“A fianco del coraggio”, donne con tumore e caregiver uomini al loro fianco
Il tumore arriva senza avvisare, stravolge la vita del paziente e di tutte le persone che lo circondano. Da un giorno all’altro i familiari si ritrovano nella veste del caregiver. Se nella narrazione della cura spesso l’immaginario riporta automaticamente alla figura femminile, in realtà dietro si nasconde un mondo di storie spesso trascurate. Le riporta alla luce il Premio letterario promosso da Roche, giunto alla sesta edizione, quest’anno vinto da “Soldatini” di Luca Locatelli.
Infatti, quella dei caregiver uomini che affrontano con coraggio la malattia oncologica delle donne è una prospettiva meno considerata. Eppure sono compagni, mariti, figli o amici che, con amore e dedizione, si pongono “al fianco del coraggio” delle donne nelle sfide della malattia. Durante la premiazione, ieri sera a Roma, è stato presentato in anteprima il cortometraggio, ispirato al racconto vincitore, che sarà diffuso nei circuiti televisivi e cinematografici partner dell’iniziativa. Inoltre sono stati presentati i risultati di un’analisi socio-antropologica delle storie.
“Soldatini” vince la sesta edizione di #afiancodelcoraggio
“Soldatini” di Luca Locatelli ha vinto la sesta edizione di #afiancodelcoraggio. La sceneggiatura dell’omonimo cortometraggio è stata realizzata da Marika Tassone, anch’essa premiata durante la serata.“Il Premio ci offre un punto di vista inedito che porta in primo piano elementi a volte invisibili di chi vive una malattia e di chi sta loro accanto”, ha affermato Gianni Letta, Presidente della Giuria. “Questa iniziativa ci ricorda quanto sia importante la condivisione anche dei momenti di difficoltà perché da essi possiamo trarre il coraggio di andare avanti, nonostante tutto”, ha aggiunto.
Anche il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli è intervenuta sottolineando il valore sociale dell’iniziativa che tiene alta l’attenzione su un tema molto importante che tocca la vita di tante famiglie. “Nelle loro storie di vita – ha aggiunto – c’è tutta la forza e il coraggio di chi affronta una grave malattia e di chi se ne prende cura”. “A tutti loro, uomini e donne che amano e curano i propri cari spesso facendo rinunce e restando isolati, a tutti coloro che con coraggio non smettono mai di essere un sostegno per le persone che amano, va il mio grazie, dal profondo del cuore. Con l’istituzione del tavolo interministeriale per il caregiver familiare ci impegneremo per dare ai caregiver il giusto riconoscimento e la speranza di non sentirsi più soli”, ha concluso.
Nell’evento sono stati presentati i risultati di una ricerca realizzata da Cristina Cenci, Senior Partner di Eikon Strategic Consulting, con l’obiettivo di far emergere percezioni, vissuti ed esigenze in un’ottica di caregiving di genere. La ricerca ha previsto due fasi: un’analisi della letteratura su identità, bisogni, aspettative dell’informal caregiver e un’analisi socio-antropologica delle narrazioni raccolte nel corso delle varie edizioni di #afiancodelcoraggio.
65% dei caregiver familiari sono donne tra i 45 e i 55 anni
Secondo i dati di Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 65% dei caregiver familiari sono donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa o che sono state costrette ad abbandonarlo (nel 60% dei casi). Alcuni studi hanno mostrato come l’esperienza di cura non sia neutrale dal punto di vista del genere. Emerge, infatti, che il diverso grado di disagio sperimentato dai caregiver uomini o donne potrebbe essere associato alle diverse aspettative sociali legate al genere. Dalle storie di #afiancodelcoraggio affiora che anche gli uomini nel ruolo di caregiver si adeguano al modello sociale di genere che richiede loro forza, controllo, distacco e protezione e in cui prevale un’empatia controllata. In più di un terzo delle storie (38%), il caregiver afferma esplicitamente di aver esercitato un controllo deliberato sulle proprie emozioni nascondendole o vivendole in solitudine. Questi attributi collettivi dell’identità di genere diventano maschere che facilitano il caregiver nell’accompagnamento della donna con tumore ma che al tempo stesso lo isolano rendendo difficile una piena condivisione delle proprie emozioni e sentimenti.
