Si chiama “Mosaico” ed è un test che potrebbe segnare la storia degli ultimi 30 anni, si tratta infatti della fase tre di sperimentazione di un vaccino capace di prevenire il virus Hiv. Ad annunciare che i test sono ormai in partenza è stato National Institute of Health statunitense, capofila del progetto che recluterà 3.800 persone in Sudamerica, Usa ed Europa (Italia compresa). Il vaccino somministrato con il progetto Mosaico è ideato per indurre una risposta immunitaria contro diversi ceppi allo stesso tempo, e verrà condotto su uomini che hanno rapporti sessuali con uomini e persone transgender tra i 18 e i 60 anni sieronegativi. Per l’Italia parteciperanno l’Ospedale San Raffaele di Milano, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena e l’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani di Roma. Lo studio mosaico si aggiunge ad un altro, chiamato Imbokodo, in corso in cinque paesi africani.
CONFRONTO INTERNAZIONALE
«Siamo impegnati nello sviluppo di un vaccino per l’Hiv sicuro ed efficace che sia utilizzabile dalla popolazione più vulnerabile al virus – spiega Anthony Fauci, direttore del Niaid -. Garantire che i vaccini sperimentali siano valutati in popolazioni diverse è critico per raggiungere questo obiettivo». I due test, Imbokodo e Mosaico, si aggiungono ad un’altra sperimentazione, chiamata HVTN 702, sempre sponsorizzata dal Nih e in corso in Africa. In questo caso il vaccino testato, sempre preventivo, è una forma modificata dell’unico che finora ha mostrato una protezione, anche se limitata al 32%, che era stato sperimentato nel 2009. Nella “corsa” c’è anche una ricercatrice italiana, Barbara Ensoli dell’Istituto superiore di sanità, il cui vaccino Tat si è dimostrato efficace invece nelle persone che hanno già contratto l’infezione. Nell’ultimo studio pubblicato il Tat è stato capace di ridurre fino al 90% il «serbatoio di virus latente» inattaccabile dalla sola terapia antiretrovirale.