Fertilità: in Italia si rimanda un figlio per motivi economici, lavorativi e di sostegno
Chi rinuncia o rinvia la nascita di un figlio in Italia, lo fa principalmente per motivi economici, lavorativi e per l’assenza di sostegno alle famiglie con figli. È solo uno degli aspetti emersi dallo Studio Nazionale Fertilità.
A chi è rivolto lo Studio Nazionale Fertilità
Giovanissimi, studenti universitari, adulti, pediatri di libera scelta, medici di medicina generale e specialisti nel campo della riproduzione: sono loro i destinatari dello Studio Nazionale Fertilità, promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie del Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con la Sapienza Università di Roma, l’Ospedale Evangelico Internazionale di Genova e l’Università degli Studi di Bologna. La finalità è stata quella di raccogliere informazioni sulle conoscenze, atteggiamenti e comportamenti sulla salute sessuale e riproduttiva per orientare la programmazione di interventi a sostegno della fertilità in Italia.
Nel Rapporto Istisan 20/35 vengono presentati i risultati delle 5 indagini realizzate nel 2017 e 2018 e rivolte sia alla popolazione potenzialmente fertile (più di 50.000 adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile) che ai professionisti sanitari (più di 3.000 pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi e personale ostetrico).
Cosa è emerso: popolazione adulta
I dati mettono in luce una mancata consapevolezza del ruolo giocato dall’età sulla capacità riproduttiva maschile e sulla fertilità biologica femminile. Inoltre, le ragioni più frequenti per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli. È in questi ambiti che vanno presumibilmente ricercate le ragioni del drammatico calo della natalità in Italia, che non accenna ad arrestarsi.
L’indagine tra gli adulti in età fertile, 18-49 anni, è stata condotta dall’ISS utilizzando il Sistema di Sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), che ha permesso di realizzare più di 20.000 interviste su un campione rappresentativo per genere ed età di tutta la nostra popolazione in età adulta.
Tutte le regioni hanno partecipato alla rilevazione garantendo una copertura del territorio nazionale pari al 92%. Il tasso di risposta totale è stato molto alto, pari all’86%.
Adolescenti
Con il supporto delle Regioni e il coinvolgimento del MIUR, l’ISS ha reclutato un campione complessivo, rappresentativo di tutto il Paese, di più di 16.000 studenti di 16-17 anni. Dai risultati emerge che gli adolescenti italiani hanno delle conoscenze generali sulla fertilità e riproduzione, anche se vi sono spazi di miglioramento sulla conoscenza di alcuni fattori di rischio e sulle infezioni trasmesse per via sessuale. Sebbene la principale fonte informativa sia internet, più della metà ha partecipato a incontri su queste tematiche a scuola. Al contesto scolastico i giovani riconoscono un ruolo formativo fondamentale, chiedendo che si parli di queste tematiche già a partire dalla scuola primaria o secondaria, mentre la famiglia rimane un contesto dove è difficile parlare di queste tematiche. Per quanto riguarda gli atteggiamenti, la gran parte dei ragazzi (80%) pensa di avere figli in un futuro e nel 70% dei casi ritiene che l’età giusta per averli sia entro i 30 anni. Circa il 30% ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi, valore nella media dei Paesi europei. La gran parte ha dichiarato di usare contraccettivi (solo il 10% ha dichiarato di non usarli), principalmente il profilattico. Purtroppo solo una piccola percentuale di adolescenti si rivolge in questo ambito ai professionisti della salute e ai consultori familiari che sono servizi con spazi spesso dedicati ai giovani e con equipe multidisciplinare.
Studenti universitari
L’indagine rivolta agli universitari è stata realizzata dalla Sapienza Università di Roma con la partecipazione di quasi 14.000 giovani coinvolgendo diversi Atenei italiani. Dall’analisi dei dati è emersa una prevalenza significativa di fumatori, stimata intorno al 25%, e solo il 32,7% dei partecipanti ha riferito di non assumere abitualmente bevande alcoliche. Le conoscenze sulle tematiche relative la salute sessuale e riproduttiva sono risultate carenti, sebbene questo non sia spesso riconosciuto dai giovani studenti. Rispetto ai comportamenti nell’ambito della sessualità, mentre la quasi totalità ha dichiarato di usare contraccettivi nei rapporti con il partner abituale è emersa una non trascurabile percentuale che non usa metodi di protezione nei rapporti occasionali. L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra i 26 e i 30 anni: questo dato dimostra una differenza fra il “percepito” e il reale, soprattutto alla luce dei dati statistici della genitorialità in Italia. Tra le fonti di informazioni la scuola ed incontri educativo-informativi sono percepiti come il miglior canale di diffusione ed informazione per tali tematiche ma oltre il 90% ha riferito di essersi informato autonomamente tramite internet.
Pediatri di Libera Scelta (PLS), Medici di Medicina Generale (MMG) e specialisti
Altre due indagini rivolte ai PLS e MMG, realizzate dall’Università degli Studi di Bologna in collaborazione con la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e con la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), hanno riguardato un campione di oltre 700 PLS e altrettanti MMG; 1900 professionisti della salute riproduttiva (ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi, personale ostetrico) hanno infine partecipato a indagini condotte dall’Ospedale Evangelico Internazionale di Genova in collaborazione con le principali società scientifiche e federazioni di categoria.
“L’analisi dei dati ottenuti – si leggenel report – mostra in generale un buon livello di conoscenza in ambito della salute sessuale e riproduttiva anche se si evidenziano bisogni formativi su alcune aree e sulla relativa comunicazione agli assistiti. Infine è generalizzato nella popolazione e tra i professionisti un eccessivo ottimismo sulle possibilità delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) nel risolvere sempre i casi di infertilità”.