le soluzioni proposte, con esempi tratti dalla pratica”.
LA SCORECARD CON I DATI ITALIANI
Tra i dati raccolti nella Scorecard sulle malattie cardiovascolari in Italia, emerge che sono circa 3,8 milioni le persone con diabete (di tipo 1 e 2) di cui il 70% è in trattamento con farmaci antiipertensivi e il 60,8% è in trattamento ipolipemizzante. Preoccupa anche la situazione che coinvolge quasi la metà dei pazienti (49%) che non è a target pressorio nonostante il trattamento.
“A ulteriore dimostrazione dell’importanza del rapporto tra diabete e malattie cardiovascolari, c’è il dato allarmante sulla percentuale che oscilla tra il 60% e l’80% delle persone con diabete che muoiono a causa di malattie cardiovascolari. Un ulteriore dato – interviene Paolo DI BARTOLO, Presidente Fondazione AMD (Associazione Medici Diabetologi) – è rappresentato dal 20,9% di pazienti con un elevato rischio cardiovascolare, seguito dal 15% che ha già avuto infarto, ictus o complicanze vascolari agli arti inferiori, numeri impressionanti che danno una chiara idea della rilevanza del problema. Su questi dati si inseriscono le informazioni sulla malattia renale che risulta in circa il 40% dei pazienti”.
“Uno screening cardiovascolare accurato nel paziente diabetico, assieme a una stima complessiva del rischio cardiovascolare – continua Massimo VOLPE, Presidente SIPREC e Università la Sapienza Roma – costituisce un’azione di fondamentale importanza per poter mettere in atto le misure terapeutiche individuali più appropriate”.
I FATTORI DI RISCHIO IN ITALIA
La situazione italiana, dal punto di vista della mortalità prematura e totale sommata all’aspettativa di vita, appare ancora confortante.
“Tuttavia, non lo è per quanto riguarda la prevalenza e il controllo dei principali fattori di rischio cardiovascolare quali, ad esempio, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione arteriosa, il fumo, la sedentarietà (fattori legati allo stile di vita non salutare rilevabile, purtroppo, anche negli adolescenti). Considerando che stiamo parlando di fattori di rischio modificabili – prosegue Paolo MAGNI, Coordinatore Comitato Scientifico Fondazione Italiana per il Cuore e Università degli Studi di Milano e Roberto VOLPE, Consiglio Nazionale delle Ricerche-CNR e SIPREC (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) – tutti noi dobbiamo impegnarci a fondo per far sì che l’Italia continui a essere uno dei paesi più longevi al mondo e che tale longevità sia in buona salute”.
DIABETE: TRA INERZIA E ADERENZA:
“Le recenti linee guida SID-AMD rappresentano un punto importante di svolta nella gestione del diabete e in particolare della cosiddetta “sindrome cardio-metabolica”, dove sono stati chiaramente individuati gli interventi farmacologici (e non solo) per “aggredire” in modo efficace questa problematica. Ci sono due aspetti rilevanti che ancora ostacolano il raggiungimento dei target prefissati. Da un lato “l’inerzia” terapeutica – commenta Angelo AVOGARO, Presidente SID (Società Italiana di Diabetologia) e Università di Padova – ossia la resistenza da parte dei clinici ad utilizzare farmaci innovativi, più efficaci e allo stesso tempo più sicuri, che consentirebbero di raggiungere i target prefissati in modo più semplice e sicuro. Dall’altro, la mancanza di “aderenza” da parte dei pazienti con patologie croniche: infatti il 50% dei pazienti interrompe (o modifica) la terapia senza confrontarsi con il proprio medico a pochi mesi dal suo inizio”.
L’IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE NEL DIABETE
I pazienti diabetici hanno un rischio aumentato di sviluppare aterosclerosi e malattia coronarica. La diagnosi precoce della malattia coronarica nel paziente diabetico è quindi fondamentale per la prevenzione e la gestione efficace delle complicanze cardiovascolari.
“L’imaging non invasivo, come la tomografia computerizzata coronarica o la risonanza magnetica cardiaca, può fornire informazioni dettagliate sulla presenza, sulla gravità e sulla localizzazione della malattia coronarica senza ricorrere alle procedure invasive come l’angiografia coronarica. L’imaging può essere utile anche per valutare il rischio di eventi cardiovascolari futuri – conclude Daniele ANDREINI, Direttore UO Cardiologia Clinica, Imaging e di Cardiologia dello Sport, I.R.C.C.S. Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio – e per monitorare l’efficacia del trattamento nel tempo, oppure fornire informazioni sulla presenza e sulla gravità della placca aterosclerotica che è associata a un maggiore rischio di eventi cardiovascolari”.