Quanto indietro dovremo spostare le lancette dell’orologio che segna la comparsa del SARS-CoV-2? Uno studio pubblicato sul British Journal of Dermatology, la rivista più rinomata nel campo dermatologico, ha portato ad una scoperta sensazionale: il Covid era già tra di noi (in Italia) a novembre 2019. La cosa incredibile è che a dirlo sia uno studio in campo dermatologico. Ma andiamo con ordine. Iniziamo col dire che il 5-10% dei pazienti affetti da infezione da Covid ha anche malattie della pelle. Così, un gruppo di patologi coordinato da Raffaele Gianotti (ricercatore dell’Università Statale di Milano) con il supporto dei laboratori dell’Istituto Europeo di Oncologia e Centro Diagnostico Italiano, ha riesaminato le biopsie cutanee di dermatosi atipiche osservate in autunno 2019 con risultati sorprendenti.
MALATTIE DELLA PELLE
Dopo aver studiato le manifestazioni cutanee in pazienti affetti da Covid dell’area milanese, Giannotti e il suo team hanno riesaminato al microscopio le biopsie di malattie cutanee atipiche eseguite alla fine del 2019 in cui non era stato possibile effettuare una diagnosi ben precisa. La ricerca ha dimostrato che esistono, in questa pandemia, casi in cui l’unico segno di infezione è quello di una patologia cutanea. A questo punto la domanda: si possono trovare indizi della presenza della Sars- CoV-2 nella cute di pazienti con solo malattie della pelle prima dell’inizio della fase epidemica ufficialmente riconosciuta? La risposta è arrivata dalla biopsia di una giovane donna, risalente a novembre 2019. Questa biopsia, rivista con il senno di poi, ha mostrato la presenza di sequenze geniche dell’RNA del virus, identificato tramite due tecniche differenti su tessuto cutaneo: immunoistochimica ed RNA-FISH.
PAZIENTE ZERO
Metaforicamente è stato come trovare le impronte digitali” del Covid-19 nel tessuto cutaneo. La paziente, contattata a posteriori, ha riferito assenza di sintomi sistemici da infezione da Covid-19, la scomparsa delle lesioni cutanee dopo cinque mesi e la positività degli anticorpi anti Sars-CoV-2 nel sangue periferico a giugno 2020. Ad oggi, questo è in letteratura mondiale il più antico riscontro della presenza del virus Sars-CoV-2 in un essere umano, la scoperta del vero paziente zero.