Tempo di lettura: 3 minutiSono 76 le ricercatrici premiate nel “Top Italian Women Scientists”. Il Club promosso da Fondazione Onda riunisce le ricercatrici italiane altamente citate in campo biomedico, delle scienze cliniche e delle neuroscienze.
Le scienziate sono state premiate a Palazzo Pirelli a Milano, nel corso di un incontro organizzato in collaborazione con Regione Lombardia. Durante l’evento si è parlato di disuguaglianze di genere nell’accesso alle terapie farmacologiche, impatto delle malattie infettive nel quotidiano, malattia renale cronica, unitamente a un’analisi dell’impegno delle ricercatrici donne per progredire nella carriera.
Al Club hanno aderito un ampio numero di ricercatrici italiane impegnate nel campo della biomedica, delle scienze cliniche e delle neuroscienze, recensite nella classifica dei Top Italian Scientists (TIS) di Via-Academy. Si tratta di un censimento degli scienziati italiani di maggior impatto in tutto il mondo, misurato con il valore di H-index, l’indicatore che racchiude sia la produttività sia l’impatto scientifico del ricercatore, nonché la sua continuità nel tempo e che si basa sul numero di citazioni per ogni pubblicazione. Per il Club sono state selezionate le ricercatrici con H-index pari o superiore a 50.
«Fare rete nel mondo della ricerca scientifica e promuovere la ricerca delle donne è uno degli obiettivi che Fondazione Onda ha maggiormente a cuore», commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. «Per questo lavora attivamente per far avvicinare a questo mondo le giovani ricercatrici, anche attraverso eventi scientifici, concorsi e bandi di ricerca che contribuiscono a creare una rete di professioniste che si contraddistinguono per un’alta produttività scientifica e soprattutto per un’alta capacità di fare opinione, nella prospettiva di nuove riflessioni ed azioni che possano avere effetti positivi per la salute della donna e di genere. Ed è proprio in memoria di una di queste donne brillanti che è dedicato questo incontro; la Professoressa Rossella Silvestrini, scomparsa il 5 gennaio 2023, è stata una studiosa di fama internazionale che ha dedicato la propria vita allo sviluppo della terapia contro i tumori e alla ricerca traslazionale».
«Grazie al prezioso lavoro e al quotidiano impegno della Fondazione Onda. Con grande capacità di visione, avete colto l’esigenza di promuovere un approccio alla salute orientato al genere, con particolare attenzione a quella femminile. Attraverso la collaborazione della rete di ospedali premiati con i Bollini Rosa – per l’attenzione riservata alla salute femminile – avete dimostrato di saper dialogare con le istituzioni centrali e regionali.
La vostra scelta di lavorare in rete è il modello di riferimento con il quale sto improntando il mio operato – solo insieme si possono raggiungere traguardi importanti. Bene, dunque, il coinvolgimento delle società scientifiche, delle associazioni di pazienti e dei media. Personalmente, sulla scorta del mio percorso professionale di ricercatrice biomedica, esprimo profonda ammirazione per queste 76 ricercatrici, vera eccellenza femminile e scientifica. Vi siete distinte contribuendo all’avanzamento delle conoscenze in campo biomedico, nelle scienze cliniche e nelle neuroscienze. Vi siete distinte per competenza e passione. Vi meritate questo premio. E vi meritate di essere premiate negli spazi istituzionali di Regione Lombardia perché la nostra Regione è orgogliosa di voi», dichiara Elena Lucchini, Assessore alla Famiglia, Solidarietà Sociale, Disabilità e Pari Opportunità.
«Quando con Onda abbiamo preso l’iniziativa di fondare il Club delle Top Scientists donne, ci siamo rese conto dell’importanza di dare una mano a creare una rete delle eccellenze femminili in campo biomedico, anche per aumentarne visibilità e forza. Se si considerano i dati relativi alle posizioni apicali è ancora una minoranza quella delle donne che rivestono il ruolo di direttori di Istituti di ricerca e di Dipartimento.
Alcune istituzioni però hanno dato particolare rilievo e opportunità di carriera alle loro ricercatrici e ne parliamo, anche con EWMD (European Women’s Management Development), nel corso della cerimonia, come esempio virtuoso», commenta Adriana Albini, Presidente Club TIWS di Fondazione Onda, Collaboratrice Scientifica IRCCS IEO-Istituto Europeo di Oncologia, Milano
«Siamo felici di continuare quella che è diventata una tradizione: riconoscere il merito delle ricercatrici che si sono distinte per un alto H-index. Premiare il valore delle donne e il loro impatto nel mondo della ricerca è fondamentale per dare un segnale positivo alle giovani donne che vogliono intraprendere questa carriera», dice Sonia Levi, Co-Presidente Club TIWS di Fondazione Onda, Professore ordinario in Biologia Applicata, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Vita e Salute S. Raffaele, Milano.
