Grazie ad un farmaco potrebbe diventare possibile rallentare la progressione della Sclerosi Laterale Amiotrofica SLA. Questo passo avanti nella lotta ad una malattia tutt’ora incurabile arriva da un trial clinico che ha coinvolto 24 centri neurologici di tutta Italia ed è stato portato avanti da un gruppo di lavoro coordinato dal professor Giuseppe Lauria Pinter, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche della Fondazione IRCSS – Istituto Neurologico “Carlo Besta” e finanziato da AriSLA, Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ma cosa c’è di rilevante nelle osservazioni degli scienziati? Prima di tutto che i pazienti trattati con un farmaco chiamato “guanabenz” alla posologia più elevata hanno avuto un rallentamento della progressione della malattia verificato con misure funzionali. Il farmaco è già noto agli addetti ai lavori per i suoi importanti effetti anti-ipertensivi, ma ha acceso l’interesse dei ricercatori per aver mostrato un effetto protettivo sui neuroni in studi in vitro su modelli cellulari e animali di SLA. Il trial clinico è stato disegnato per valutare se questo effetto protettivo fosse evidenziabile anche in clinica, valutando la progressione della malattia nel corso di 6 mesi attraverso misure funzionali validate. Ecco perché nel trial sono stati convolti 201 pazienti affetti da SLA che avevano avuto insorgenza dei sintomi nei 18 mesi precedenti, assegnati in modo casuale al trattamento con guanabenz o con un placebo al giorno per sei mesi come trattamento aggiuntivo alla terapia.
EFFETTI EVIDENTI
«Lo studio ha dimostrato che i pazienti che hanno assunto il farmaco alle dosi più alte hanno avuto una progressione della malattia significativamente più lenta – spiega il professor Lauria Pinter. In particolare, l’efficacia è stata dimostrata soprattutto nei pazienti in cui la malattia si è presentata nella forma definita “bulbare”, nella quale cioè la degenerazione coinvolge i motoneuroni responsabili della contrazione dei muscoli utilizzati per deglutire e parlare». I dati dimostrano che nessuno dei 18 pazienti con esordio bulbare è progredito a uno stadio più avanzato di malattia rispetto ai pazienti trattati con guanabenz 16 mg o placebo, e nel confronto con un gruppo di altri 200 pazienti seguiti nel tempo. Un aspetto importante di questo studio clinico è che la molecola agisce su un meccanismo patogenetico della SLA, la cui modulazione ha prodotto effetti clinici. Non si tratta ancora di una cura per la SLA, ma è un’informazione importante per proseguire le ricerche in modo concreto, anche grazie all’interesse che l’industria farmaceutica sta già dimostrando.