Maledetta sfortuna! Oppure no? Se in passato molti studi avevano certificato “la mano della sorte” nell’insorgenza di alcune patologie tumorali, oggi la scienza pare aver cambiato idea. La sfortuna non c’entra nulla, «Non ci si ammala di cancro per caso o per sfortuna». È questa la conclusione alla quale sono giunti alcuni scienziati dello IEO (l’Istituto Europeo di Oncologia). Il gruppo di ricerca è quello guidato da Piergiuseppe Pelicci, Direttore della Ricerca IEO e Professore di Patologia Generale all’Università di Milano, e Gaetano Ivan Dellino, ricercatore IEO e di Patologia Generale dell’Università di Milano, in collaborazione con il gruppo diretto da Mario Nicodemi, professore all’Università di Napoli Federico II. Un risultato che sta facendo molto parlare, e discutere. Pubblicato sulla rivista Nature Genetics, lo studio ha rivelato che una delle alterazioni geniche più frequenti e importanti per lo sviluppo del cancro, le “traslocazioni cromosomiche”, non avvengono casualmente nel genoma. Sarebbero invece prevedibili e sono provocate dall’ambiente esterno alla cellula.
PARTITA A DADI
«Nel corso della vita, un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalano di cancro – spiega Pelicci – Perché? Un tumore si sviluppa quando una singola cellula accumula 6 o 7 alterazioni del Dna a carico di particolari geni: i geni del cancro. La domanda diventa quindi cosa causa quelle alterazioni. La ricerca di una risposta ha creato due scuole di pensiero: una che identifica la causa principale nell’ambiente in cui viviamo e nel nostro stile di vita, e l’altra che ne attribuisce l’origine alla casualità e dunque, in ultima analisi, alla sfortuna». In uno studio altrettanto autorevole, pubblicato sulla rivista Science, Bert Vogelstein ha dimostrano in maniera inequivocabile che due terzi delle mutazioni trovate nei tumori si forma durante la normale vita dei nostri tessuti, quando le cellule duplicano il proprio DNA per moltiplicarsi. Visto che queste mutazioni sono considerate inevitabili, perché dovute a errori casuali, Vogelstein ha dovuto concludere che le stesse avverrebbero in ogni caso, anche se il nostro fosse un pianeta perfetto, e i nostri stili di vita irreprensibili. Insomma, il risultato di una partita a dadi con la sorte.
NUOVA TESI
«Nel numero di oggi della rivista scientifica Nature Genetics – dice Gaetano Ivan Dellino – pubblichiamo un lavoro che mette in discussione la casualità delle traslocazioni cromosomiche, uno dei due tipi di alterazioni geniche trovate nei tumori. Le traslocazioni sono la conseguenza di un particolare tipo di danno a carico del Dna, ossia la rottura della doppia elica. Come per le mutazioni, pensavamo che questo tipo di danno avvenisse casualmente nel genoma, ad esempio durante la divisione cellulare, come ipotizzato da Vogelstein. Al contrario, studiando le cellule normali e tumorali del seno, abbiamo scoperto che né il danno al DNA né le traslocazioni avvengono casualmente nel genoma. Il danno avviene all’interno di geni con particolari caratteristiche ed in momenti precisi della loro attività. Si tratta di geni più lunghi della media e che, pur essendo spenti (non stanno cioè producendo le molecole che trasferiscono la loro informazione: l’Rna), sono perfettamente attrezzati per accendersi (hanno cioè tutte le molecole necessarie, ma sono in pausa). La rottura del Dna avviene nel momento in cui arriva un segnale che li fa accendere, ed è indispensabile perché possano “srotolarsi” e produrre l’RNA. Studiando queste caratteristiche, possiamo prevedere quali geni si romperanno e quali no, con una precisione superiore all’85%. Tuttavia, non tutti i geni che normalmente si rompono daranno poi origine a traslocazioni (cioè alla fusione di due geni rotti), ma solo una piccola parte di essi, cioè quelli che sono più frequentemente a stretto contatto tra loro per coordinare la loro attività di accensione o spegnimento, all’interno di strutture particolarmente “appiccicose” del genoma (i cosiddetti Domini di Associazione Topologica). La questione centrale, che cambia la prospettiva della casualità del cancro, è che l’attività di quei geni è controllata da segnali specifici che provengono dall’ambiente nel quale si trovano le nostre cellule, e che a sua volta è influenzato dall’ambiente in cui viviamo e dai nostri comportamenti (per esempio dall’apporto di energia, dal tipo di microbi con cui conviviamo, dalle sostanze che ingeriamo, ecc.), non certo dalla sfortuna».