Uno spray nasale utilizzato contro la tenia potrebbe dare risultati importanti nella lotta al Covid. Di notizie come questa se ne sono susseguite molte nell’ultimo anno e mezzo, ma stavolta pare che il farmaco possa veramente essere determinante nell’evitare i gravi danni ai polmoni che tutti abbiamo imparato a conoscere. La notizia è stata pubblicata su Repubblica, con un intervista Mauro Giacca, docente di scienze cardiovascolari al King’s College di Londra. Proprio lui, che guida il gruppo di scienziati impegnato in questa ricerca, ha spiegato che tutto è nato nel 2020, da una collaborazione con l’anatomopatologa Rossana Bussani dell’ospedale universitario di Trieste. «Ci siamo accorti che nei polmoni dei pazienti deceduti per Covid compaiono delle strutture molto particolari: dei grandi aggregati di cellule fuse, detti sincizi.
FUSIONE CELLULARE
A causare questa fusione cellulare è la proteina Spike del virus” Sars-CoV-2, che per legarsi alle cellule da infettare attiva una molecola che si trova sulla superficie delle cellule, la fosfatidilserina. Semplificando non poco, questo meccanismo genera alla fine degli “ammassi” che favoriscono la trombosi che si vede nel 90% dei pazienti con forme gravi di Covid. «In questi pazienti si vedono coaguli sia nelle grandi che nelle piccole arterie polmonari». Obiettivo della ricerca portata avanti al Al King’s College è stato quello di valutare l’efficacia di farmaci utilizzati per altre patologie ma che possono impedire questa fusione. Si cercava, insomma, un farmaco che potesse bloccare l’azione della fosfatidilserina, impedendo le fusioni cellulari tipiche del Covid. «Ne abbiamo trovati 3» dice Giacca «il più efficace è il niclosamide, farmaco che oggi è usato per le infezioni da tenia. In questo momento è in corso la sperimentazione clinica in 5 centri in India».
SPERIMNETAZIONE
Ora il farmaco anti tenia viene usato su pazienti con forme di Covid più avanzate, perché se lo si sperimentasse su pazienti che hanno forme paucisintomatiche sarebbe difficile capire il legame tra una guarigione e l’effetto del farmaco. Ma, se dovesse essere confermata l’efficacia nella fase più avanzata della malattia, allora si presume che potrà funzionare anche per le prime fasi dell’infezione. La cosa certa è che i risultati preclinici sono incoraggianti. Tra gli esperti c’è chi, come il direttore del Dipartimento di Virologia del King’s College, sostiene che questo farmaco sia al momento «il miglior antivirale contro il Covid». Secondo Giacca, «potrebbe essere molto utile in attesa che a fine anno arrivino i primi veri farmaci specifici contro i 2 enzimi caratteristici del virus».