«Le ricercatrici sono penalizzate in campo medico perché, pur essendo in maggioranza, occupano minori posizioni apicali, hanno meno primi o ultimi nomi negli articoli, ricevono globalmente meno fondi per la ricerca. Devono far sentire la loro voce anche perché le donne abbiano una terapia che non sia basata solo sui risultati ottenuti nei maschi», conclude Silvio Garattini, Fondatore e Presidente, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano.
Microbiota intestinale, il segreto contro l’invecchiamento
Alimentazione, News Presa, Ricerca innovazioneI piatti della Dieta Mediterranea sono alla base di una vita in salute, ma non solo. Gli ultimi studi disponibili dimostrano infatti che la pasta, le verdure e tutti gli alimenti tipici della nostra alimentazione riescono a rallentare l’invecchiamento. Se n’è discusso a Parma, per il ciclo di incontri “Let’s Talk About Food & Science” che ha visto a confronto alcuni tra i maggiori esperti in fatto di alimentazione e nutrizione umana.
RUOLO CHIAVE
Alla base del nostro benessere, rivelano gli esperti, c’è il microbiota intestinale, che è un po’ come la cabina di regia di molte funzioni e aspetti del nostro organismo. Il microbioma modula il metabolismo del cibo che ingeriamo, sintetizza vitamine come la B12, la vitamina K e i folati. Insegna al sistema immunitario a distinguere amici da nemici, ci difende da microrganismi pericolosi e produce il 70% della serotonina, fondamentale per la motilità intestinale. Quella stessa serotonina, definita ‘ormone della felicità’, che sta a ricordarci che c’è un asse tra cervello e intestino, dove c’è una rete neuronale estremamente sviluppata.
CORRELAZIONI
Secondo gli esperti il collegamento tra intestino e cervello è bidirezionale. In altre parole, il microbiota ha la capacità di rilasciare neurotrasmettitori fondamentali per la regolazione del ciclo sonno-veglia e del buon umore, mentre ansia e stress possono alterarlo. Nelle persone con depressione il microbiota è caratterizzato dalla perdita di batteri benefici come il bifidus batteri. Ceppi benefici che si perdono a causa disturbi intestinali infiammatori cronici come il morbo di Crohn.
BIODIVERSITÀ
Dall’incotro è emerso che una dieta sbagliata, lo stress, una vita sedentaria cambiano e indeboliscono la biodiversità nell’intestino. Vuoi per la carenza di specie benefiche o protettive, per la competizione tra specie, o per la proliferazione di ceppi potenzialmente patogeni che abbiamo inconsapevolmente favorito, possono rompere l’equilibrio del microbiota impoverendolo. Una condizione, questa, che accomunerebbe il 25% della popolazione (un italiano su 4). E così alcuni microrganismi ‘trascurati’, che non trovano nutrimento nel cibo che ingeriamo, possono ripiegare sul muco intestinale, rendendolo più vulnerabile; altre specie possono superare le cellule epiteliali e la barriera vascolare e arrivare a organi interni e tessuto adiposo, provocando infiammazione cronica, madre di molte patologie e malattie metaboliche, come le patologie cardiovascolari, l’obesità, il diabete e il cancro.
LA PASTA
Il nostro organismo ama la pasta anche perché favorisce la crescita della ‘popolazione buona’ del microbiota, specie se associata ad altri alimenti chiave del mangiare mediterraneo, come verdure e ortaggi che, assieme alla pasta, integrale o tradizionale, contribuiscono a immettere fibre nel nostro intestino. Nel menù del microbiota intestinale non dovrebbero mai mancare le fibre. Quelle solubili (pasta al dente) e insolubili (verdure) – puntualizzano gli esperti – stimolano la produzione e l’espansione di batteri buoni. E ancora, composti polifenolici di cui sono ricchi frutti di bosco, agrumi, cavoli, broccoli, pomodori, olio d’oliva e noci, che apporterebbero una crescita di Lactobacillus e Bifidobacterium; carciofi, asparagi, aglio, cipolla, porri, topinambur e cicoria, per il contenuto di inulina; legumi come fagioli, lenticchie, ceci, piselli e fave, per il contenuto di frutto-olisaccaridi e galatto-olisaccaridi; pinoli, nocciole, spinaci e pesce azzurro per acidi grassi omega 3, tutti alimenti che possono essere una soluzione contro l’infiammazione cronica.
Trapiantato un cuore fermo da 20 minuti
News Presa, Ricerca innovazioneUn cuore fermo da 20 minuti è tornato a battere nel petto di un altro paziente. Questo straordinario trapianto, che non ha eguali al mondo, è stato realizzato a Padova e ora la notizia sta facendo il giro del web. Non è la prima volta che un cuore fermo da qualche minuto viene espiantato e poi donato ad un paziente in attesa. Ma non era mai accaduto che l’attività elettrica fosse ferma per così tanto tempo.
