Autismo, ricerche sull’ormone della socialità
C’è una nuova speranza per le persone colpite da disturbi dello spettro autistico, è l’ormone della socialità. Il nome scientifico di questo ormone è vasopressina e si è scoperto che potrebbe aiutare a risolvere alcuni dei sintomi chiave dell’autismo. Problemi di comunicazione e interazione con gli altri, ad esempio, ma anche i deficit di empatia (cioè la difficoltà a capire gli altri) e i comportamenti ripetitivi.
COMPORTAMENTI SOCIALI
Queste nuove prospettive, che non devono comunque lasciar penare ad un cambiamento miracoloso, sono il frutto di due trial clinici indipendenti, entrambi pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine. In entrambi i casi è risultata fondamentale la regolazione della concentrazione della vasopressina (ormone del nel cervello già noto per la sua influenza sui comportamenti sociali nei mammiferi) anche se restano da chiarire i meccanismi precisi del suo funzionamento.
GLI STUDI
Il primo trial, che ha coinvolto 223 maschi adulti con sindrome autistica, è stato condotto col farmaco sperimentale “balovaptan”, che ha come target il recettore della vasopressina. Il secondo trial, su 30 bambini autistici di 6-12 anni, è stato condotto in Usa da Karen Parker della Stanford University con uno spray nasale a base di vasopressina, somministrato in tre diverse dosi per 4 settimane solo a metà del campione mentre gli altri bimbi hanno ricevuto uno spray placebo. Le capacità di interazione e altri aspetti come l’ansia, i comportamenti ripetitivi e le capacità empatiche dei bimbi sono state valutate prima e dopo la terapia e si è visto con dei test ad hoc (usati normalmente dai clinici che si occupano di autismo) un miglioramento oggettivo del quadro clinico dei bambini che hanno assunto vasopressina. Ora si punta a confermare il dato e a valutare la dose migliore di vasopressina per ottenere gli effetti maggiori possibili. Se le terapie dovessero confermare le aspettative allora in prossimo futuro potrebbero diventare vere e proprie armi per migliorare le capacità relazionali di quanti sono affetti da alcune forme di autismo.