Il tema delle malattie rare è sempre molto difficile da trattare, anche solo per la falsa convinzione che queste patologie siano poche e riguardino solo un gruppo ristretto di persone. Una delle prospettive da cui è possibile osservare la questione è il valore del tempo per questi pazienti. Le malattie rare e il valore del tempo sono legati da un filo rosso. Sia che si tratti di tempo che intercorre tra i primi sintomi e una diagnosi, sia che si parli del tempo che occorre ai pazienti stessi per spostarsi da casa all’ospedale e viceversa, il tempo è un bene prezioso che non andrebbe mai sprecato.
RARE MA NON TROPPO
Intervenuto ai microfoni di Radio Kiss Kiss, per il consueto appuntamento con le Pillole di Salute organizzate dal network PreSa, il professor Maurizio Scarpa (direttore dell’European Reference Network per le Malattie Metaboliche) ha spiegato che «in Europa le malattie si definiscono rare quando colpiscono meno di 1 persona su 2.000. Sono rare perché sono circa 8.000 diverse malattie e la loro frequenza varia da 1 a 10.000 a 1 su 2.000.000». Fatto questo doveroso chiarimento, il professor Scarpa (che è anche direttore del Centro di Coordinamento per le Malattie Rare dell’Azienda Sanitaria Universitaria di Udine) ha declinato nei suoi aspetti primari il fattore tempo.
DIAGNOSI
In media, a ciascun individuo affetto da patologia rara servono dai 4 ai 7 anni per poter ricevere una diagnosi. Questo è di per sé un tempo lunghissimo, ma lo è ancor di più se si pensa che questi anni trascorrono tra sofferenze spesso sottovalutate e la frustrazione di non sapere quale sia il nome del nemico da combattere. «Purtroppo, ancora oggi molti colleghi pensano di non dover mai vedere nel corso della propria attività professionale un paziente con patologia rara», dice Scarpa. «Il percorso che porta ad una diagnosi è lungo, perché queste malattie non hanno segni o sintomi specifici. Spesso servono anni per incontrare un medico “illuminato” che indirizzi il paziente verso un Centro di Riferimento dal quale, quasi sempre, si riesce ad avere una diagnosi».
PREVENIRE IL DANNO
Il fattore tempo, va detto, è essenziale anche per l’avvio delle terapie. Quando esistono delle cure, queste non possono riportare indietro le lancette dell’orologio. I danni procurati nella fase precedente non saranno più sanabili. Ciò vale in particolare per le malattie da accumulo lisosomiale, in costanza delle quali si producono danni agli organi a causa dell’accumulo di sostanze che l’organismo dovrebbe invece smaltire. «Sono malattie particolari – prosegue lo specialista – nella maggior parte dei casi il nascituro non mostra alcun segno o sintomo. Per molte di queste malattie da accumulo lisosomiale esiste una terapia, quindi sarebbe importante avere una diagnosi in fase pre-sintomatica per evitare che si producano danni irreparabili».
LE TERAPIE
Altro tema che vede centrale il fattore tempo è quello delle terapie domiciliari. «Il Covid ha fatto enormi danni, ma ci ha insegnato che la terapia domiciliare può migliorare di molto la qualità di vita delle persone con malattia rara. Oggi possiamo pensare che questi pazienti, invece di venire in ospedale, possano ricevere la terapia al domicilio. Ovviamente – conclude Scarpa – il paziente deve aver provato la terapia in ospedale per un periodo sufficientemente lungo, così da poter escludere effetti collaterali che a casa non si potrebbero affrontare in sicurezza».
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“Contenuto realizzato da Radio Kiss Kiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”