Chi dona agli altri trae beneficio anche per se stesso. Lo studio
Il 56,8% dei donatori ha cambiato le proprie abitudini nutrizionali proprio in virtù dell’appartenenza a un’associazione di volontariato. Il 37,8% ritiene anche importante modificare il consumo giornaliero o settimanale di alcolici e il 42,3% del campione ha modificato i propri comportamenti come fumatore. Uno studio del Cergas – Bocconi certifica il positivo ritorno per la collettività dell’appartenenza a un’associazione di volontariato. La ricerca ha preso in esame la più antica associazione del sangue europea, l’Associazione dei Volontari Italiani del Sangue, di cui ricorre quest’anno il 90° anniversario della Fondazione.
L’indagine è contenuta nel libro curato dal presidente di Avis Nazionale Vincenzo Saturni, da Giorgio Fiorentini e da Elisa Ricciuti dell’Università Bocconi che prosegue le ricerche avviate dall’Associazione con la pubblicazione del “Libro Bianco sul sistema trasfusionale” (2014).
“Per quanto il volontariato non sia nella sua essenza quantificabile – ha affermato Saturni – con questa ricerca abbiamo voluto svelare le ricadute positive sanitarie e sociali del volontariato del sangue, frutto anche di una organizzazione attenta, capillare e basata sulla programmazione. Ci auguriamo che questo testo possa fungere da strumento di approfondimento e di lavoro per tutti i soggetti interessati, a partire dai decisori politici ai vari livelli, Governo e Ministeri competenti, Regioni, Enti Locali, per il mondo del volontariato e dell’associazionismo, per gli operatori sanitari del settore trasfusionale e non solo”.
Con il metodo di valutazione del Social Return on Investment (Sroi – Ritorno sociale sugli investimenti), lo studio ha misurato la capacità di AVIS di generare valore socio-sanitario per i propri soci e per la collettività, attraverso la promozione di attività volte ad accrescere le conoscenze, la consapevolezza, la coesione sociale e la salute fisica dei donatori e dei volontari che conducono la loro esperienza di donazione e/o volontariato in seno all’Associazione.
I dati sono stati studiati e ricavati attraverso i questionari compilati da 1.023 donatori distribuiti su 4 sedi campione. In ambito sanitario e di prevenzione, circa il 13% dei donatori ha potuto usufruire di una diagnosi precoce di qualche patologia attraverso i test di qualificazione sierologica e le visite medico specialistiche che precedono la donazione di sangue. Tutto ciò, oltre a informare in anticipo il donatore sulle mutate condizioni di salute, ha comportato anche significativi risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale.
In tema di alimentazione corretta, il 56,8% dei donatori ha cambiato le proprie abitudini nutrizionali. Il 42,3% del campione di studio ha inoltre affermato di aver modificato i propri comportamenti come fumatore, o eliminando del tutto l’abitudine oppure riducendo il consumo giornaliero di sigarette e il 26,2% degli intervistati hanno aumentato le ore settimanali dedicate alla corsa o ad altri sport. Anche il sottogruppo delle persone con più di 40 anni ha modificato questi comportamenti nella misura del 18,4%.
Lo studio ha evidenziato benefici anche in campo relazionale e sociale. Circa il 30% dei donatori volontari ha stretto rapporti interpersonali con altri associati, con una media di 5,1 persone conosciute. Ed è molto alto (circa il 70%) il campione di donatori e volontari Avis che afferma di aver accresciuto il proprio senso di soddisfazione e autorealizzazione dalla partecipazione alle attività dell’associazione.
Un ultimo aspetto che la ricerca ha voluto indagare è l’eventualità che l’esperienza di donazione del sangue possa aver rappresentato l’occasione per sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti di altre organizzazioni di volontariato. Dal campione è emerso che il 32% ha rafforzato la propria disponibilità a collaborare per altre Onlus e il 23% a incrementare le erogazioni liberali.