Oltre i 60 anni è bene guardarsi dalla degenerazione maculare legata all’età (DMLE), più conosciuta come maculopatia. La macula è la zona centrale della retina, la più nobile e delicata perché coinvolta nella percezione dettagliata delle immagini. È importante comprendere che la macula stessa può essere coinvolta in tantissime malattie della retina, diverse dalla DMLE, come diagnosi, terapia e soprattutto prognosi.
Abbiamo parlato delle possibili implicazioni e delle terapie oggi disponibili per trattare la maculopatia legata all’età con il con dottor Mario Sbordone, direttore dell’U.O.C. di Oculistica all’Ospedale di Pozzuoli e tra i maggiori esperti del campo. «Si tratta di un fenomeno degenerativo legato all’involuzione dei tessuti nel tempo, non causato da un elemento specifico ma favorito da una serie di fattori di rischio come l’obesità, il fumo, le patologie cardiovascolari e dismetaboliche. E le più colpite sono le donne».
Due diverse forme di maculopatia
Il dottor Sbordone spiega poi che si distinguono due forme principali di maculopatia legata all’età: una umida e una secca. La prima consiste nello sviluppo di un gomitolo di capillari cresciuti in modo anomalo proprio al centro della retina, con accumulo di siero e sangue che deforma la macula e innesca dei meccanismi tossici per il tessuto stesso: le due cose insieme provocano perdita progressiva della visione centrale.
«L’esordio della malattia è spesso brusco, con sintomi molto evidenti per il paziente, a volte bilaterale, però questa forma trova oggi per fortuna una terapia in grado di contrastarne in qualche modo l’evoluzione: da anni infatti sottoponiamo questi pazienti a dei cicli di iniezioni intravitreali di farmaci nell’occhio del paziente in grado di inibire quei fenomeni che sono alla base della crescita di quei capillari “cattivi” e delle sue conseguenze». Una lotta spesso lunga e sfibrante per il paziente, ma grazie a queste terapie si riesce oggi a lasciare a molti una visione sufficiente per essere più o meno autonomi, laddove prima non potevamo fare altro che constatare la malattia.
Nuovo trattamento
La novità, dice poi il dottor Sbordone, è che «dopo molti anni, sono finalmente disponibili nelle nostre strutture farmaci nuovi, dai quali per il momento possiamo aspettarci una riduzione della frequenza del numero di iniezioni, con minori disagi per i pazienti e minore aggravio per le strutture sanitarie». Altra forma di DMLE è quella che viene chiamata “secca”, perché non si assiste alla crescita di capillari con perdita di siero e sangue, ma semplicemente ad una lenta e progressiva perdita di quelle cellule che costituiscono la struttura vedente della macula, che si assottiglia piano piano ed evolve verso un calo della vista non brusco, al quale i pazienti inizialmente si adattano senza grandi limitazioni.
Se il fenomeno raggiunge livelli più gravi il paziente si accorge del suo handicap e si rivolga allo specialista. Qui il discorso delle cure è diverso: è scientificamente provato che la somministrazione per bocca di integratori a base di luteina ed altri oligoelementi è utile a rallentare la progressione della patologia.
Iniezione intraoculare
«Nell’immediato si è reso disponibile un modo diverso di somministrazione di questi prodotti che è la iontoforesi retinica, un procedimento che sfrutta le correnti galvaniche per far penetrare nell’occhio una quantità di prodotto, applicato in gocce sulla superficie oculare nel corso di una breve seduta ambulatoriale di terapia, pari ad una somministrazione per bocca di sei mesi. Gli studi clinici hanno avvalorato la validità di questo nuovo metodo di somministrazione, ma come sempre sarà la sua applicazione su vasta scala a rispondere ai quesiti che riguardano il rapporto costi-benefici, la tollerabilità e il gradimento da parte dell’utenza.
Possiamo anticipare che negli USA è stata recentemente approvata una nuova terapia con una nuova iniezione intraoculare che può rallentare la progressione della DMLE secca avanzata. Siamo dunque in attesa che le autorità europee e italiane possano mettersi al passo per questo importante aggiornamento e che infine la ricerca che intanto prosegue sull’impiego delle cellule staminali in questo settore possa un domani fornire un contributo utile e soprattutto accessibile per i nostri pazienti con maculopatia senile».
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Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Renato Bellotti con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute