A due anni dall’inizio della pandemia arriva un allarme molto preoccupante che riguarda l’infertilità da Covid. A mettere in guardia le coppie è il professor Fabrizio Iacono, associato della Federico II, che parla di «una grande difficoltà ad avere figli, soprattutto a causa di una minore fertilità maschile». Urologo e andrologo, Iacono fa riferimento ad un dato che «sta emergendo con sempre maggior chiarezza dalla letteratura scientifica, ma anche dalla pratica clinica». In particolare, il professor Iacono spiega che «il virus può generare, anche se non in tutti i pazienti colpiti, un’infiammazione – spesso asintomatica – dei testicoli. Si può avere quindi un coinvolgimento del tessuto testicolare che può distruggere i tubuli seminiferi che producono spermatozoi – dice – alterando così i parametri seminali e incrementando la frammentazione del DNA. Ed è proprio questo danno al DNA a rendere gli spermatozoi incapaci di fecondare».
Di qui una ridotta fertilità o addirittura un’infertilità da Covid. A preoccupare è oggi la diffusione sempre più spesso endemica della malattia, con un’infezione certamente meno problematica sotto il profilo delle ospedalizzazioni, ma anche molto pericolosa per quella che ormai viene comunemente definita come sindrome di “Long Covid”. «L’attenzione da parte della comunità scientifica riguardo gli aspetti della riproduzione maschile – dice il chirurgo – deve essere alta più che mai, dobbiamo essere in grado di prevenire eventuali alterazioni e problematiche sulla possibilità di un successivo concepimento».
UN TEMA DIBATTUTO
Ecco perché i giovani colpiti da Covid, anche se asintomatici, una volta guariti dovrebbero sottoporsi ad una visita specialistica che possa valutare i rischi di infertilità. «Una delle teorie più accreditate riguardo il virus – prosegue Iacono – è che utilizzi un enzima chiamato ACE2 come recettore per entrare nelle cellule dell’organismo. E proprio questo recettore è presente nei testicoli, in particolare in quelle che si definiscono cellule di Leydig e Sertoli». Questo tipo di rischio del Covid è comunque ancora molto dibattuto. Iacono fa riferimento a diversi studi clinici, 6 per la precisione, in cui si è indagata la presenza del virus a livello del liquido seminale in soggetti colpiti da infezione da Covid. Un solo studio ha analizzato l’impatto del virus ed eventuali alterazioni dello spermiogramma. Gli autori tedeschi hanno arruolato 20 pazienti che sono stati colpiti dal virus e confrontati con 14 volontari sani. Inoltre, gli stessi autori hanno classificato i pazienti in base alla gravità della malattia che li ha colpiti. «I pazienti con infezione moderata avevano una più bassa concentrazione spermatica e una motilità degli spermatozoi inferiore rispetto a soggetti che erano stati colpiti da una infezione lieve e paucisintomatica». Per contro, uno studio italiano del 2021 pubblicato su Journal of Basic and Clinical Physiology and Pharmacology, non ha riscontrato la presenza del virus nel liquido seminale né è stata rilevata alcuna differenza nella qualità dello sperma tra i pazienti con Covid lieve e moderato. Ma come fare a trattare i casi nei quali il Covid incide sulla fertilità? «Al momento – spiega Iacono – non sono presenti in letteratura studi riguardanti eventuali farmaci o sostanze da assumere per prevenire gli effetti deleteri dell’infezione da Covid sulla fertilità maschile. Ovviamente, così come per tutte le altre affezioni virali che colpiscono lo sperma, vi si immagina un aumento dello stress ossidativo nei tubuli seminali e quindi si potrebbe ipotizzare un concreto effetto protettivo di alcuni antiossidanti. Un falso mito da sfatare è che il vaccino possa causare alterazioni della fertilità, notizia del tutto falsa. Lo stesso ministero della Salute e l’Organizzazione mondiale della sanità sottolineano che non vi sono al momento evidenze e correlazioni fra il vaccino a mRNA e l’insorgenza di infertilità negli uomini. L’unico rischio arriva dal contagio ed è un rischio che le giovani coppie non dovrebbero mai sottovalutare».