Il quadro normativo
Temi di grandissima attualità, al centro del XXII NephroCare Annual Meeting che si svolge oggi a Napoli al Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare. A cinque anni dalla Legge Balduzzi che, per arginare la medicina difensiva, impose un’interpretazione complicata della colpa medica, è oggi realtà la Legge sulla Responsabilità Sanitaria promossa da Federico Gelli. La legge riguarda tutto il personale sanitario (medici e infermieri) e tutti gli esercenti servizi sanitari (Ospedali e Università) tenuti a rispondere della sicurezza delle cure e della persona assistita. «Si attribuisce al difensore civico la funzione di garante del diritto alla salute interpellabile direttamente dai pazienti e si istituiscono i centri regionali per la gestione del rischio sanitario che raccolgono i dati delle strutture sugli errori e li convogliano all’Osservatorio Nazionale sulla sicurezza in sanità che sarà istituito all’Agenas», spiega Attilio Di Benedetto Direttore Medico di NephroCare Italia.
Cambio di prospettiva
«La legge Gelli – aggiunge – sancisce che non è citabile per colpa in via penale il sanitario se chiede il consenso informato del paziente e segue le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida che vanno fissate da un organismo partecipato da Agenas, Istituto Superiore di Sanità, Agenzia del Farmaco, Ministero della Salute, Regioni, Province autonome e FNOMCeO con il contributo delle Società Scientifiche». Di fatto la Legge Gelli introduce nel codice penale la distinzione tra colpa grave e colpa lieve. In caso “infausto” il sanitario risponde di omicidio o lesioni colpose (gravi) solo se, operando con imperizia, non ha seguito le raccomandazioni previste da linee guida e buone pratiche assistenziali. Il giudice può valutare se nel caso concreto vi siano eccezioni dovute a “rilevanti specificità”. La legge sancisce che la responsabilità civile del Sanitario che opera nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale è extracontrattuale: è il paziente a dover provare (entro 5 anni) che il danno l’ha fatto il sanitario. Resta contrattuale la responsabilità civile dell’Azienda Sanitaria: è il paziente a dover provare (entro 10 anni) che il danno è dipendente dall’Azienda Sanitaria. «Sempre in tema di Responsabilità – conclude Di Benedetto – altra problematica è l’utilizzo da parte dei sanitari di prodotti medicali o farmacologici minusvalenti che possano cagionare colposamente un danno all’integrità fisica (lesioni personali) ovvero alla vita (morte), costituendo un illecito tanto per il diritto civile che penale». Alla discussione partecipano, Silvestro Scotti, presidente Ordine medici Napoli, Giuliano Brunori presidente della Società italiana di Nefrologia, Attilio di Benedetto direttore sanitaria Neprhocare Italia.