Se c’è una cosa che questo maledetto virus ha messo a nudo è la fragilità delle nostre convinzioni. Abituati ad avere una risposta certa su tutto, al cospetto del Covid ci siamo trovati disorientati e spaventati. Del resto, una stanza vuota ma completamente buia può essere (a torto) ben più spaventosa di uno strapiombo. L’effetto di questo senso di smarrimento è stato in Italia un aumento esponenziale, in parte giustificato e in parte no, di programmi di informazione mirati a sezionare il virus in ogni suo più piccolo dettaglio.
I VIROLOGI
In men che non si dica, ogni trasmissione televisiva, ogni articolo di giornale, ogni show, persino i programmi di sport, si sono riempiti di esperti pronti a rispondere alle domande più assurde. E naturalmente, trattandosi di un virus, i virologi sono diventati i nuovi guru di questo incredibile 2020. Nulla di male, se non fosse che al cospetto del Covid anche i nostri nuovi guru sono “scivolati” più di una volta. Non perché non siano preparati, i nostri esperti sono probabilmente tra i migliori in Europa e nel mondo, ma più semplicemente perché il Covid è un virus che conosciamo da talmente poco tempo che la sola cosa possibile è applicare vecchi schemi ad un problema nuovo.
CERTAMENTE E’ COSI’, O FORSE NO…
La natura fallace di tante certezze degli esperti è stata evidente sin da subito. Prima ancora che il virus mettesse in ginocchio le nostre rianimazioni, alcuni tra i più grandi esperti si erano già sbilanciati nel minimizzare, escludendo di fatto che in Italia si sarebbe potuto ripetere quanto visto a Wuhan. Altre marce e retromarce hanno poi riguardato la distanza di sicurezza, la possibilità di ammalarsi due volte, la capacità del virus di colpire anche altri organi… e di esempi se ne potrebbe fare molti altri.
ARGOMENTO DA BAR
Nonostante tutte queste incertezze, in men che non si dica noi italiani siamo diventati tutti virologi, un po’ come siamo tutti allenatori in tempo di mondiali. Tutti esperti di contagio con laurea ad honorem e master in pulizia delle mani. Ingegneri, avvocati, baristi, pizzaioli, tecnici informatici o giornalisti, non importa, ciascuno ha dispensato (e dispensa) la propria scienza rassicurando o mettendo in guardia dai rischi. Il circo mediatico ha spinto gli esperti (quelli veri) ad esporsi come non mai, incappando inevitabilmente in qualche scivolone e in conseguenti esercizi di equilibrismo per evitare la rovinosa caduta. E questa pioggia di informazioni, non sempre corrette e non sempre chiare, si è riversata nei salotti tv divenendo il verbo di opinionisti e ospiti di ogni genere. Poi, dalla tv e dai giornali fino a noi. Come nel gioco del telefono senza fili, la parola si è deformata e si è trasformata, generando tante false convinzioni, qualche volta anche pericolose. Ma del resto ormai lo sanno tutti, “non ce n’è Coviddi”.