di Erica Eisenberg*
Il padre: padrone, periferico, pallido, ricercato…. Sono tanti gli aggettivi collegati in sociologia e in psicologia all’immagine paterna, in diversi periodi storici. Il padre padrone, erede dell’autorità assoluta di epoca classica. Degli Anni 60 quello periferico, opposto della madre simbiotica degli Anni 70 e 80; quello pallido (Scabini 1985), più presente affettivamente ma meno capace di trasmettere stabilità e quello invano ricercato dai figli come fonte di affetto, ma anche di autorevole sicurezza degli anni successivi al 2000. Recalcati identifica la radice della crisi della figura paterna nel fantasma culturale ipermoderno della libertà sganciata dalla responsabilità: di fronte a questo sogno egocentrico, come può sopravvivere la testimonianza paterna, il cui compito è rendere possibile lo sforzo di dare un senso al mondo? Riprendendo il pensiero di Lacan (2003), che parla di evaporazione del padre nella nostra epoca, Recalcati (2013) contrappone quattro modelli di figlio ai quattro di padre. Il figlio Edipo, abbandonato e ribelle, che non riconosce l’autorità paterna e la combatte attivamente, contestatore negli Anni 60 e 70. Il figlio Anti-Edipo (Deleuze e Guattari 1972), che valorizza il desiderio contro la legge, l’ egocentrismo individuale contro la regola sociale, il diritto alla autorealizzazione contro il senso di responsabilità: una figura degli Anni 80. Il figlio Narciso, in un’epoca, gli Anni 90, in cui anziché adattarsi alle leggi simboliche e ai tempi della famiglia e della società l’ idolo-bambino impone alle famiglie di modellarsi intorno al suo capriccio, facendole abdicare ad ogni diritto e dovere educativo. Il figlio Telemaco, che attende il ritorno del padre per liberare la casa dai Proci invasori, ne va alla ricerca e ci si affianca nella cruenta vendetta. Il ritorno del padre Ulisse consente il recupero di un ordine sociale, di una Legge, di una stabilità, di una sicurezza. Per Recalcati i figli oggi sono alla ricerca di un padre così, capace con l’appoggio della madre di trasmettere loro non imposizioni arbitrarie o modelli di disimpegno, ma un senso morale che li aiuti ad essere individui adulti in un mondo incerto.
Padre-mammo e Padre-compagno
Uno studio del gruppo guidato da Robert S. Edelstein, del Dipartimento di Psicologia dell’Università del Michigan, documenta cambiamenti ormonali in gravidanza anche nel maschio, sempre più coinvolto nella preparazione al parto e nella cura del neonato, compiti un tempo riservati alle donne. La futura madre produce più testosterone, cortisolo, estradiolo e progesterone, ormoni che la rendono più protettiva; il futuro padre meno testosterone ed estradiolo, con una riduzione dell’aggressività. Meno violenza da parte dei padri, ma anche meno disponibilità al sacrificio. Meno esempi maschilisti, ma anche minori assunzioni di responsabilità nell’ ambito del lavoro e della tutela della famiglia. Al significativo cambiamento dall’ immagine tradizionale del padre hanno contribuito l’ aumento delle famiglie a doppio reddito e il riconoscimento sociale della donna, che non si identifica più esclusivamente con il modello di madre e di casalinga. Oggi il padre quasi sempre provvede a fornire cure fisiche ai bambini piccoli, si alterna nell’alimentazione, sostiene le loro attività in età scolare: ci si aspetta che sia capace di fare quello che fa la madre. Ma è davvero utile e giusto che un bambino abbia due genitori indifferenziati, due mamme poco alternative? I nuovi padri saranno più affettuosi, più dolci, meno violenti e autoritari, ma molti dubitano che sappiano ancora trasmettere ai figli una regola sociale, un’etica della responsabilità (Andolfi,2001). C’è il rischio che l’abbattimento dell’autoritarismo porti, in una rincorsa alla libertà sfrenata, anche alla scomparsa dell’autorevolezza, e che i figli delle nuove generazioni restino simpatici compagni dei loro padri senza sviluppare la capacità di assumersi responsabilità per la propria e l’altrui vita. Se molti di noi non si affiderebbero al capitano di una nave per la sua simpatia e perché gioca con i passeggeri, senza garanzie che in caso di naufragio non abbandoni la nave per primo, perché i giovani dovrebbero trarre altro che pseudosicurezza e delusioni da padri compagnoni che partecipano ai loro giochi ma non sono affidabili al momento della necessità?
*Psicologa e psicoterapeuta, Socio clinico SIPPR (Società Italiana di Psicologia e Psicoterapia Relazionale) Docente Centro Studi e Applicazione della Psicologia Relazionale, Prato