UNA NUOVA ERA
A donare l’organo è stato un uomo colpito da ‘morte cardiaca’. Evento che ha avuto come conseguenza danni cerebrali irreversibili che hanno reso vano ogni tentativo di cura da parte dei sanitari. A ricevere è un uomo di 46 anni, cardiopatico, già operato in età pediatrica, e in lista d’attesa per un trapianto da due anni. Entusiasta Gino Gerosa, direttore della cardiochirurgia padovana. Proprio lui ha sottolineato l’importanza di quest’operazione che «potrebbe portare ad un incremento del 30 per cento nel numero dei trapianti, in un arco di tempo relativamente breve».
QUALI PATOLOGIE
Diverse sono le malattie cardiache che possono causare un grave scompenso, compromettendo la salute e la funzionalità del cuore. Nel contesto delle malattie cardiache gravi, ve ne sono principalmente due che meritano attenzione: la malattia coronarica diffusa, associata ad infarti estesi del miocardio, e la cardiomiopatia, che influisce sulla contrattilità del cuore e, di conseguenza, sulla sua capacità di pompare il sangue in modo efficace. Oltre a queste due patologie, esistono altre condizioni mediche, come il diabete, che possono compromettere la funzionalità del cuore o addirittura richiedere un trapianto cardiaco. Tra queste rientrano le malformazioni cardiache congenite, le malattie valvolari gravi e, sebbene in rari casi, i tumori cardiaci.
NON SOLO TRAPIANTO
Oltre al trapianto di cuore da donatore, ci sono altre opzioni disponibili per le persone affette da grave scompenso cardiaco, sia come soluzioni temporanee che definitive. Grazie ai progressi tecnologici e scientifici nel campo medico, è ora possibile trattare i pazienti con insufficienza cardiaca terminale attraverso l’uso di dispositivi di assistenza ventricolare (VAD, Ventricular Assist Devices). Questi dispositivi vengono posizionati all’interno di uno dei due ventricoli cardiaci, di solito quello sinistro, per migliorare la funzione di pompa e spingere il sangue nell’aorta. I VAD possono essere utilizzati come ponte al trapianto cardiaco o come terapie definitive a lungo termine.
CUORE ARTIFICIALE
Il cuore artificiale, noto anche come VAD, viene impiantato nei pazienti con condizioni gravissime che sono in attesa di un trapianto cardiaco. Questa soluzione innovativa offre un’opportunità vitale per i pazienti in attesa di un cuore donatore compatibile. In sintesi, le malattie cardiache gravi possono portare a un grave scompenso cardiaco, ma grazie ai progressi nella medicina, esistono diverse opzioni di trattamento, tra cui il trapianto cardiaco e l’utilizzo di dispositivi di assistenza ventricolare. Queste soluzioni offrono speranza e migliorano la qualità di vita dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca terminale.
Dolcificanti sconsigliati per dimagrire dall’Oms. I rischi
AlimentazioneI dolcificanti sono additivi molto usati per addolcire cibi e bevande e come edulcoranti da tavola. Ad oggi sono considerati un mezzo per la perdita di peso e la riduzione del rischio di malattie. Tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne ha sconsigliato l’uso nelle nuove Linee Guida. La nuova raccomandazione si basa su una revisione sistematica degli studi al fine di valutarne la sicurezza.
Secondo i dati, l’uso di dolcificanti non zuccherini “non porta alcun beneficio a lungo termine nella riduzione del grasso corporeo negli adulti o nei bambini”. Inoltre, comporta il rischio di “potenziali effetti indesiderati”, “come un aumento del rischio di diabete, malattie cardiovascolari e mortalità negli adulti”.
La raccomandazione “include tutti i dolcificanti non nutritivi sintetici, presenti in natura o modificati che non sono classificati come zuccheri presenti negli alimenti e nelle bevande”. Si tratta di: “acesulfame K, aspartame, advantame, ciclamati, neotame, saccarina, sucralosio, stevia e derivati della stevia“. La raccomandazione dell’Oms non si applica ai prodotti per la cura e l’igiene personale, come dentifrici o farmaci, né a agli zuccheri a basso contenuto calorico.
Dolcificanti, cosa dicono gli esperti
“Le nuove linee guida dell’OMS sui dolcificanti, sul tema della loro sicurezza, sono condivisibili” – dichiara il professor Andrea Natali, ordinario di scienze e tecniche dietetiche applicate e coordinatore eletto del comitato scientifico della Società Italiana di Diabetologia.
Nella popolazione adulta, sia chi usa abitualmente dolcificanti in sostituzione dello zucchero che chi consuma bevande con dolcificanti ha un rischio maggiore, rispettivamente +34% e +23%, di sviluppare diabete di tipo 2 nel corso del tempo. Chi consuma abitualmente dolcificanti rispetto a chi non li consuma ha un rischio maggiore, dal 20% al 30%, di sviluppare malattie cardiovascolari. In gravidanza il consumo di dolcificanti si associa ad un maggior rischio di parto pretermine, pari al +25%.
