A giudicare dagli episodi denunciati alla stampa e alle forze dell’ordine, Napoli è tra le città nelle quali è più alto il rischio di aggressione ai danni di medici e infermieri, soprattutto per quanti lavorano nell’emergenza. Da inizio d’anno le aggressioni sono state già più di 30 e l’Ordine dei Medici ha più volte cercato di sensibilizzare le Istituzioni a tutela dei medici. La violenza sui camici bianchi non è però una piaga solo campana, lo dimostra un’iniziativa che sta facendo molto discutere e che arriva non certo dal Sud, bensì dal Veneto.
La Ulss 4
Arrivano all’Ulss4 fischietti da usare per scongiurare le aggressioni: ne saranno dotati medici, infermieri e personale sanitario dell’Ulss4 Veneto Orientale che partecipano al progetto sperimentale dopo che, nel 2017, sono raddoppiate le aggressioni rispetto al 2016, 45 contro 23. Negli ospedali dell’Ulss4 si sono verificate aggressioni verbali, spinte, ma anche schiaffi e pugni, e ad avere la peggio è sempre il personale medico e sanitario. Una situazione che si rispecchia purtroppo anche in ambito nazionale quello registrato dall’Ulss4 che corre ai ripari per proteggere i propri professionisti esposti a questo rischio.
Il progetto
Così sono stati distribuiti 200 fischietti per un periodo sperimentale di sei mesi, al personale dei Pronto Soccorso di San Donà di Piave, Portogruaro e Jesolo; della Psichiatria, del Servizio per le Dipendenze, Centro di Salute Mentale e del Consultorio Familiare di San Donà di Piave e di Portogruaro. Con il fischietto, il personale riceverà le istruzioni sulle modalità di impiego che saranno differenti in relazione al contesto di utilizzo. «Il fischietto – spiega il dg Carlo Bramezza – verrà utilizzato dall’operatore in caso di pericolo per richiamare l’attenzione dei colleghi o di altre persone che possono così accorrere in aiuto». In ambienti maggiormente critici il fischietto potrà anche essere appeso al collo mediante un laccetto personalizzato e fornito di sgancio rapido di sicurezza per rendendone più facile l’uso da parte dell’operatore. «Le aggressioni aumentano e rispetto al passato il personale è molto più attento nel segnalare i vari casi» spiega la dottoressa Carolina Prevaldi, coordinatrice del progetto.