Trapianto di fegato, meglio se il donatore è “anziano”
Un passo avanti nel trapianto di fegato e la scoperta che l’organo, se impiantato in un paziente più giovane del donatore, invecchia più lentamente. E’ questo il cardine della ricerca condotta all’università di Bologna in collaborazione con l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. Se è noto che il fegato ha capacità di rigenerarsi più accentuate di qualsiasi altro argano, in alcuni interventi ne viene asportato anche il 70%, nulla si sapeva sulla sua capacità di tenersi giovane e sui marcatori molecolari che rivelano questa condizione. Il fegato ha anche la caratteristica unica di poter essere utilizzato con successo per il trapianto, indipendentemente dall’età del donatore. Ora sappiamo che sarebbe sempre meglio avere un donatore più anziano di chi lo riceve. Questa originale ricerca sull’invecchiamento del fegato è stata condotta, per la prima volta, impiegando il modello del trapianto di fegato nell’uomo.
Lo studio
Il team di ricercatori, tra i quali ci sono Miriam Capri e Claudio Franceschi del dipartimento di Medicina Sperimentale Diagnostica e Specialistica dell’Università di Bologna, ha analizzato biopsie del fegato provenienti da donatori d’organo tra i 12 e i 92 anni, campioni di sangue da soggetti riceventi pre e post-trapianto, e anche biopsie di fegato pre-post-trapianto, provenienti da persone in cui la differenza di età con il donatore del fegato era particolarmente marcata. Lo studio ha portato alla luce, con un approccio molecolare e bioinformatico, nuovi marcatori di invecchiamento e l’incremento di alcune piccole molecole di RNA (microRNAs) attive nella regolazione dell’espressione dei nostri geni. Questo incremento si riduce molto in riceventi più giovani mentre è decisamente elevato in riceventi più anziani dei donatori. Inoltre, l’analisi dei profili di alcuni carboidrati complessi presenti nelle proteine del sangue periferico e che in parte sono prodotte da tessuto epatico, ha confermato come questo organo sia effettivamente funzionale dopo il trapianto e come vi siano alcuni segni molecolari di ringiovanimento indipendentemente dall’eta’ del donatore, proprio tramite l’analisi di questi carboidrati.
Il rischio di un tumore
«Lo studio – dice Gian Luca Grazi, direttore della Chirurgia EpatoBilioPancreatica dell’Istituto Tumori Regina Elena – rappresenta un importante passo in avanti nell’acquisizione di marcatori molecolari capaci di descrivere i processi di invecchiamento del fegato. Ma apre anche le porte ad ulteriori filoni di ricerca nella valutazione dell’invecchiamento dell’organo, con e senza patologia, e le relative modificazioni dell’espressione dei geni che possono contribuire al rischio dello sviluppo di tumori».