“L’analisi delle storie fa emergere la valenza articolata del progetto #afiancodelcoraggio, che ha rappresentato un’azione di story advocacy e di ascolto, e nello stesso tempo ha offerto ai caregiver uno spazio narrativo protetto che gli ha consentito di condividere vissuti ed emozioni che raramente hanno modo di esprimere”, commenta la dott.ssa Cenci. “Essere sostegno senza sostenersi, a propria volta è un compito difficile che può portare a situazioni di forte disagio. Per essere efficace come caregiver, l’uomo tende a rendere invisibili agli altri la sua sofferenza, che, in un circolo negativo, si traduce in solitudine e isolamento. La maschera di genere da risorsa rischia così di trasformarsi a sua volta in problema”.
Il premio
Le edizioni sono ad oggi sei e altrettanti i cortometraggi realizzati, con 309 storie selezionate, oltre 17 mila voti online e 3 medaglie ricevute dal Presedente della Repubblica. Nato nel 2016, il Premio letterario, in questi anni ha raccontato – attraverso le storie degli uomini – l’esperienza al fianco di donne che affrontano una malattia oncologica, declinando il caregiving in una prospettiva di genere. “La cronaca degli ultimi giorni ci pone ancora una volta davanti alla responsabilità di affrontare un serio dibattito, a tutti i livelli della società civile, sui ruoli di genere” – ha ribadito Benedetta Nicastro, Communication Head di Roche S.p.a. e Segretario Generale del Premio
Sono intervenuti anche Francesco Rutelli, Presidente Anica Academy ETS; Carolina Marconi, ambassador di #afiancodelcoraggio, con la partecipazione speciale dell’attore e regista teatrale Massimo Ghini e dell’attrice e regista Michela Andreozzi che hanno letto e interpretato alcuni brani.
Vissuto dei caregiver
L’84% dei caregiver di persone malate di tumore sviluppa livelli di disagio psichico oltre la soglia del normale. Più del 50% dei partner caregiver sviluppa livelli clinici di depressione tre volte superiori a quelli misurati in campioni di persone della stessa età. I caregiver, inoltre, riportano anche disturbi del sonno, affaticamento e disturbi dell’appetito, con ricadute sociali importanti. Alcuni studi hanno analizzato l’attività del caregiving mostrando come l’esperienza di cura non sia neutrale dal punto di vista del genere. Emerge che il diverso grado di disagio sperimentato dai caregiver uomini o donne potrebbe essere associato alle diverse aspettative sociali legate al genere. Le donne che assistono malati di tumore sarebbero più portate a porsi standard elevati e ad assumersi ruoli di assistenza, per corrispondere alle pressioni sociali che vigono nei loro confronti e che esse stesse hanno interiorizzato nel corso del processo di socializzazione. Viceversa, gli uomini che si occupano di assistenza sperimenterebbero un senso di soddisfazione personale e di autostima maggiori, proprio per il fatto di aver svolto un ruolo che non è quello che ci si aspetterebbe da loro.
Quello che emerge, invece, dall’analisi delle storie di #afiancodelcoraggio è che anche gli uomini nel ruolo di caregiver si adeguano al modello sociale di genere che richiede loro forza, controllo, distacco e protezione e in cui prevale un’empatia controllata. In più di un terzo delle storie (38%), il caregiver afferma esplicitamente di aver esercitato un controllo deliberato sulle proprie emozioni nascondendole o vivendole in solitudine. Questi attributi collettivi dell’identità di genere diventano maschere che facilitano il caregiver nell’accompagnamento della donna con tumore, ma che al tempo stesso lo isolano, rendendo difficile una piena condivisione delle proprie emozioni e sentimenti. Gli studi e le narrazioni prese in esame sottolineano l’importanza di considerare il caregiving in una prospettiva di genere e di riconoscere che uomini e donne possono sperimentarlo in modi diversi in relazione alle diverse aspettative sociali. Queste differenze possono essere una risorsa, ma anche diventare un problema.