“Per quanto riguarda l’insorgenza del diabete – spiega il professore – è estremamente improbabile che i dolcificanti abbiano un effetto causale diretto sulle malattie. È più verosimile che chi consuma dolcificanti abbia una minore educazione alimentare, abbia o abbia avuto un profilo metabolico parzialmente alterato, abbia familiarità per diabete oppure, banalmente, si senta giustificato a mangiare di più.
Nello studio non viene preso in esame l’impatto dei dolcificanti sul controllo glicemico, ma sappiamo dalle linee guida ADA sulla terapia nutrizionale medica che il loro effetto è controverso. Per quanto riguarda le malattie cardiovascolari – considera poi Natali – questo è il dato più difficile da spiegare, non avendo i dolcificanti alcun impatto sui maggiori fattori di rischio tradizionali, quali il livello della pressione e i lipidi. Gli studi al riguardo sono ancora pochi, eterogenei nei risultati e gli aggiustamenti per i fattori di confondimento spesso incompleti. Infine, i dati sul parto pretermine – conclude l’esperto – anche se non robusti giustificano la cessazione del consumo di dolcificanti in gravidanza”.
Questo ed altri temi verranno discussi nel forum multidisciplinare “Panorama Diabete – Prevedere per prevenire” promosso dalla SID dal 21 al 24 maggio al Palazzo dei Congressi di Riccione.
Un faro sulla dermatite atopica
News Presa, PartnerProsegue il progetto Health su Sky TG24, in sinergia con la Fondazione Mesit, per la promozione della salute e della prevenzione. Domenica 14 maggio, la professoressa Maddalena Napolitano (associato di Malattie cutanee veneree del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia della Federico II di Napoli) ci ha parlato della dermatite atopica, una patologia infiammatoria cronica che colpisce la cute del viso e del corpo, tra le più diffuse nei paesi industrializzati e con un forte impatto sulla qualità di vita del paziente.
QUALITÀ DELLA VITA
La professoressa Maddalena Napolitano
«Le persone affette da dermatite atopica – ha spiegato Napolitano – vivono la propria vita con un “rumore di sottofondo” che non viene mai meno. Questo rumore di sottofondo è il prurito, intenso e sempre presente». Facile immedesimarsi nella sofferenza di queste persone, che spesso si lacerano la pelle grattandosi e devono sopportare una costante difficoltà a dormire, proprio a causa di questo prurito che non offre tregua. «Una condizione che ha un enorme impatto sulla qualità di vita, tanto degli adulti, quanto dei bambini». I primi chiamati a convivere con la frustrazione e le difficoltà quotidiane, gli altri tormentati da questi sintomi e spesso oggetto di stigma sociale.
CAUSE E TERAPIE
«La dermatite atopica è una patologia multifattoriale, dipende certamente da cause genetiche, ma anche da tanti altri fattori esterni. Fondamentale è arrivare ad una diagnosi precoce, è bene rivolgersi ai centri specialistici dove è possibile accedere alle nuove terapie. Anni di ricerca hanno portato infatti a nuove terapie che possono cambiare la storia clinica della malattia, restituendo a tutti i pazienti una vita piena e libera dalle sofferenze legate a questa malattia».
Malattie rare e senza diagnosi, in Italia più di 100mila casi
Economia sanitaria, Medicina Sociale, Ricerca innovazioneLe scarse risorse e l’assenza di regolamentazione sono il primo ostacolo nella ricerca di una diagnosi nei Paesi in via di sviluppo. A questa conclusione sono giunti i ricercatori del Network internazionale delle malattie rare senza diagnosi (Undiagnosed diseases network international, Udni) in uno tra i primi studi condotti su scala globale, pubblicato su Frontiers in Public Health.
Il team è stato coordinato dalla Dr.ssa Domenica Taruscio (già Direttore del Centro nazionale malattie rare dell’Iss), dal Dr Manuel Posada (Rare Diseases Research Institute, Spagna), dal Dr Samuel Wiafe (Rare Disease Ghana Initiative, Ghana) e dal Dr Olaf Bodamer (Boston Children’s Hospital, Usa).
Malattie rare e senza diagnosi, quali ostacoli
Nonostante l’aumento di conoscenze e competenze scientifiche, molte politiche sanitarie non riescono a rispondere ai bisogni dei malati rari e senza diagnosi. La survey che ha incluso 20 Paesi mostra che l’ostacolo più grande è reperire i fondi necessari. In particolare, nei cosiddetti Paesi “low and middle income”, la scarsità di risorse, ad esempio, per i test genetici e genomici e, in definitiva, per arrivare a una diagnosi certa, è all’origine della carenza di esperti nel settore delle analisi genomiche. Ne consegue la sempre più diffusa mancanza di interesse nei confronti della ricerca scientifica e clinica per queste rarissime patologie.
