Diabete. Almeno un paziente con diabete su sei ogni anno viene ricoverato per eventi acuti a causa di complicanze. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità oggi stimano un aumento della popolazione diabetica per un totale di circa 5 milioni di pazienti. Oggi gli episodi acuti sono sempre più frequenti. Tuttavia dopo l’intervento d’emergenza i pazienti non hanno seguito assistenziale e di cura. Una criticità messa in luce in un dibattito al Senato su iniziativa dell’Italian Health Policy Brief (IHPB), con istituzioni, clinici e pazienti. La strada tracciata nell’incontro passa dal rafforzare l’assistenza territoriale, il percorso diagnostico terapeutico e assistenziale (PTDA) e dall’uso della telemedicina.
Diabete e assistenza, i dati
Un paziente diabetico su sei ogni anno viene ricoverato in ospedale per eventi acuti dati da complicanze di varia natura (dati ISS). In altre parole, il post pronto soccorso è segnato dalla mancanza di continuità di cura.
I tempi medi di ricovero di un paziente con diabete sono spesso più lunghi rispetto alla media, quindi questo produce aggravi dei costi. Tuttavia, superata la fase emergenziale, i pazienti vengono spesso dimessi senza entrare in un percorso assistenziale che assicuri l’aderenza terapeutica.
“Un contributo maggiore dovrebbe venire anche da una medicina del territorio più solida – ha sottolineato la Senatrice Daniela Sbrollini, Vice Presidente della 10ª Commissione permanente del Senato e Presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e per le malattie croniche non trasmissibili. “Che sia in grado di decongestionare la pressione sul Pronto Soccorso – ha continuato – almeno per i casi meno urgenti che sarebbero gestibili all’esterno dei presidi ospedalieri”.
Presa in carico
La comunità scientifica sottolinea che una risposta sanitaria efficiente passa da un percorso diagnostico terapeutico e assistenziale al momento della dimissione. La formazione dei pazienti e dei caregiver in fase di accesso al pronto soccorso ha un ruolo centrale, ma se inserita in un sistema assistenziale multiprofessionale e multidisciplinare, senza alcuna
discontinuità, ha spiegato il Dott. Francesco Pugliese, Direttore del Dipartimento Emergenza presso l’Ospedale Pertini di Roma. Un contributo importante viene dall’innovazione, ha sottolineato. “Le nuove tecnologie consentono il monitoraggio dei livelli glicemici con sensori e anche in remoto, secondo le logiche di una sempre più efficiente telemedicina”, ha concluso.
Telemedicina e terapie digitali
Il diabete è tra gli ambiti sanitari che potrà trarre maggior beneficio dalla progressiva affermazione della sanità digitale – e quindi della telemedicina – ma anche e soprattutto dalle terapie digitali, ha aggiunto l’On. Simona Loizzo, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Sanità Digitale e Terapie Digitali.
Sul tema del monitoraggio in remoto dei livelli glicemici resta però ancora molto da fare. Una recente ricerca dell’Istituto Bhave ha rilevato che questa tecnologia è utilizzata solo dal 50% circa dei pazienti eleggibili, cioè pazienti diabetici tipo 1 e tipo 2 in trattamento con terapia insulinica multiniettiva. Il dato indica la necessità di formazione sull’uso delle tecnologie e di ampliamento a più fasce di popolazione, come ad esempio i pazienti diabetici di tipo 2 in trattamento con insulina basale. Questo ridurrebbe gli accessi in pronto soccorso, diminuendo il rischio di eventi acuti e complicanze croniche, in una popolazione ad alto rischio.
“Il paziente diabetico è un soggetto complesso che presenta esigenze particolari e che richiede un approccio adeguato e multidisciplinare”, ha dichiarato Lina Delle Monache di Federdiabete Lazio. “Le parole d’ordine per la gestione delle fasi post ospedaliere di questi pazienti non possono che essere due: continuità di cura e dimissione protetta, basata su un network ospedale-territorio”, ha concluso.