Ipertensione: metà senza diagnosi e solo il 20% di chi lo sa, si cura. Cos’è la denervazione renale
Si stima che circa 1,28 miliardi di adulti (di età compresa tra i 30 e i 79 anni) in tutto il mondo siano affetti da ipertensione. Tuttavia, l’ipertensione non è diagnosticata in circa il 50% dei pazienti e nel restante 50% è trattata e ben controllata solo nel 20% dei casi (studio Lancet). Aumentare la consapevolezza è fondamentale, secondo gli specialisti, in quanto la patologia si può prevenire, diagnosticare e curare.
Il recente aggiornamento delle linee guida della Società Europea dell’Ipertensione (ESH) sostiene l’uso della denervazione renale come terzo pilastro terapeutico nell’ambito del percorso di cura dell’ipertensione, insieme alle modifiche dello stile di vita e ai farmaci antipertensivi. Inoltre, anche la Società Europea di Cardiologia (ESC) nelle sue ultime linee guida raccomanda la denervazione renale come un’opzione terapeutica complementare sicura ed efficace per i pazienti con ipertensione resistente, ovvero per quei pazienti che hanno pressione arteriosa elevata nonostante l’impiego di tre farmaci anti-ipertensivi.
Cos’è la denervazione renale
La procedura di denervazione renale viene utilizzata per il controllo della pressione arteriosa e aiuta a ridurre l’ipertensione. Questo trattamento dei pazienti ipertesi implica una stretta connessione tra il paziente, la cardiologia interventistica e il centro per l’ipertensione della struttura sanitaria. Un approccio multidisciplinare rende più efficace il percorso di cura del paziente.
Presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli i pazienti con ipertensione non controllata con i farmaci vengono trattati mediante la procedura di denervazione renale. Quest’ultima è un intervento minimamente invasivo che ha come bersaglio i nervi localizzati intorno alle arterie renali che possono diventare iperattivi e causare l’ipertensione.
Dopo la sedazione, il medico pratica una piccola puntura, di solito nell’inguine, e inserisce un catetere di circa 2 mm nell’arteria che porta al rene. A questo punto si utilizza un catetere a radiofrequenza per ridurre l’attività dei nervi collegati al rene. Con questa procedura non viene impiantato alcun dispositivo.La procedura agisce disattivando i nervi vicini ai reni che possono far aumentare la pressione arteriosa.
L’ipertensione arteriosa
“L’ipertensione arteriosa è un problema importante per i pazienti di tutto il mondo. Per le persone affette da ipertensione, i farmaci e/o i cambiamenti nello stile di vita possono aiutare a ridurre la pressione sanguigna, ma per molti pazienti queste soluzioni da sole potrebbero non essere sufficienti”, dichiara Raffaele Izzo, professore di Scienze Mediche Applicate e specialista dell’ipertensione presso la AOU Federico II di Napoli, che continua: “In qualità di specialista dell’ipertensione, mi sento di affermare che esiste una terapia efficace e sicura aggiuntiva alla terapia farmacologica. Spesso sento dire dai pazienti che sarebbero disposti a esplorare diverse opzioni terapeutiche. Questo ci ha portato a individuare le innovazioni tecnologiche che potrebbero contribuire a fornire una soluzione a lungo termine per abbassare la pressione sanguigna come complemento ai cambiamenti dello stile di vita e alla gestione dei farmaci. Abbiamo constatato che la procedura di riduzione della pressione sanguigna può potenzialmente contribuire a fornire un beneficio per l’ipertensione in aggiunta ai cambiamenti dello stile di vita e alla gestione dei farmaci.”
“Oggi abbiamo a disposizione una terapia innovativa, sicura ed efficace per il trattamento dell’ipertensione resistente. – spiega il professor Giovanni Esposito, presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e Direttore della UOC della Cardiologia dell’omonima azienda ospedaliera.
“Si tratta di una procedura minimamente invasiva durante la quale, con un dispositivo spiraliforme, viene erogata energia a radiofrequenza (RF) termo-ablando i plessi renali disposti attorno alle arterie e mantenendo inalterata la funzionalità dell’organo. Prima di questa procedura non esistevano trattamenti oltre a quello farmacologico. La riduzione della pressione arteriosa è particolarmente importante nei pazienti in politerapia, ma anche – come esplicitato dalle nuove Linee-Guida Europee – in quelli a rischio cardiovascolare molto elevato e in terapia con meno di tre farmaci, perché migliora la prevenzione di complicanze secondarie all’ipertensione quali l’infarto del miocardio, l’ictus cerebrale e l’emorragia cerebrale”.
“Sensibilizzare la popolazione sul rischio dell’ipertensione è il primo passo di una strategia comprensiva di prevenzione – spiega Raffaele Piccolo, Professore Associato di Cardiologia e Cardiologo Interventista dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. – L’efficacia dell’intervento di denervazione è ampiamente dimostrata ed è uno strumento in più per ridurre gli effetti negativi di questa condizione sulla salute delle persone. Basti pensare che con una riduzione di 10 mmHg di pressione arteriosa sistolica si ha una riduzione del rischio di infarto e ictus tra il 20 e 30%”.