In Europa e in Italia
Circa la metà dei trenta milioni di persone che in Europa convivono con una condizione o patologia rara non riesce a dare un nome a quest’ultima (Horizon, the Eu Research and Innovation Magazine). In Italia, secondo dati dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, sono più di 100 mila le persone orfane di diagnosi. Da qui l’odissea di pazienti e famiglie che tra visite specialistiche e ricerche online, a volte non riescono, neanche dopo anni, ad approdare a una diagnosi. E quando arriva è un nuovo punto di partenza per cercare le cure e l’assistenza.
Il programma Udni
Dal 2014, su spinta del Centro nazionale malattie rare (Cnmr), con la collaborazione della Wilhelm Foundation e sull’esempio del programma statunitense “The Undiagnosed Diseases Program”, è nato all’Iss Udni. L’obiettivo è – attraverso la condivisione di dati tra ricercatori, clinici e pazienti – fare arrivare a una diagnosi chi ne è ancora privo. I paesi in rete sono oggi 48 presenti in tutti i continenti e si riuniranno nella 12esima conferenza programmata a Tblisi (Georgia) ad ottobre 2023.
In generale, in tutti gli Stati emerge l’importanza della cooperazione internazionale. Ciò riguarda soprattutto la condivisione di protocolli, risultati, ricerche, studi clinici e di expertise, al fine di raggiungere nuove diagnosi anche attraverso processi virtuosi come la capacity building.
Malattie respiratorie croniche: tutorial per gestire i device
Associazioni pazienti, PrevenzioneNei pazienti con patologie croniche respiratorie, l’uso corretto di un device incide sulla terapia inalatoria. Infatti, se la manovra inalatoria viene eseguita male, la somministrazione del farmaco può risultare nulla o controproducente.
Affinché una terapia sia efficace, il farmaco deve raggiungere il suo organo bersaglio, e cioè il polmone. La tecnica con cui viene eseguita l’inalazione deve essere specifica per ogni dispositivo in commercio.
Proprio per aiutare i pazienti nel corretto utilizzo dei vari device per la terapia inalatoria nasce il progetto “Device4Patients – Dispositivi per inalazione: Usali come si deve, respira meglio… Vivi bene”, presentato nel corso del V Congresso Internazionale sulla Fisioterapia Cardio-Respiratoria organizzato da ArIR e appena concluso a Roma.
Malattie respiratorie. In Italia bassa aderenza alla terapia
Il progetto è ideato dall’Associazione Respiriamo Insieme-APS, in collaborazione con ArIR (Associazione Riabilitatori Insufficienza Respiratoria), con ad oggi il patrocinio della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP), Società Italiana di Pneumologia- Italian Respiratory Society (SIP IRS) e con il contributo non condizionato di Chiesi Italia.
Si tratta di uno spazio aperto e libero di informazione, formazione ed educazione alle terapie inalatorie, creato attraverso l’Hub Educazionale dall’Associazione Respiriamo Insieme. L’obiettivo è migliorare l’aderenza terapeutica dei pazienti affetti da patologie respiratorie croniche. Prevede un ciclo di video educazionali con lo pneumologo, il fisioterapista respiratorio e un paziente esperto dell’associazione. Per iscriversi basta registrarsi al sito.
“Le nuove metodologie didattiche e l’utilizzo di tecnologie abilitanti che Respiriamo Insieme adotta già dal 2021 – interviene Simona BARBAGLIA, Presidente Associazione Respiriamo Insieme-APS –stanno facilitando un apprendimento più massiccio e capillare per i pazienti, che possono accedere in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo a contributi informativi e formativi che possono guidarli verso una migliore conoscenza e gestione della malattia”.
“Uno stretto rapporto di collaborazione fra il paziente e il personale sanitario è fondamentale per aumentare le conoscenze del paziente nei confronti della malattia e dei suoi “tratti trattabili”, rendendolo attivo in tutti gli aspetti della gestione della malattia, dallo stile di vita al corretto utilizzo dei farmaci. ArIR è orgogliosa di presentare questo progetto in collaborazione con l’Associazione Respiriamo Insieme – continua Andrea LANZA, Presidente ArIR”.
“L’aderenza alla terapia inalatoria è un unmet need nella cura dell’asma. Lo è prima di tutto per il paziente – interviene Gianna CAMICIOTTOLI, Coordinatore del Comitato Scientifico dell’Associazione Respiriamo Insieme-APS, Professore Associato Università di Firenze, Responsabile Unit Asma Grave Ospedale Universitario Careggi di Firenze – che quando non aderente non controlla la malattia. Lo è per il medico chiamato a trattare riacutizzazioni più frequenti e più gravi e lo è per il sistema sociosanitario che vede aumentare, per la scarsa aderenza, i costi diretti e indiretti di questa malattia”.
