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Lo sanno tutti: la Dieta mediterranea è uno stile di vita sano, che serve a contrastare l’insorgere di malattie quali tumori, diabete e cardiopatie. L’Italia, e questo vale ancor più per il Sud del Paese, può essere considerata un po’ la “culla” della Dieta mediterranea, un luogo dove le buone abitudini in tavola si traducono in maggiori (e migliori) aspettative di vita. O no? Esiste un paradosso: mentre tutti i Paesi industrializzati (ad eccezione di quelli di area mediterranea) cercano di copiare le nostre tradizioni alimentari, noi sempre più ci orientiamo verso i fast food. Questa è una delle realtà più amare emerse nel corso del 39simo congresso nazionale della Società italiana di nutrizione umana (Sinu) tenutosi a Napoli e presieduto dal professor Mario Mancini, emerito di clinica medica della Federico II.
Il paradosso del Sud
Ma i numeri cosa dicono? «Non sono affatto rassicuranti», spiega Francesco Sofi, professore in Scienze dell’alimentazione all’Università di Firenze e membro del consiglio direttivo Sinu.«Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il Sud del Paese è quello che meno segue i dettami della Dieta mediterranea. Purtroppo questo vale ancor di più peri giovanissimi, sempre di più attratti dal cibo spazzatura». Gli esperti della Sinu, proprio per valutare l’adesione ad un regime alimentare sano, hanno realizzato il portale medi-lite.com. E in generale gli smartphone sono diventati un valido strumento al servizio della salute, visto che grazie alle app si possono raccogliere dati e informare i cittadini stimolandoli ad abitudini più sane. «In Italia – chiarisce Sofi – solo un terzo della popolazione ha un’ottima aderenza ai dettami della Dieta mediterranea, un altro 50% può essere considerato “nella media” e il restate 20% fa pessime scelte alimentari. Il grosso problema è che questo 20% coincide con quelle che comunemente si definiscono “fasce deboli”, svantaggiate da un punto di vista socio-economico». La triste verità, anche il paradosso se si guarda alle origini, è che seguire la Dieta mediterranea costa. Non a caso, in occasione del congresso di Napoli, molti specialisti hanno evidenziato la necessità di avviare politiche che possano favorire una maggiore adesione da parte di tutti i cittadini non solo di quelli che possono permetterselo. «Simili azioni da parte della politica – conclude Sofi – ci consentirebbero negli anni a venire di risparmiare molto in termini di assistenza sanitaria. Quindi l’investimento economico sarebbe ben ripagato».
La colazione
Dal congresso Sinu sono emersi anche aspetti che sono centrali in uno stile di vita sano. La colazione, ad esempio, è un pasto molto sottovalutato. «Su questo – spiega Giulia e vice presidente Sinu abbiamo presentato un documento condiviso con Società italiana di scienze dell’alimentazione». Si parte dal definire un concetto univoco di colazione per arrivare a fissare la “colazione tipo”, che abbia anche il giusto apporto di nutrienti e calorie. E soprattutto, che vari nel corso dei giorni. Per intendersi, un biscotto e un caffè non è ciò che gli specialisti definiscono una buona colazione. Cairella parla invece di un «significativo apporto energetico», scelta che consente di ottenere migliori risultati nelle attività della mattinata: lo studio per i ragazzi e il lavoro per gli adulti. Qualche esempio di buona colazione. «Una tazza di latte o un cappuccino, un prodotto da forno (ciambellone), una porzione di frutta (150 grammi) e uno yogurt. Con questo siamo tra il 15 e 25% cento del fabbisogno energetico della giornata, che viene calcolato su uno standard di 2.000 calorie». Ancora: «Yogurt parzialmente scremato con due cucchiai di cereali, due cucchiaidi frutta secca e un frutto di stagione. In questo caso siamo al 20% del fabbisogno giornaliero». Ce n’è anche per chi predilige una colazione salata, che «dev’essere “poco salata”, visto che in Italia siamo molto generosi e di norma usiamo il doppio delle dosi di sale raccomandate dall’Oms». Una valida soluzione è un bicchiere di latte, un caffè e una fetta di pancarrè tostata con 20 grammi di prosciutto e una sottiletta. Da bere si può aggiungere una premuta d’arancia. Molto interessante è scoprire che una buona colazione ha un effetto favorevole sul ritmo fame-sazietà e quindi riduce il rischio di sovrappeso e obesità. La letteratura scientifica, dice la nutrizionista, mette in evidenza vantaggi anche sotto il profilo cardio metabolicoeglicemico, con effetti benefici sulla pressione arteriosa e sui grassi contenuti nel sangue. Ultime raccomandazioni: quando si parla di latte e derivati è sempre bene sceglierli a basso contenuto di grassi e quando si acquista «leggete sempre le etichette nutrizionali- conclude Cairella – non di rado alimenti apparentemente uguali tra loro hanno un diverso apporto di calorie, zuccheri e sale».
Antiossidanti
Altra interessante novità emersa dal congresso di Napoli riguarda i polifenoli che, a quanto pare, dopo quasi un trentennio hanno svelato una natura diversa. I ricercatori hanno scoperto che nella dieta di ogni giorno potrebbero non solo non assolvere ad una funzione antiossidante, ma comportarsi addirittura da “pro-ossidanti”. Ma niente paura, restano comunque validi alleati della salute. Lo spiega Gian Luigi Russo, ricercatore in biochimica della nutrizione al Cnr. «Per funzionare da antiossidanti in una cellula/organismo – dice – dovrebbero essere presenti in concentrazioni talmente elevate da divenire incompatibili con le loro quantità presenti negli alimenti». Il meccanismo è inverso a ciò che si è pensato per anni: «Assunti con l’alimentazione a basse concentrazioni, i polifenoli (o i loro derivati frutto della trasformazione a opera del batteri intestinali) entrano nella cellula e subiscono un processo di “blanda” ossidazione, innescando più complesse ed efficacirisposte antiossidanti. La confusione nasce dal fatto che il potere antiossidante dei polifenoli deriva da misure effettuate in provetta e non in sistemi biologici».Del resto, agenti con attività pro-ossidante (radicali liberi) esistono di norma nelle cellule dove esercitano funzioni molto importanti. Sono le alte concentrazioni che possono essere dannose e contribuire all’insorgenza di patologie. Interessanti le prospettive che potrebbero scaturire dalle ricerche su modelli sperimentali. «Specifiche molecole della famiglia dei polifenoli – conclude il ricercatore – potrebbero entrareafar parte di terapie farmacologiche, come adiuvanti ad esempio della chemioterapia. Clicca QUI e sfoglia lo Speciale Salute pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno in collaborazione con PreSa.