Il nostro pianeta ospita milioni e milioni di specie che chiamiamo biodiversità. Rappresentano la ricchezza della vita sulla Terra, in tutte le sue forme e in tutte le sue interazioni, ovvero gli ecosistemi. Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’Ambiente ed è un’occasione per riflettere su quali conseguenze stiano producendo le azioni umane.
Cosa ha fatto l’uomo all’ambiente
Secondo gli scienziati, il ritmo con cui si stanno estinguendo per l’intervento umano le specie animali e vegetali è da 100 a 1.000 volte superiore a quello registrato in epoca pre-umana. Di tutte le estinzioni, il 75 per cento è stato causato in passato da un eccessivo sfruttamento delle specie (caccia, pesca, commercio illegale); dalla distruzione degli habitat per infrastrutture o per avere nuovi terreni da coltivare; dall’agricoltura intensiva. Le altre cause più recenti sono l’inquinamento e l’introduzione di specie aliene invasive. Infine, ora stanno iniziando le estinzioni dovute alll’emergenza climatica.
Un rapporto diffuso ieri dal WWF indica alcuni «segnali di allarme» che negli ultimi mesi il Pianeta Terra ha lanciato a noi umani. Dalla pandemia alle locuste, dagli incendi in Australia all’acqua alta a Venezia: si tratta di segnali che richiedono azioni concrete. “La Terra – si legge nel report – è regolata da alcuni importanti meccanismi: le funzioni delle foreste tropicali, il sistema delle correnti marine, il regime delle piogge, la produttività degli oceani, il ruolo dei ghiacci polari, il ciclo dei monsoni, e molti altri ancora. Disturbi prodotti dalla nostra azione su questi funzionamenti rischiano di spingerci pericolosamente verso irrevocabili tipping point, punti di non ritorno oltre i quali i pistoni del pianeta s’ingrippano, alterando significativamente l’intera sfera della vita. Solo negli ultimi due anni, la scienza ha raccolto nuovi pericolosi segnali di quanto l’umanità, con la sua azione, si stia avvicinando irrevocabilmente a questi punti di non ritorno. Stiamo giocando, nel nostro rotondo pianeta, il più pericoloso dei giochi, e gli effetti di tutto ciò si stanno già riversando drammaticamente sulle esistenze di tutti noi. Solo la risposta esatta e intelligente agli enormi problemi che abbiamo creato sul pianeta potrà permetterci di uscire – velocemente – dalla situazione di crisi”.
Il ruolo dell’agricoltura
L’Ambiente è un bene fragile e prezioso, per la cui tutela l’agricoltura può svolgere un ruolo fondamentale. Basti pensare alla gestione sostenibile di acqua e suolo. Secondo Raffaella Zucaro, primo ricercatore CREA Politiche e Bioeconomia, l’attuale politica agricola, ma ancora di più in quella del 2021-2027, sarà integrata con gli obblighi di natura ambientale, oltre alle normative europee mirate alla tutela delle risorse naturali, come la Direttiva Quadro Acque. Per il periodo 2021 – 2027 è previsto, infatti, l’aggiornamento dei piani di gestione dei distretti idrografici, gli strumenti di pianificazione di tutti gli usi dell’acqua (civile, industriale, agricolo). Tale coincidenza della tempistica, se colta, permetterà di avviare delle politiche integrate e sinergiche, in grado di rispondere, con le medesime azioni, a più obiettivi, sia in termini di competitività del settore agricolo che di salvaguardia del Capitale naturale. Già l’attuale Programma Nazionale per lo Sviluppo Rurale, finanziato nell’ambito del ciclo di programmazione 2014-2020, nel prevedere l’efficientamento e l’ammodernamento del sistema irriguo nazionale ha selezionato gli interventi in grado di rispondere all’orientamento europeo di riduzione dei prelievi dai corpi idrici, privilegiano le soluzioni più innovative.
L’agricoltura per l’ambiente: il green deal
Si tratta per Raffaella Pergamo, ricercatrice CREA Politiche e Bioeconomia, di un’opportunità da non perdere, a maggior ragione in questa fase post Covid 19, per ripensare l’agricoltura, in una chiave “green”, utilizzando le nuove tecnologie. La nuova strategia politica comunitaria punta alla produzione di cibo di qualità, sostenibile per l’ambiente e competitivo sui mercati, grazie anche all’impiego di tecniche agronomiche ecocompatibili (l’agricoltura di precisione, l’agricoltura biologica e l’agroecologia) in grado di contenere i costi. Gli agricoltori saranno sempre più protagonisti della trasformazione dei sistemi produttivi e artefici della strategia “Dal produttore al consumatore”(Farm to Fork F2F), centrale nell’agenda della Commissione per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Ne conseguirà un rafforzamento delle filiere corte e una maggiore consapevolezza sugli aspetti nutrizionali del cibo, con conseguente riduzione degli sprechi anche attraverso un’etichettatura dei prodotti alimentari e degli ingredienti primari, finalizzata alla sostenibilità degli alimenti e dei processi produttivi. La connessione in banda larga, già avviata nell’attuale programmazione di sviluppo rurale, consentirà anche la diffusione di strumenti di precisione e del digitale in agricoltura, orientata a migliorare le tecniche agricole e la qualità della vita nelle aree rurali, oltre ad una maggiore trasparenza. «L’agricoltura è ambiente – ha detto Giuseppe L’Abbate, Sottosegretario di Stato alle politiche agricole alimentari e forestali – e, proprio per questo, risulterà determinante l’integrazione del Green Deal all’interno della nuova PAC. Soprattutto in questo periodo di forte crisi epidemiologica, dobbiamo però cogliere le opportunità che si prospettano per lavorare ad un’agricoltura che sappia guardare al futuro, innovando, per divenire sempre più sostenibile e resiliente. Lo stiamo facendo, ad esempio – conclude – con gli incentivi per le nuove tecnologie del credito d’imposta all’agricoltura 4.0 o con gli oltre 120 progetti della Strategia nazionale per il risparmio idrico, finanziati con 1,2 milioni di euro e in gran parte già in corso di realizzazione, del PSRN (Programma di sviluppo rurale nazionale). Occorre sempre più favorire uno sviluppo delle filiere che coniughi ambiente, redditività e competitività».