Spiagge accessibili con disabilità. In Grecia centinaia
Economia sanitaria, Medicina Sociale, News PresaL’inclusione è un valore per l’intera comunità. Così le spiagge della Grecia vengono attrezzate per diventare inclusive e accessibili a tutti. Difatti, una città deve permettere al maggior numero di persone portatrici di diverse abilità di muoversi quanto più autonomamente e in sicurezza possibile, questo diritto vale in ogni spazio pubblico, anche al mare. Un presupposto ribadito da Vassilis Kikilias, ministro del turismo greco che ha detto: “la possibilità di accedere al mare è un diritto umano inalienabile”.
Spiagge accessibili e inclusive
Tutti dovrebbero poter godere della spiaggia e del mare in estate, a prescindere della propria abilità. Così la Grecia ha deciso di implementare un programma per rendere centinaia di spiagge accessibili alle persone con mobilità ridotta. Il ministro ha annunciato che quasi 300 nuove spiagge avranno servizi essenziali come parcheggi, bagni, spogliatoi, rampe e corridoi per persone con disabilità. Rendere la spiaggia accessibile a una popolazione diversificata darà anche una spinta all’economia locale e attirerà persone con disabilità, anziani, persone con lesioni temporanee e donne incinte – ha spiegato. L’obiettivo è rendere la Grecia una destinazione turistica accessibile e inclusiva per eccellenza.
Per farlo, la Grecia attiverà un servizio gratuito che consiste in una rampa meccanica, alimentata a energia solare. Consente l’accesso al mare tramite un binario fisso in cui una sedia mobile viene trasportata dentro e fuori dall’acqua. L’azienda che se ne occupa è la Seatrac. In Italia è presente a La Maddalena e a Palau, in Sardegna, a Bari nella spiaggia di Torre Quetta e a Catanzaro.
Spose bambine, Unicef: 640 milioni di casi nel mondo
Bambini, News PresaL’Unicef ha calcolato che in tutto il mondo 640 milioni di ragazze e donne attualmente in vita siano state date in moglie durante l’infanzia. Si tratta di 12 milioni di spose bambine all’anno.
Secondo l’ultima stima globale, la percentuale di giovani donne sposate durante l’infanzia è diminuita dal 21% al 19% rispetto agli ultimi report pubblicati cinque anni fa. Tuttavia, nonostante i progressi, la riduzione globale dovrebbe essere 20 volte più rapida per raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile di porre fine ai matrimoni infantili entro il 2030.
Secondo la nuova analisi “Is an End to Child Marriage within Reach? Latest trends and future prospects 2023 update”, pubblicata su Lancet, nonostante il costante declino dei matrimoni precoci nell’ultimo decennio, molteplici crisi, tra cui i conflitti, gli shock climatici e le conseguenze del COVID-19, minacciano di annullare i risultati faticosamente raggiunti.
L’Africa subsahariana – che attualmente detiene il secondo maggiore tasso a livello mondiale di spose bambine (20%) – è lontana oltre 200 anni dal porre fine a questa pratica al ritmo attuale. La rapida crescita demografica, insieme alle crisi in corso, sembra destinata ad aumentare il numero di spose bambine, in contrasto con il calo previsto nel resto del mondo.
Anche l’America Latina e i Caraibi sono in ritardo e si avviano ad avere il secondo più alto livello regionale di matrimoni precoci entro il 2030. Dopo periodi di progressi costanti, anche il Medio Oriente e il Nord Africa, l’Europa orientale e l’Asia centrale hanno registrato una stagnazione.
Nel frattempo, l’Asia meridionale continua a guidare le riduzioni a livello globale ed è in procinto di eliminare il matrimonio infantile in circa 55 anni. Tuttavia, la regione continua a ospitare quasi la metà (45%) delle spose bambine del mondo. Sebbene l’India abbia registrato progressi significativi negli ultimi decenni, rappresenta ancora un terzo del totale globale.
“Il mondo è sommerso da crisi su crisi che stanno distruggendo le speranze e i sogni dei bambini vulnerabili, soprattutto delle ragazze che dovrebbero essere studentesse, non spose”, ha dichiarato il Direttore generale dell’UNICEF Catherine Russell. “Le crisi economiche e sanitarie, l’intensificarsi dei conflitti armati e gli effetti devastanti del cambiamento climatico costringono le famiglie a cercare un falso senso di rifugio nel matrimonio precoce. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire il loro diritto a un’istruzione e a una vita autonoma”.
