Stili di vita, i segreti per invecchiare al meglio
Una vita media che tende ad innalzarsi, ma anche una natalità fortemente ridotta, e ovviamente l’aumento di malattie croniche legate all’età. A conferma che «vivere di più» non significa necessariamente «vivere meglio», nelle scorse settimane il presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Giorgio Alleva, ha tenuto una lectio magistralis organizzata da Federsanità Anci e dal Centro documentazione dei comuni italiani, dal titolo «La salute degli italiani. Aspetti sociali e demografici». Alleva ha ben chiarito che, se una volta la domanda principale era: «Quanto vivremo?», l’interrogativo di oggi è: «Come sarà la qualità della vita nei tanti anni in cui vivremo?». Del resto, sempre più spesso si sente parlare di limitazioni funzionali e malattie croniche. Inoltre, l’Istat ha certificato che il miglioramento dei tassi di mortalità in generale ha un secondo aspetto che non può essere ignorato: è accompagnato da una riduzione del tasso di natalità, con una progressiva riduzione della quota di giovani. Tanto per citare qualche numero, dei 103mila nati in meno in Italia tra il 2008 al 2016, solo l’un terzo dipende dal fatto che le donne in età feconda sono diminuite.
Il calo delle nascite
Il dato registrato nel 2016 è pari solo al record negativo osservato nella seconda metà del 500, quando però l’Italia aveva un quinto della popolazione odierna. Nella fascia di popolazione fra i 18 e i 34 anni, il saldo è sceso di 1,1milioni di persone. Tanto che l’Istat stima per il 2065 una vera e propria «rivoluzione grigia». La questione sanitaria è evidente, visto che circa 1 anziano su 2 soffre di almeno una malattia cronica grave o è multi cronico e che la riduzione di autonomia personale riguarda oltre 1 anziano su 10. Resta grave anche il divario tra regioni, la speranza di vita vede differenze territoriali piuttosto marcate. Il differenziale tra le regioni italiane è di 3 anni ad esempio tra Trentino Alto Adige e Campania, inoltre le differenze sono ancor più marcate se si guarda alla speranza di vita in buona salute. Addirittura, considerando la seconda regione, che è l’Emilia Romagna, la differenza con quella meno performante, che è la Calabria, è di 10 anni. Quindi tra la seconda e l’ultima delle regioni italiane c’è una differenza di 10 anni di buona salute, secondo quella che è la percezione dei cittadini. (continua a leggere)