Cancro al colon retto nel 90% dei casi si può prevenire: tutto quello che serve sapere
Il cancro al colon retto è il secondo più diffuso in Italia, con 50.500 nuove diagnosi nel 2023 e numeri in aumento tra i giovani. Totò Schillaci, ex campione di calcio, ha scoperto di averlo nel 2022. A soli 56 anni ha subito due interventi, raccontando in più interviste le difficoltà affrontate. La sua vicenda ha riportato l’attenzione su una malattia che non colpisce solo gli anziani, ma anche persone sotto i 50 anni.
Negli Stati Uniti, i tumori del colon retto negli Under 50 sono quasi raddoppiati dall’inizio degli Anni ’90, in numero assoluto. Un recente studio – pubblicato sulla rivista Annals of Oncology – mostra un aumento della mortalità nella fascia 25-49 anni anche in Unione Europea, in particolare nel Regno Unito dove il numero dei decessi causati da questa forma tumorale è cresciuto del 26,1% nei maschi e del 38,6% nelle donne rispetto al 2018. Un trend simile, ma più ridotto, è stato osservato anche in Italia.
La buona notizia è che il tumore al colon retto, nel 90% dei casi, può essere prevenuto grazie alla diagnosi precoce. Tuttavia, i dati mostrano come molti pazienti più giovani arrivino con la malattia più avanzata al momento della diagnosi rispetto alle persone anziane che vengono sottoposte a screening regolarmente.
Il ruolo dello stile di vita
I fattori che sembrano contribuire all’aumento dell’incidenza del tumore del colon retto tra i giovani adulti sono obesità, consumo di alcol e di bevande ad elevato contenuto di zucchero, fumo e sedentarietà, oltre a predisposizione genetica in una percentuale alta di casi. A sottolinearlo è Claudio Belluco, direttore di Chirurgia oncologica generale del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano e vicepresidente della Società Italiana di Chirurgia Oncologica.
Secondo le evidenze scientifiche, lo stile di vita sembra influire sull’aumento del rischio di sviluppare questa patologia attraverso modificazioni del microbioma, ovvero dei microrganismi che vivono nel tratto intestinale, come sottolinea il professor Renato Cannizzaro, direttore della Gastroenterologia oncologica e sperimentale del CRO Aviano, che ha fatto parte del team internazionale di esperti che, lo scorso marzo, ha delineato le linee guida per la diagnosi e la terapia negli Under 50.
Le nuove terapie contro il cancro del colon retto
La diagnosi precoce può fare la differenza tra la vita e la morte per questo tipo di tumore. Tuttavia oggi esistono diverse terapie efficaci, anche nei casi più avanzati. La ricerca ha portato allo sviluppo di farmaci biologici in grado di bloccare la crescita del tumore e l’immunoterapia ha dimostrato di prolungare significativamente la vita dei pazienti con metastasi.
Anche la chemioterapia, che può essere somministrata prima o dopo l’intervento, funziona bene in molti casi per ridurre il rischio di recidive. Tuttavia, molto dipende dall’aggressività del tumore e dalla tempestività della diagnosi. Le statistiche mostrano che in Italia il 65% dei pazienti con diagnosi di cancro al colon vive almeno cinque anni dopo la diagnosi.
Tumore al colon ha molte facce
Non esiste un solo tipo di tumore al colon. Come spiega Antonio Russo, professore ordinario di Oncologia medica all’Università di Palermo, in un’intervista al Corriere della Sera, il carcinoma colon rettale è una neoplasia estremamente eterogenea dal punto di vista genetico-molecolare. Ogni tumore ha delle mutazioni specifiche nel DNA del paziente, che influenzano l’aggressività del cancro e la risposta alle terapie.
Alcuni geni, come KRAS, NRAS, BRAF e quelli coinvolti nella riparazione del DNA, possono fornire informazioni fondamentali sulla prognosi e sulla scelta del trattamento. Conoscere queste alterazioni è oggi cruciale per individuare la strategia terapeutica più efficace. Per esempio, alcuni farmaci funzionano meglio in presenza di determinate mutazioni genetiche, mentre in altri casi può essere utile un approccio diverso, come l’immunoterapia.
Prevenzione e diagnosi precoce: il test sof salva la vita
Nonostante i progressi nella cura, la prevenzione resta l’arma più potente contro il cancro al colon retto. Il 20% dei casi viene diagnosticato in stadio avanzato, quando le metastasi sono già presenti e l’intervento chirurgico non è più risolutivo. Per questo il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (Sof) rappresenta uno strumento fondamentale per la diagnosi precoce. Questo esame, gratuito per tutti i cittadini italiani tra i 50 e i 69 anni, può individuare lesioni precancerose, come polipi intestinali, prima che si trasformino in tumori maligni.
Il tumore al colon retto si sviluppa lentamente, impiegando in media una decina d’anni per passare da un adenoma benigno a una forma maligna. Grazie al test Sof, è possibile rimuovere i polipi prima che diventino pericolosi. Tuttavia, solo la metà degli italiani aderisce a questo programma di screening, nonostante il test possa prevenire fino al 90% dei casi di cancro.
I sintomi da non sottovalutare
Uno dei motivi per cui il tumore del colon retto viene spesso diagnosticato tardi è l’assenza di sintomi evidenti nelle fasi iniziali. Tuttavia, ci sono alcuni segnali che non devono essere ignorati, soprattutto dopo i 50 anni. La presenza di sangue nelle feci, anche in piccole quantità, è uno dei principali campanelli d’allarme. Altri sintomi includono la sensazione di incompleta evacuazione, la necessità di defecare in più tempi ravvicinati, una perdita di peso inspiegabile, stanchezza e febbricola, specialmente nelle ore serali, sottolinea lo specialista nell’intervista.
Alcuni segnali sono invece associati alla presenza di un tumore del colon retto soprattutto nelle persone con meno di 50 anni. Si tratta di: dolore addominale, sanguinamento, diarrea e livelli di ferro bassi. Lo ha messo in evidenza uno studio della Washington University School of Medicine di St. Louis lo scorso anno. I risultati sono pubblicati sul Journal of the National Cancer Institute.