Pedopornografia: metà del materiale proviene dai profili di mamme e papà
Gli ultimi rapporti sulla pedopornografia in rete destano allarme. Il materiale scambiato aumenta e diventa sempre più difficile risalire agli autori. I pericoli per i ragazzini crescono, tra social network e dark web: da quando esiste la rete i pedofili hanno più mezzi. I dati dell’ultimo rapporto di Meter, (onlus che collabora con la Polizia postale), sono chiari: si parla di due milioni di immagini censite, il doppio rispetto all’anno precedente. Inoltre aumenta la pedopornografia con vittime che vanno dagli 0 ai 3 anni e gli orchi hanno imparato a non lasciare tracce: «Grazie a servizi come Dropfile, che consentono lo scambio temporaneo di file – si legge nel report – ci si dà appuntamento virtuale su una chat, si rende il materiale disponibile al massimo 24 ore e poi lo si cancella. In questo modo la finestra in cui le autorità possono intervenire si restringe notevolmente».
Il pedofilo in rete
Lo scambio di materiale pedopornografico online avviene quasi sempre nel dark web. Per accedervi basta usare il software gratuito Tor: il programma che garantisce il totale anonimato, utilizzato anche da attivisti per comunicare in sicurezza in paesi sottoposti a regimi autoritari. In questo modo diventa molto complesso risalire al loro indirizzo IP. Nel solo novembre 2016, Meter ha segnalato un indirizzo nel dark web con 82.046 video scaricati da 476.914 utenti. Il 10 marzo del 2017 il numero di video era salito a 109.535. Centinaia di migliaia di bambini.
Le foto postate online dai genitori
Almeno la metà del materiale rinvenuto nei siti pedopornografici proviene dai profili Facebook di mamme e papà inconsapevoli. Il fenomeno di condivisione di foto dei propri figli è in forte diffusione e viene definito sharenting. Il problema è quando un’immagine familiare innocente viene immessa nel mercato nero della pornografia senza che i genitori sappiano nulla, perché una volta condivisa se ne perde il controllo per sempre. Come riportano i dati della ricerca della Australia’s new Children’s eSafety che sovrintende alla sicurezza dei minori in rete: il cinquanta per cento dei milioni di scatti di pedopornografia sequestrati dalla polizia australiana, ritraevano bambini immortalati in comuni attività quotidiane come fare sport o giocare al parco. Le foto erano state rubate da Facebook e in misura minore da Instagram e molte erano geolocalizzabili. Infatti, le foto possono diventare una miniera di informazioni per chi le sa guardare attentamente. I pedofili, o qualunque altro tipo di malintenzionati, possono risalire a scuole, palestre e interessi dei propri figli. Inoltre in questo modo si crea una reputazione digitale ai bambini, i quali potrebbero anche non essere d’accordo. In Francia, stante la vigente legislazione, i genitori possono essere denunciati dai figli, una volta diventati adulti, per aver condiviso immagini in Rete senza il loro permesso. I genitori infatti sono responsabili della sicurezza e dell’immagine dei loro bambini e dovrebbero darne conto prima di tutto a loro.