Tempo di lettura: 5 minutiCosa sanno i genitori italiani sul Papillomavirus e la vaccinazione anti- HPV lo ha rivelato lo studio del Censis. L’indagine ha esplorato gli atteggiamenti e i comportamenti rispetto a questo tipo di vaccinazione. Inoltre, a sei anni di distanza da una precedente indagine, nell’ambito della quale è stato realizzato un focus su un campione di mamme da 36 a 55 anni con figlie da 10 a 17 anni, è stato possibile osservare cosa è cambiato nel bagaglio di conoscenze delle mamme sia sul Papillomavirus che sulla vaccinazione.
Il primo dato che emerge riguarda il livello di conoscenza dei genitori italiani sul tema che, ancora una volta, non si presenta del tutto adeguato ed è condizionato da una visione parziale della patologia. Quando si parla dei soggetti a rischio, ad esempio, è di poco superiore ad un terzo dei genitori (che indicano di conoscere il Papillomavirus) la quota di coloro che sono convinti che si tratti di un virus che colpisca solo le donne.
L’associazione tra Papillomavirus e tumori femminili emerge da un altro dato: l’87,4% del campione associa il Papillomavirus al tumore al collo dell’utero e si tratta della quasi totalità delle donne che ne hanno sentito parlare (91,6%), senza differenze in base al livello di istruzione, mentre si presenta molto più ridotta la quota (47,2%) di chi sa che può essere responsabile di altri tumori che riguardano anche l’uomo (come il tumore all’ano, al pene), e ad esserne a conoscenza in questo caso sono più gli uomini (52,9%)
Consapevolezza.
Dal confronto dei dati raccolti nel 2011 con quelli rilevati nel 2017, si confermano le lacune: rispetto alla definizione del Papillomavirus si assiste ad una sorta di involuzione nella conoscenza della mamme, le quali oggi più di ieri hanno difficoltà ad indicare in maniera corretta cosa sia il Papillomavirus e quali siano i rischi che può comportare: si riduce di circa 10 punti percentuali, ad esempio, la quota di mamme consapevoli che l’HPV è un virus responsabile dei condilomi genitali (passando dal 43,5% nel 2011 al 34,4% nel 2017).
Le conoscenze appaiono migliorate, con una porzione sempre più ampia di mamme consapevoli che il virus si possa trasmettere anche attraverso un contatto delle parti intime. Si riduce la quota di chi considera il preservativo uno strumento sicuro ad evitare il contagio del virus (lo pensava il 52% delle mamme nel 2011, nel 2017 la quota di riduce al 44,4%), così come aumenta la quota di mamme consapevoli che non è possibile eliminare completamente i rischi del contagio quando si è sessualmente attivi (rispettivamente 15,3% e 22,5%).
Canali di informazione.
I professionisti della sanità continuano a mantenere un ruolo strategico nell’informazione sul Papillomavirus e in maniera ancora più evidente sulla vaccinazione anti- HPV. Cresce anche il ruolo informativo operato dal Servizio vaccinale delle ASL, non soltanto in merito alla vaccinazione ma anche rispetto alle informazioni sul Papillomavirus.
Tuttavia, guardando all’esperienza diretta con i servizi vaccinali, rimangono ancora visibili differenze sul territorio, con i genitori del Nord che più di frequente (53,0%) rispetto ai genitori del resto della penisola sono stati effettivamente informati della possibilità di vaccinare i propri figli tramite chiamata o lettera della ASL.
Le novità riguardano anche il ruolo sempre più rilevante dei nuovi media (internet e i social network), fonti strategiche non soltanto per l’informazione sul Papillomavirus ma anche sulla vaccinazione.
Inoltre, è cambiato anche il modo di approcciarsi al tema e di parlare di Papillomavirus, che percorre vie di natura sempre più informale e meno scientifica, in cui hanno maggior peso le opinioni di amici e conoscenti.
Nel complesso, il giudizio che gli intervistati esprimono nei confronti dell’informazione disponibile sul Papillomavirus e la vaccinazione non è positivo, quasi la metà dei genitori afferma che le informazioni che circolano al riguardo sono poche e poco chiare (48,9%), a questa quota si aggiunge anche il 32,5% di chi pensa che circolino molte informazioni ma confuse e contraddittorie. Inoltre, in base al titolo di studio non si segnalano differenze evidenti, indice che quello informativo è un problema radicato in maniera trasversale tra i genitori italiani.
Il vaccino.
