È morto l’uomo che aveva ricevuto un cuore geneticamente modificato estratto da un maiale. La notizia arriva a due mesi dallo storico intervento, anche se l’Università del Maryland, dove David Bennett, 57 anni, era stato operato a gennaio non ha dato molte spiegazioni in merito al decesso. «Le sue condizioni hanno iniziato a peggiorare diversi giorni fa. Dopo che è diventato chiaro che non si sarebbe ripreso, gli sono state somministrate cure palliative. È riuscito a parlare con la sua famiglie nelle sue ultime ore di vita», si legge nel comunicato. L’operazione di trapianto era stata effettuata il 7 gennaio e in un primo momento sembrava riuscita. Nessun segnale rigetto immediato e una discreta ripresa. L’uomo aveva deciso non senza difficoltà di sottoporsi all’intervento sperimentale, del resto non aveva altre alternative. Troppo grave la sua situazione per attendere un cuore umano, pari a zero le possibilità di farcela senza intervento. Prima dell’intervento si limitò a dire: «Morire o fare il trapianto. E voglio vivere. So che è un passo nel buio ma è la mia scelta definitiva».
IL PRECEDENTE
Non è la prima volta che la medicina cerca nuove strade per risolvere l’annoso problema della donazione di organi. Già nel 2021 alcuni chirurghi a New York avevano provato a trapiantare un rene di maiale geneticamente modificato su una persona, anche se in quel caso il ricevente era già cerbralmente morto. La tecnologia che permette di inseguire questo sogno, che risolverebbe un enorme problema, salvando migliaia di vite ogni anno, è quella dell’editing genetico e questo tipo di trapianti vengono definiti xenotrapianti, (vale a dire trapianti di organi e cellule da una specie diversa dall’uomo). Negli anni ’60 furono trapiantati in alcuni pazienti i reni di scimpanzé, ma il paziente più fortunato visse 9 mesi. Nel 1983, venne trapiantato un cuore di babbuino in un bimbo, ribattezzato Baby Fae, che però visse venti giorni appena. La scelta di usare i maiali dipende invece dal fatto che gli organi di questi ultimi raggiungono le dimensioni adatte a essere trapianti in un corpo umano in appena sei mesi. Resta al di là del problema medico anche un interrogativo di carattere etico e morale, anche se la possibilità di salvare una vita probabilmente vale bene l’impresa.