Le bambine che si sposano durante l’infanzia subiscono conseguenze per tutta la loro vita. Sofferenza psicologica, gravi rischi di gravidanze precoci, complicazioni conseguenti per la salute infantile e materna e di mortalità. Spesso non possono più andare a scuola. Questa pratica può anche isolare le ragazze dalla famiglia e dagli amici ed escluderle dalla partecipazione alle loro comunità, con un pesante impatto sulla loro salute mentale e al loro benessere.
In tutto il mondo, i conflitti, le catastrofi climatiche e gli impatti in corso del COVID-19 – in particolare l’aumento della povertà, gli shock di reddito e l’abbandono scolastico – contribuiscono ad aumentare le cause dei matrimoni infantili e rendono difficile per le ragazze l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, ai servizi sociali e al sostegno della comunità che le proteggono dal matrimonio precoce.
Di conseguenza, le ragazze che vivono in contesti fragili hanno il doppio delle probabilità di diventare spose bambine rispetto alla media mondiale, si legge nell’analisi. Per ogni aumento pari a dieci volte dei decessi causati dai conflitti, si registra un aumento del 7% del numero di matrimoni precoci. Allo stesso tempo, gli eventi meteorologici estremi causati dal cambiamento climatico aumentano il rischio per le bambine, con ogni variazione del 10% delle precipitazioni collegata a un aumento dell’1% circa della percentuale dei matrimoni precoci.
L’analisi avverte che i preziosi risultati ottenuti nell’ultimo decennio per porre fine ai matrimoni precoci sono minacciati – o addirittura annullati – dagli impatti del COVID-19. Si stima che la pandemia abbia già ridotto di un quarto il numero di matrimoni precoci evitati dal 2020.
“Abbiamo dimostrato che i progressi per porre fine ai matrimoni precoci sono possibili. Ma è necessario un sostegno costante alle ragazze e alle famiglie vulnerabili”, ha aggiunto Russell. “Dobbiamo concentrarci sulla permanenza delle ragazze a scuola e sulle opportunità economiche”.
Le ricercatrici premiate nel “Top Italian Women Scientists”
Eventi d'interesse, News Presa, Ricerca innovazioneSono 76 le ricercatrici premiate nel “Top Italian Women Scientists”. Il Club promosso da Fondazione Onda riunisce le ricercatrici italiane altamente citate in campo biomedico, delle scienze cliniche e delle neuroscienze.
Le scienziate sono state premiate a Palazzo Pirelli a Milano, nel corso di un incontro organizzato in collaborazione con Regione Lombardia. Durante l’evento si è parlato di disuguaglianze di genere nell’accesso alle terapie farmacologiche, impatto delle malattie infettive nel quotidiano, malattia renale cronica, unitamente a un’analisi dell’impegno delle ricercatrici donne per progredire nella carriera.
Al Club hanno aderito un ampio numero di ricercatrici italiane impegnate nel campo della biomedica, delle scienze cliniche e delle neuroscienze, recensite nella classifica dei Top Italian Scientists (TIS) di Via-Academy. Si tratta di un censimento degli scienziati italiani di maggior impatto in tutto il mondo, misurato con il valore di H-index, l’indicatore che racchiude sia la produttività sia l’impatto scientifico del ricercatore, nonché la sua continuità nel tempo e che si basa sul numero di citazioni per ogni pubblicazione. Per il Club sono state selezionate le ricercatrici con H-index pari o superiore a 50.
«Fare rete nel mondo della ricerca scientifica e promuovere la ricerca delle donne è uno degli obiettivi che Fondazione Onda ha maggiormente a cuore», commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. «Per questo lavora attivamente per far avvicinare a questo mondo le giovani ricercatrici, anche attraverso eventi scientifici, concorsi e bandi di ricerca che contribuiscono a creare una rete di professioniste che si contraddistinguono per un’alta produttività scientifica e soprattutto per un’alta capacità di fare opinione, nella prospettiva di nuove riflessioni ed azioni che possano avere effetti positivi per la salute della donna e di genere. Ed è proprio in memoria di una di queste donne brillanti che è dedicato questo incontro; la Professoressa Rossella Silvestrini, scomparsa il 5 gennaio 2023, è stata una studiosa di fama internazionale che ha dedicato la propria vita allo sviluppo della terapia contro i tumori e alla ricerca traslazionale».
«Grazie al prezioso lavoro e al quotidiano impegno della Fondazione Onda. Con grande capacità di visione, avete colto l’esigenza di promuovere un approccio alla salute orientato al genere, con particolare attenzione a quella femminile. Attraverso la collaborazione della rete di ospedali premiati con i Bollini Rosa – per l’attenzione riservata alla salute femminile – avete dimostrato di saper dialogare con le istituzioni centrali e regionali.