Il 73,8% sa che è disponibile il vaccino contro l’HPV e, tra questi, il 40% ritiene sa che si tratti di una vaccinazione indicata sia per le figlie femmine che per i figli maschi di dodici anni, ma una quota quasi sovrapponibile (38%) pensa che sia indicata solo per le femmine dodicenni. Il ruolo delle campagne vaccinali sulla vaccinazione anti-HPV fin qui condotte ha impattato su questa convinzione, ma le scelte del nuovo Piano vaccinale, che allarga le campagne gratuite anche ai maschi della stessa età, potrà svolgere un ruolo strategico per la diffusione di informazioni più complete.
Inoltre, il dato sui genitori che affermano di aver vaccinato i propri figli (33,3% in media), risulta articolato sulla base del genere dei figli e, come è facile attendersi, sale decisamente tra i genitori con figlie femmine (53% circa) rispetto ai genitori con figli maschi (5,5%). Sulla scelta di vaccinazione esercita un impatto anche l’area geografica di residenza dei genitori, attraversando la penisola da Nord a Sud, infatti, si riduce la quota di genitori che hanno vaccinato almeno una figlia o un figlio contro l’HPV, passando dal 35,8% del Nord al 32,5% del Centro e al 29,9% del Sud e Isole. Considerando come unità di analisi i figli, risultano essere state vaccinate il 56,6% delle figlie femmine (in linea con gli ultimi dati ufficiali di copertura disponibili e relativi al 2015) e il 7,3% dei maschi.
Scelte e condizionamenti.
Sono stati quindi indagati gli aspetti che hanno contribuito alla scelta di vaccinare o all’interesse nei confronti della vaccinazione contro l’HPV, per quei genitori che hanno vaccinato almeno un figlio e che si reputano interessati alla vaccinazione, che sono il 69,4% del campione: nel 32,1% dei casi per aspetti collegati alla capacità di proteggere da patologie gravi come quelle tumorali, e più nello specifico dal tumore al collo dell’utero e da altri diversi tumori (all’ano, al pene, alla vulva, alla vagina), il 24,6% menziona la fiducia nei progressi scientifici, in particolare i rispondenti con un alto livello di istruzione (28,3%) e il 20,3% segnala come fattore importante che ha contribuito alla propria scelta o interesse l’averne parlato o l’aver ricevuto dal pediatra il suggerimento di sottoporre i figli alla vaccinazione.
Se si considerano invece gli aspetti che hanno suscitato disinteresse (tra chi non ha vaccinato e non si reputa interessato, vale a dire il 30,6% del campione), la motivazione più citata (21,0%) è legata alle caratteristiche della vaccinazione disponibile, che gli intervistati indicano finalizzata a proteggere solo da alcuni tipi di Papillomavirus, e pertanto non in grado di eliminare la necessità di ricorrere al Pap Test. Inoltre, il 19,7% pensa che non sia il caso di vaccinare una ragazza o un ragazzo per una malattia sessualmente trasmissibile, perché troppo piccoli; il 17,8% non si fida del vaccino perché ha sentito che può provocare effetti collaterali gravi; per il 16,2% costituisce elemento di disinteresse il fatto che la vaccinazione non sia obbligatoria e gratuita per i ragazzi di tutte le età, per l’8,6% il fatto che
non sia gratuita per le ragazze di tutte le età, l’11,1% sottolinea il prezzo elevato per chi non può usufruirne gratuitamente. Con quote approssimabili al 14% si fa, inoltre, riferimento ad una mancanza di fiducia nei confronti delle vaccinazioni come strategia di prevenzione e al fatto che sarebbe sufficiente effettuare periodicamente il Pap test come efficace strategia preventiva.
In conclusione sale al 70,9% la quota di chi (pur non avendo vaccinato) si reputa interessato alla vaccinazione contro l’HPV, si riduce al 49,1% tra chi si fida abbastanza e scende ancora al 20,4% tra chi si fida poco e per nulla.
Anche l’atteggiamento nei confronti della vaccinazione contro l’HPV risente di quel clima culturale oggi meno favorevole ai vaccini che trova in Internet le espressioni più diffuse. Ma sono anche presenti casi in cui la vaccinazione è stata espressamente sconsigliata (anche dagli stessi professionisti della sanità), fatto citato dal 34% delle mamme di figlie femmine, una quota che risulta notevolmente aumentata (era il 25,6% nel 2011).
Non mancano poi opinioni contraddittorie, più evidenti nel caso della vaccinazione dei figli maschi. Tra chi ha figli maschi, il 43,7% non ha vaccinato ma si reputa interessato alla vaccinazione, mentre è più alta la quota di chi non ha vaccinato e non si reputa interessato a questa specifica vaccinazione (50,8%). Ciononostante, una larga parte del campione (88%) si reputa favorevole alla scelta presente nel nuovo Piano vaccinale di estendere la vaccinazione gratuita anche ai maschi di 12 anni, un dato che testimonia una apertura.