Siamo dovuti arrivare alla metà del 2019, ma alla fine la luce del progresso si è accesa: la transessualità non sarà più considerata come una malattia mentale. La decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) cambia radicalmente le cose rispetto ai disturbi della salute sessuale. Nel caso di specie la percezione che il proprio sesso biologico non corrisponda alla propria identità. E’ uno dei cambiamenti fatti con l’aggiornamento dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (la cui sigla è Icd-11), il documento votato dall’Oms nella sua ultima Assemblea Generale a Ginevra.
DISCRIMINAZIONE
«E’ ora chiaro che essere transgender non è una malattia mentale”, osserva Lale Say, esperto di salute riproduttiva dell’Oms. la vecchia classificazione come malattia “può causare un enorme stigma per le persone transgender, che – ha proseguito Say – hanno importanti bisogni di salute, che possono essere soddisfatti se rientrano nella codificazione del nuovo docuemnto». Nel nuovo manuale delle diagnosi, la disforia di genere viene definita come «la marcata e persistente incongruenza tra l’identità vissuta da una persona e il sesso biologico assegnato», mentre nella precedente versione era considerato un disturbo dell’identità di genere, e inserito nel capitolo dei disturbi mentali e comportamentali.
COME NAPOLEONE
La decisione dell’Oms arriva dopo anni di discussioni e di polemiche, ma come venivano considerati i transessuali in passato? All fine del 1800 in maniera molto sbrigativa venivano definiti affetti da “metamorfosi sessuale paranoica”. Addirittura uno dei primi testi dedicati alle patologie sessuali considerava chi affermava di appartenere al sesso opposto era paragonabile a chi immaginava di essere Napoleone. È solo a partire dagli Anni ’30 e ’40 del secolo scorso che gli scienziati hanno iniziato a interessarsi al tema della transessualità. Se in Occidente, l’ambiguità sessuale è stata spesso condannata, altrove non sempre è stato così. E in alcune culture, come tra i nativi nordamericani, avevano uno status quasi sacro. La filosofia spirituale dei nativi americani non solo accettava l’esistenza di un “terzo sesso”, ma gli affidava compiti da guaritori, consiglieri, sacerdoti o sciamani.