Riconoscere la fibromialgia (FM) come una malattia invalidante: è questo l’obiettivo della proposta di legge presentata ieri a Roma. Si intitola: ‘Disposizioni in favore delle persone affette da fibromialgia o sindrome fibromialgica’. La proposta di legge di CFU Italia (Comitato Fibromialgici Uniti) ha lo scopo di portare alla luce quella che a tutt’oggi è considerata una patologia ‘invisibile’ anche al Sistema Sanitario.
La fibromialgia
La fibromialgia è una sindrome dolorosa cronica che presenta sintomi diversi tra loro. Tra i disturbi associati, anche stanchezza cronica, disturbi cognitivi e alterazioni del sonno. Colpisce in Italia circa 2-3 milioni di persone, corrispondenti al 3-3,5% dell’intera popolazione. Si tratta di una sindrome che potremmo definire “di genere”, giacché più dell’80% di coloro che ne sono affetti sono donne in età lavorativa tra i 30 e i 60 anni. La eziopatogenesi della FM è ancora da identificare ma il sintomo cardine, presente in ogni persona che ne è affetta, è il dolore cronico.
Ad oggi la patologia non è inserita nei LEA, non ha accesso a percorsi di assistenza finalizzati alla diagnosi, cura e riabilitazione della malattia in ogni suo stadio di manifestazione clinica. L’approvazione della legge dovrà portare all’esenzione della partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie.
La proposta di legge
Il Vice presidente della Camera Sergio Costa intervenuto alla conferenza stampa ha dichiarato: “questa legge non deve avere colori partitici, così la politica vuole fare polis”. La proposta di legge prevede altresì la prevenzione della sindrome fibromialgica anche attraverso l’istituzione su scala nazionale e regionale di programmi socio-sanitari finalizzati alla prevenzione primaria, secondaria e terziaria della malattia. Ciò mediante strumenti, anche sperimentali, che permettano l’adozione di interventi in grado di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo della fibromialgia, trattando le condizioni di rischio. Anticipando, inoltre, la diagnosi di malattia e riducendo la morbilità, promuovendo la salute dell’individuo e della collettività.
“È necessario” dichiara Barbara Suzzi, Presidente CFU, l’istituzione di un percorso finalizzato ad inserire la Fibromialgia nell’elenco delle malattie “Croniche”. Precisando i gradi di invalidità derivanti dal persistere della malattia nei suoi differenti stadi di severità. Ciò al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni”.
L’impatto sul lavoro
La fibromialgia ha altresì un impatto anche sul lavoro. Infatti, il 35-50% dei pazienti non lavora e una persona su tre ritiene di non poter lavorare a causa della sintomatologia e delle limitazioni che essa determina. Tutto ciò porta a gravi difficoltà economiche che impattano anche sulle possibilità di cura, così come a conseguenze negative sull’autostima e sul senso di autoefficacia.
La fibromialgia richiede trattamenti multidisciplinari a lungo termine, farmacologici e non farmacologici. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dal 1992, con la cosiddetta “Dichiarazione di Copenaghen” l’ha riconosciuta e inclusa nell’International Classification of Diseases (ICD) a partire dalla sua nona revisione. Tuttavia, in assenza del suo inserimento nell’elenco del Ministero della Salute non è prevista come diagnosi nei tabulati di dimissione ospedaliera. I pazienti, di conseguenza, sono privi di tutele e non possono usufruire dell’esenzione dalla spesa sanitaria. Riconoscere la FM come malattia cronica e invalidante ne consentirebbe l’inserimento tra le patologie che danno diritto all’esenzione, stante le condizioni di forte disagio e malessere psico-fisico che vivono le persone che ne sono affette.