La vostra scelta di lavorare in rete è il modello di riferimento con il quale sto improntando il mio operato – solo insieme si possono raggiungere traguardi importanti. Bene, dunque, il coinvolgimento delle società scientifiche, delle associazioni di pazienti e dei media. Personalmente, sulla scorta del mio percorso professionale di ricercatrice biomedica, esprimo profonda ammirazione per queste 76 ricercatrici, vera eccellenza femminile e scientifica. Vi siete distinte contribuendo all’avanzamento delle conoscenze in campo biomedico, nelle scienze cliniche e nelle neuroscienze. Vi siete distinte per competenza e passione. Vi meritate questo premio. E vi meritate di essere premiate negli spazi istituzionali di Regione Lombardia perché la nostra Regione è orgogliosa di voi», dichiara Elena Lucchini, Assessore alla Famiglia, Solidarietà Sociale, Disabilità e Pari Opportunità.
«Quando con Onda abbiamo preso l’iniziativa di fondare il Club delle Top Scientists donne, ci siamo rese conto dell’importanza di dare una mano a creare una rete delle eccellenze femminili in campo biomedico, anche per aumentarne visibilità e forza. Se si considerano i dati relativi alle posizioni apicali è ancora una minoranza quella delle donne che rivestono il ruolo di direttori di Istituti di ricerca e di Dipartimento.
Alcune istituzioni però hanno dato particolare rilievo e opportunità di carriera alle loro ricercatrici e ne parliamo, anche con EWMD (European Women’s Management Development), nel corso della cerimonia, come esempio virtuoso», commenta Adriana Albini, Presidente Club TIWS di Fondazione Onda, Collaboratrice Scientifica IRCCS IEO-Istituto Europeo di Oncologia, Milano
«Siamo felici di continuare quella che è diventata una tradizione: riconoscere il merito delle ricercatrici che si sono distinte per un alto H-index. Premiare il valore delle donne e il loro impatto nel mondo della ricerca è fondamentale per dare un segnale positivo alle giovani donne che vogliono intraprendere questa carriera», dice Sonia Levi, Co-Presidente Club TIWS di Fondazione Onda, Professore ordinario in Biologia Applicata, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Vita e Salute S. Raffaele, Milano.
«Le ricercatrici sono penalizzate in campo medico perché, pur essendo in maggioranza, occupano minori posizioni apicali, hanno meno primi o ultimi nomi negli articoli, ricevono globalmente meno fondi per la ricerca. Devono far sentire la loro voce anche perché le donne abbiano una terapia che non sia basata solo sui risultati ottenuti nei maschi», conclude Silvio Garattini, Fondatore e Presidente, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano.
Fibromialgia: i sintomi, la diagnosi e le cure
Benessere, Medicina Sociale, PsicologiaSi tratta di una patologia reumatologica spesso invalidante. Provoca un dolore muscoloscheletrico diffuso. Secondo i dati colpisce 3-4 milioni di persone, in maggioranza giovani donne. Eppure, in Italia la fibromialgia non è ancora riconosciuta e ci voglio molti anni per arrivare ad avere una diagnosi. Ne soffrono anche alcune star famose, come Lady Gaga, tanto da essere stata costretta ad annullare i suoi concerti. Oggi ricorre la Giornata Mondiale della fibromialgia e le associazioni di pazienti lanciano un appello alle istituzioni, affinché la malattia venga inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale
La fibromialgia, sintomi e diagnosi
Si tratta di una condizione ancora difficile da diagnosticare. I principali sintomi sono: dolore muscolo-scheletrico diffuso, stanchezza cronica, difficoltà a dormire, a concentrarsi e deficit della memoria. Questi sintomi possono sommarsi ad altri disturbi, come: rigidità, cefalea, disturbi digestivi, svogliatezza, formicolii, depressione e disturbi dell’umore.
In assenza di biomarcatori specifici la diagnosi si basa sul dolore diffuso e cronico quando si palpa o si esercita una pressione col dito su alcuni punti del corpo chiamati tender points. La sintomatologia può variare moltissimo tra un paziente e l’altro e questo rende la diagnosi ancora più difficile.
La cura
Ad oggi non c’è una cura risolutiva per la fibromialgia e non si conosce neanche la sua origine. Tuttavia si può convivere con la malattia e attenuare i sintomi. In generale può richiedere l’assistenza di un team multidisciplinare: reumatologo, psicologo, fisioterapista, algologo, nutrizionista.
Attualmente esistono in Italia oltre quaranta Centri specializzati nella sindrome fibromialgica che aderiscono al Registro nazionale della fibromialgia. I pazienti attendono da anni che la malattia sia inserita nei Livelli essenziali di assistenza con le relative prestazioni appropriate per il monitoraggio della malattia in regime di esenzione.
Il Comitato Fibromialgici Uniti – CFU Italia si è fatto promotore di una proposta di legge in Parlamento. Inoltre, in occasione della giornata è stata riproposta l’iniziativa «Non più inVISibili» promossa da Aisf. In tutta Italia s’illuminano di viola (colore della fibromialgia) piazze, edifici, monumenti , con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni dei pazienti con fibromialgia.