Malattie rare, proteggere i pazienti fragili
Il Covid-19 si è dimostrato un nemico insidioso a prescindere dall’età e da patologie pregresse, ma è ancor più vero che esiste una popolazione fragile – quella degli immunodepressi e delle persone con malattie rare – che è ancor più esposta e che per questo deve essere protetta con misure ad hoc, sino a quando questa pandemia non sarà finita. «Parliamo di una popolazione molto ampia», spiega Giuseppe Limongelli, responsabile centro di coordinamento malattie rare della Regione Campania, «una popolazione che spesso sfugge anche alle stime ufficiali a causa di registri che non sono al passo con il numero di patologie esistenti».
Dottor Limongelli, quante sono in Campania le persone con malattia rara?
«In Campania sono certificate e diagnosticate circa 20.000 persone con malattia rara, ma si tenga presente che l’elenco nazionale delle malattie rare, vale a dire quelle patologie che possono rientrare nei LEA, annovera poco meno di 500 patologie rispetto alle circa 8.000 malattie rare che oggi conosciamo. Va da sé che in tutte le regioni c’è un’ampia fascia di popolazione che resta esclusa da una diagnosi e da una certificazione».
Quali sono gli aspetti più complessi dell’emergenza Covid rispetto alle fragilità?
«Il paziente con malattia rara è per definizione un paziente fragile e con bisogni speciali che possono riguardare tanto l’ambito diagnostico, quanto l’ambito terapeutico. Ciò che conta è una diagnosi precoce e un altrettanto precoce approccio terapeutico, ove disponibile. Tutto questo ci consente di “cronicizzare” diverse malattie rare, così come avviene anche per patologie più note e diffuse. La pandemia ha reso complicata la gestione di queste cronicità e le sfide da affrontare sono ancora molte».
Cosa ha fatto il governo in questo senso?
«Una delle azioni più incisive è stata quella di prevedere per tutti i soggetti fragili e immunodepressi un’attenzione in più soprattutto in ambito lavorativo. Questa tutela delle fragilità passa in prima istanza tramite i medici di famiglia ed i medici competenti dell’ASL, che possono assegnare il codice INPS “V07” (persone con necessità di isolamento, altri rischi potenziali di malattie e misure profilattiche), misura che consente alla persona fragile di essere esonerata dal recarsi sul luogo di lavoro».
Necessariamente più intensa l’azione delleRegioni, giusto?
«Le Regioni hanno declinato sul territorio, anche se un po’ a macchia di leopardo, questa stessa attenzione. In Campania si è guardato in particolare a due aspetti: la gestione del paziente in emergenza e la gestione del follow up».
Vale a dire?
«I pazienti in emergenza vanno ospedalizzati con la previsione di un percorso non-Covid, mentre per i pazienti non in emergenza sono state implementate diverse forme di tele-consulto e di telemedicina. Una linea d’azione che ricalca ciò che hanno fatto i medici di famiglia con i pazienti Covid, raggiunti grazie a tecnologie che consentono un colloquio a distanza e in alcuni casi in grado di rilevare parametri biometrici». Per i pazienti senza ancora una chiara diagnosi, la Regione Campania ha identificato il Centro di Coordinamento e la commissione di esperti regionali, come nucleo centrale per la raccolta delle difficoltà e la discussione di casi complessi, creando di fatto una piccola “equipe multidisciplinare regionale” a servizio del cittadino. Il centro di coordinamento malattie rare ha un numero a disposizione per tutti i cittadini, farmacisti, medici, ovvero tutte le figure coinvolte nella rete campana malattie rare (http://www.ospedalideicolli.it/malattierarecampania/; 3356444864).
Cruciali anche i temi dell’accesso alle cure e alla riabilitazione.
«Sì, sono ambiti che ci hanno impegnato molto. Da un lato si è reso necessario consentire l’accesso alle cure per conservare una continuità terapeutica, e su questo il rinnovo automatico delle esenzioni e dei piani terapeutici è stato di notevole ausilio per i malati cronici e rari. Si tenga presente che alcune persone con malattia rara devono sottoporsi con regolarità a terapie endovena. Terapie che andrebbero fatte in ospedale. Grazie al lavoro messo in campo da molte regioni e con il supporto dell’AIFA, in molti casi è stato possibile ridurre al minimo i rischi, consentendo in sicurezza la continuità terapeutica tramite la “home therapy” (terapia a domicilio) gestita da equipe infermieristiche».
La Campania è riuscita a garantire questi percorsi?
Sì, la direzione generale Tutela della Salute con la UOD Assistenza Ospedaliera ha elaborato le misure di supporto ai pazienti affetti da malattia rara in regione Campania durante l’infezione da SARS-COV-2 (COVID-19) e con la UOD Politica del Farmaco e Dispositivi ha prorogato i piani terapeutici. Inoltre, con tutti i medici che gestiscono questa tipologia di pazienti, abbiamo analizzato le problematiche, impegnandoci a creare percorsi più o meno complessi capaci di rispondere a queste esigenze. In alcuni casi lo abbiamo fatto anche attivando progetti individuali con assistenza domiciliare integrata». Più dolente il tasto della riabilitazione, giusto? «Sì, comprensibilmente molti pazienti hanno scelto o sono stati costretti a rinunciare. Di fatto molte delle terapie si sono fermate per il rischio del contagio, le uniche alternative sono quelle dove si è potuto procedere a casa. Problemi simili li abbiamo avuti con pazienti affetti da malattie neurologiche o neuromuscolari. Ovviamente quando abbiamo ricevuto segnalazioni siamo intervenuti, ma siamo consapevoli che la maggior parte dei pazienti non ci ha neanche scritto e ha accettato questa situazione per paura di contrarre il virus. Ora un po’ alla volta si sta cercando di ripartire».
Come approcciate la fase 2?
«Stiamo studiando un percorso quanto più sicuro possibile, perché non dobbiamo mai dimenticare che il virus continua ad essere tra noi. Con la commissione regionale malattie rare stiamo discutendo percorsi ad hoc per i pazienti più fragili che devono accedere agli ambulatori».
Esiste anche un numero per le emergenze?
«Sì, il 347.9486093 messo a disposizione dal Ruggi d’Aragona e dedicato alla gestione dei pazienti immunodepressi. La Campania riconosce delle vere eccellenze in questo settore, oltre al Ruggi è giusto ricordare le due Università Federico II e Vanvitelli, che gestiscono egregiamente questi pazienti. L’istituzione di questo servizio durante l’emergenza Covid-19 è stata immaginata per dare supporto ai medici del 118 e a tutte le direzioni aziendali, anche se potenzialmente può essere utilizzato direttamente anche dai cittadini. L’idea è quella di fornire un supporto nell’emergenza perché se si tratta di una persona con malattia rara è possibile che anche i soccorritori abbiano difficoltà».