Un cane fa bene al cuore: è scientificamente provato
Avere un cane fa bene al cuore. Non è un modo di dire, ma un dato scientificamente provato. Proprio così. Avere un animale domestico, specialmente un cane, protegge a livello cardiovascolare le persone avanti con gli anni, e non solo. Se ne è parlato al 64mo congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) a Roma. Una ricerca, da poco pubblicata su Mayo Clinic proceedings, ha dimostrato questo legame tra benessere del cuore e rapporto con gli animali. In particolare, nella ricerca sono state coinvolte 2000 persone. Il 62% di chi convive con un amico a quattro zampe svolge un’adeguata attività fisica, contro il 47% di chi non ce l’ha. Migliorano glicemia, colesterolo, pressione, girovita e si hanno effetti positivi sulla salute cardiovascolare. In altre parole, avere un animale porta a modificare in meglio il proprio stile di vita: il 62% dei padroni infatti fa una quantità ottimale di attività fisica giornaliera, un altro 29% un movimento comunque sufficiente. Inoltre, chi non ha un cane si muove quanto dovrebbe nel 47% dei casi, arriva a una quantità di moto appena sufficiente nel 35%. “Questo miglioramento dello stile di vita si ripercuote su parametri come la glicemia, sensibilmente migliore nell’84% di chi ha un cagnolino contro l’80% di chi non ne ha uno, oppure i livelli di colesterolo, ottimali nel 45% di chi ha un cane e solo nel 40% di chi non ne ha – ha spiegato Raffaele Antonelli Incalzi, presidente Sigg. Soltanto il fumo sembra più frequente. Chi possiede un cane fuma nel 27% dei casi contro il 22%. “Non bisogna poi sottovalutare il benessere psicologico regalato dagli amici pelosi – sottolinea Incalzi – gli anziani soli possono trovare in un fedele compagno di vita una ragione per uscire di casa ma anche un vero amico, trovando così un antidoto alla solitudine”. E conclude: “Gli studi mostrano che gli over 65 che possiedono un cane o anche un gatto soffrono meno di isolamento sociale, hanno minori sintomi di depressione, ansia e deficit cognitivi ma pure una significativa resilienza di fronte a eventuali disturbi neuropsicologici”.