Bianca Balti e il tumore ovarico al terzo stadio: diagnosi, sintomi e cure
Bianca Balti ha annunciato di aver subito un intervento per un tumore ovarico scoperto al terzo stadio. La modella, già nel 2022, si era sottoposta a una mastectomia bilaterale preventiva, consapevole del rischio a cui era esposta a causa della mutazione BRCA. La mutazione di questo gene, infatti, aumenta le probabilità di sviluppare tumori al seno e alle ovaie. L’annuncio sui social ha riportato attenzione su un tipo di cancro difficile da diagnosticare e da trattare.
Secondo i dati della American Cancer Society, fino al 25 per cento circa dei tumori dell’ovaio fanno parte di sindromi oncologiche familiari, ovvero sono associate al fatto di avere ereditato mutazioni in specifici geni. Si stima che le donne portatrici di mutazioni BRCA1 e BRCA2 abbiano una probabilità del 39-44% di sviluppare un tumore ovarico, contro l’1-2% della popolazione generale.
Secondo le stime, in Italia ogni anno circa 6 mila donne ricevono una diagnosi di tumore ovarico, la neoplasia rappresenta il 3% delle diagnosi di tumore nelle donne. Oltre a quelli genetici, tra i fattori di rischio per il cancro dell’ovaio c’è l’età: la maggior parte dei casi viene identificata tra i 50 e i 69 anni. Altri fattori di rischio sono l’obesità, un menarca (prima mestruazione) precoce o una menopausa tardiva e non aver avuto figli. Sono, invece, fattori protettivi, l’aver avuto più figli, l’allattamento al seno e l’uso a lungo termine di contraccettivi estroprogestinici.
Diagnosi tardiva e complessità del tumore ovarico
Il tumore ovarico è uno dei più complessi da curare. Ogni anno in Italia causa 3 mila decessi. L’ostacolo principale è la diagnosi tardiva. Nel 70% dei casi, il tumore viene scoperto in fase avanzata, rendendo più difficile l’intervento e la cura. Il terzo stadio, quello diagnosticato a Bianca Balti, indica che il tumore si è già esteso oltre le ovaie, invadendo il peritoneo o coinvolgendo altri organi. La prognosi peggiora sensibilmente rispetto agli stadi iniziali. Il tumore ovarico tende a infiltrare il peritoneo, una membrana che riveste gli organi addominali. L’intervento chirurgico è delicato e spesso seguito da chemioterapia per eliminare eventuali cellule tumorali residue.
Sintomi vaghi e diagnosi difficile
I sintomi del tumore ovarico sono spesso generici e possono essere facilmente confusi con altre patologie. Sensazione di sazietà a stomaco vuoto, gonfiore addominale persistente, fitte addominali, necessità frequente di urinare, perdite vaginali o problemi intestinali come diarrea o stitichezza, possono indicare la presenza del tumore. Domenica Lorusso, ordinario di ginecologia all’Humanitas University, ha spiegato al Corriere della Sera che questi segnali sono spesso vaghi e, per questo, molte donne trascurano i campanelli d’allarme. La difficoltà di diagnosi precoce rende il tumore ovarico particolarmente pericoloso.
Le mutazioni BRCA e il rischio genetico
Un fattore di rischio importante sono le mutazioni ereditarie nei geni BRCA1 e BRCA2 e di altri geni che possono essere alterati, nella cosiddetta sindrome ereditaria di seno-ovaio. Le donne portatrici delle mutazioni BRCA 1 e 2, quindi, hanno un rischio significativamente maggiore di sviluppare tumori al seno e alle ovaie.
Le mutazioni possono essere trasmesse geneticamente, quindi chi le possiede ha anche una maggiore probabilità di trasmetterle ai propri figli. Secondo le stime, una donna con mutazione BRCA1 ha il 60% di probabilità di sviluppare un tumore al seno e circa il 40% di probabilità di contrarre il cancro ovarico. Per le portatrici di mutazione BRCA2, il rischio per il tumore ovarico è più basso, ma comunque significativo, attorno al 20%.
Prevenzione e monitoraggio
Per le donne portatrici delle mutazioni BRCA, esistono due principali strategie preventive. La prima è un monitoraggio stretto e regolare, con controlli medici ogni sei mesi, che permettono di individuare eventuali tumori in una fase precoce. Tuttavia, per il tumore ovarico, la sorveglianza tramite ecografie si è rivelata deludente in termini di diagnosi anticipata.
La seconda opzione è la chirurgia preventiva. Si tratta della rimozione delle ovaie e delle tube (salpingo-ovariectomia) o, come nel caso di Balti, della mastectomia. Questa strategia è l’unica a ridurre significativamente il rischio di sviluppare il cancro ovarico, che non dispone di programmi di diagnosi precoce efficaci. Questo tipo di interventi richiede un approccio multidisciplinare e devono essere considerati anche aspetti come la maternità e gli effetti della menopausa precoce.
Intervento chirurgico e cure successive
Nelle donne con mutazione BRCA, si raccomanda di eseguire la salpingo-ovariectomia intorno ai 40 anni. L’intervento, pur riducendo drasticamente il rischio di sviluppare tumori ovarici, comporta l’immediato inizio della menopausa. Le pazienti con tumore ovarico al terzo stadio, come Balti, dopo l’intervento chirurgico, sono sottoposte a cicli di chemioterapia per eliminare le cellule tumorali residue. Questo trattamento riduce il rischio di recidiva e aumenta le possibilità di sopravvivenza.
Tumore sottovalutato
La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è attorno al 43 per cento, soprattutto perché in molti casi la malattia viene diagnosticata quando è in fase già avanzata. Tuttavia, le statistiche dimostrano che la sopravvivenza a cinque anni per le donne con tumori in fase iniziale può arrivare al 90%. I test genetici per verificare la presenza di mutazioni BRCA sono il primo passo per adottare misure preventive efficaci. Il tumore ovarico resta una sfida per la medicina, ma la conoscenza dei fattori di rischio genetici e l’adozione di misure preventive possono fare la differenza.