Che relazione c’è tra il polipo e l’Alzheimer? Da oggi potrebbe essercene una molto interessante nell’ottica di una cura. La chiave sarebbe nella saliva di una particolare specie, il polpo rosso o Octopus maya, che contiene una sostanza capace di paralizzare le prede. Questa sostanza potrebbe avere un effetto importante sul sistema nervoso centrale degli esseri umani.
La ricerca
Protagonista di questa scoperta è il ricercatore messicano Sergio Rodriguez Morales, professore di Chimica Organica del Dipartimento di Farmacia e Scienze del Farmaco all’Università degli Studi di Chimica (UNAM) di Sisal nello Yucatan. In sostanza, ad agire sul sistema nervoso centrale sarebbe uno dei componenti della saliva del polipo Maya, capace di inibire la formazione dei “beta-amiloide”, vale a dire una sorta di placca che impedisce la comunicazione tra i neuroni. Placca che è associata all’Alzheimer.
Prevenzione e non solo
La cosa interessante è che questa sostanza funzionerebbe non solo ad evitare lo sviluppo ulteriore di questa placca nei pazienti che hanno già l’Alzheimer. Ma anche, in coloro che godono di buona salute, a sviluppare un’azione preventiva. Come sempre il vero punto è capire quanto tempo possa servire per sviluppare un farmaco da questa sostanza. Secondo il professor Rodriguez Morales dovrebbero essere necessari fra i 10 e i 15 anni di ricerca e sperimentazione con animali da laboratorio.
La malattia
Conosciuta dai non addetti ai lavori in maniera spesso superficiale, il morbo di Alzheimer è una malattia del cervello che provoca un lento declino delle capacità di memoria, del pensare e di ragionamento. Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, associazione che si occupa anche della tutela degli ammalati di queste malattie neurodegenerative, ricorda che circa 47 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da demenza senile, ed il morbo di Alzheimer è il tipo più comune. La mancanza si una cura, poiché le medicine attuali possono solo temporaneamente alleviare i sintomi, comporta il fatto che non solo chi è colpito dalla malattia ne subisce le conseguenze che lo portano ad un decadimento progressivo sino alla morte, ma anche i propri familiari che devono assisterli.