L’impegno contro il cancro non è qualcosa di statico e “definitivo”. Si fanno passi in avanti, si individuano nuove terapie, ma anche il tumore impara a difendersi e a sopravvivere. Se si volesse semplificare un po’ lo sforzo dei ricercatori di tutto il mondo nella lotta al cancro, si potrebbe parlare di un combattimento continuo tra chi cerca di trovare sempre nuovi metodi per colpire le cellule malate e il tumore stesso, capace di individuare sempre nuovi modi di sfuggire alle terapie.
Una nuova strada contro il cancro
Ecco perché fanno parlare e danno molta speranza i risultati di una recente ricerca sui tumori della mammella resistenti alle terapie ormonali, appena pubblicati da ricercatori delle Università di Salerno e “Federico II” di Napoli, sulla prestigiosa rivista Molecular Cancer. Risultati che hanno rivelato che la proteina codificata dal gene BRPF1 svolge un ruolo chiave per la sopravvivenza delle cellule tumorali. I ricercatori hanno scoperto che la stessa proteina in effetti agisce da mediatore degli effetti degli ormoni estrogeni, un fattore determinante per la crescita e propagazione di questi tumori.
Tra i tumori più frequenti
Il cancro della mammella colpisce circa una donna su otto ed è una delle patologie neoplastiche più frequenti nel genere femminile. Tra gli obiettivi prioritari della ricerca sul cancro, oltre a identificare metodi di prevenzione dell’insorgenza della malattia e di diagnosi sempre più precoce, c’è lo studio di terapie più efficaci e mirate contro il tumore, una volta che questo viene diagnosticato. A oggi molti sforzi sono indirizzati in via prioritaria a capire come aiutare il sistema immunitario dei pazienti a combattere le cellule malate, per esempio con l’immunoterapia. Altri tentativi vanno alla ricerca delle vulnerabilità delle cellule cancerose, che possono diventare bersagli specifici di farmaci mirati.
La capacità di resistere
Negli ultimi anni, fra le terapie a bersaglio molecolare più utilizzate contro il tumore del seno, quella a base di antagonisti degli estrogeni ha dimostrato di essere piuttosto efficace nella maggior parte dei casi in cui il tumore è positivo per i recettori ormonali (ERalfa e PGR). In una frazione significativa delle pazienti, però, dopo un intervallo di tempo più o meno lungo la malattia sviluppa resistenza a questi trattamenti e il tumore ricompare.
Bersaglio molecolare
Nel corso dello studio si è scoperto che è possibile inibire la proteina con farmaci specifici, in particolare con GSK5959 e GSK6853. In laboratorio questi farmaci bloccano la proliferazione e inducono la morte delle cellule, in particolare di quelle dei tumori resistenti alla terapia ormonale. Gli effetti sono specifici: il blocco indotto dal farmaco sull’attività di BRPF1 a sua volta influisce sulle funzioni di geni che controllano la crescita cellulare. In particolare, viene inibito il meccanismo intracellulare di risposta agli ormoni estrogeni sul genoma cellulare tramite il recettore nucleare ERalfa. Si è così scoperto un efficace bersaglio molecolare per una possibile terapia di precisione di queste gravi forme di tumore resistenti ai trattamenti utilizzati sinora per curarlo.
Il gruppo di ricerca
A portare avanti lo studio, sostenuto dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale), è stato un team coordinato dai professori Alessandro Weisz e Giovanni Nassa del Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria Scuola Medica Salernitana dell’Università di Salerno e del Centro di Ricerca Genomica per la Salute – CRGS, in collaborazione con ricercatori e ricercatrici dell’Università di Napoli ‘Federico II’. Grazie a queste nuove scoperte, molto presto nuove cure potrebbero arricchire l’arsenale che i medici di tutto il mondo hanno per affrontare la malattia e, si spera, salvare centinaia di migliaia di vite.
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