Asma e obesità, dal Cnr l’identikit delle alterazioni metaboliche
L’asma non è uguale in tutti i pazienti, nelle persone obese ci sono alterazioni metaboliche che non si trovano in altri soggetti. La scoperta arriva da uno studio coordinato dall’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli, pubblicato su Journal of Allergy and Clinical Immunology. In altre parole è stato dimostrato che i soggetti obesi asmatici hanno un fenotipo (vale a dire l’insieme delle caratteristi di ciascun organismo) diverso rispetto a quelli affetti solamente da asma o da obesità. Per arrivare a determinare modelli matematici in grado di caratterizzare le alterazioni metaboliche specifiche del fenotipo asma-obesità, i ricercatori del Cnr diretti da Andrea Motta hanno usato apparecchiature molto sofisticate e avanzati strumenti di analisi statistica. «Il nostro metodo – chiarisce Marotta – permette di valutare il contributo delle diverse componenti che caratterizzano un fenotipo, cioè le potenziali differenze interpersonali, aprendo la strada ad uno strumento in grado di supportare approcci sempre più personalizzati delle terapie farmacologiche».
Un nemico da temere
L’asma è una malattia che colpisce circa 350 milioni di persone. I suoi fenotipi dipendono da fattori genetici e ambientali, ad esempio lo stato dell’infiammazione, la presenza di altre malattie, caratteristiche demografiche ed età della comparsa dei primi sintomi. Circa la metà degli asmatici sono sovrappeso o obesi e un numero crescente di studi indica uno stretto legame tra obesità e asma, patologie che sono in aumento tra la popolazione e costituiscono un problema socioeconomico crescente. Inoltre, l’obesità rende l’asma più difficile da trattare farmacologicamente: alcuni dati indicano che i pazienti obesi asmatici possono presentare una risposta ridotta al trattamento con corticosteroidi. «Per una maggiore efficacia delle terapie – conclude Marotta – è necessario quindi caratterizzare i vari fenotipi mirando a terapie personalizzate e la nostra ricerca punta in questa direzione». Lo studio vede la partecipazione di Mauro Maniscalco, afferente agli Istituti clinici scientifici Maugeri di Telese (Benevento) e all’Ospedale Santa Maria della Pietà di Casoria (Napoli) e di Cristiana Stellato dell’Università di Salerno.