Tempo di lettura: 4 minutiSono circa 3.650 i nuovi casi di tumore al seno diagnosticati ogni anno in Campania, ma l’adesione agli screening oncologici è ben lontana dall’essere soddisfacente. La Campania, tuttavia, potrebbe riscoprirsi in una posizione migliore di quanto non attesti l’ultima rilevazione ministeriale. Esiste infatti un “bug” del sistema informatico regionale deputato alla confluenza dei dati dalle varie strutture sanitarie, e quindi moltissimi esami che di fatto vengono eseguiti in realtà non vengono assolutamente conteggiati nella valutazione delle adesioni. E’ questa una delle incredibili realtà emerse nel corso di un incontro che ha coinvolto i massimi esperti del campo tra i quali Carlo Varelli, Giacomo Cartenì e Michelino De Laurentiis, Mario Fusco, Orlando Catalano, Umberto Ferbo, Gianfranco De Dominicis, Marco Varelli, Matilde Pensabene, Martino Trunfio, Massimiliano D’Aiuto, Roberto D’Alessio, Achille Aveta, e Ferdinando Riccardi. Un’incredibile svista che nei decenni passati non è mai stata notata, ma che ora potrebbe far fare alla Campania un saltò improvviso. La notizia è emersa nel corso dell’incontro dedicato a “attualità in senologia: dalla diagnostica alla terapia. Opinion Leader a confronto”, organizzato da Health In Progress. L’anello mancante nella catena di rilevazione dei dati è legato all’attività diagnostica di strutture private (accreditate e non, che realizzano ogni anno migliaia di esami per intercettare precocemente i tumori. Migliaia di esami i cui risultati non confluiscono nel sistema di raccolta regionale. Cittadini che fanno prevenzione primaria, spesso anche utilizzando i fondi del sistema sanitario regionale, che semplicemente spariscono. Per il sistema sanitario nazionale dei veri e propri “fantasmi”. Colmare questo gap farebbe guadagnare alla Campania punti nelle griglie Lea in un sol colpo, restituendo una situazione ben più reale di quella che attualmente viene dipinta nelle statistiche. Per gli esperti ciò non vuol dire che non serva ancora un grosso sforzo sulle campagne di screening, ma che esiste una quota di cittadini che al momento non viene considerata e che invece è sensibile al tema della prevenzione.
La rivoluzione delle immunoterapie
E’ una vera e propria rivoluzione quella annunciata da Michelino De Laurentiis (direttore della UOC Oncologia Medica Senologica del Pascale) a margine del convegno e che riguarda l’immunoterapia per una forma di tumore del seno particolarmente aggressivo (il triplo negativo). «Finalmente – spiega De Laurentiis – abbiamo trovato il modo di attivare la risposta immunitaria contro il tumore al seno così come già si fa, da qualche anno, con altri tumori. Si concretizza una nuova possibilità di cura per questo sottotipo tumorale particolarmente aggressivo, possibilità che sarà pienamente disponibile per tutti nel giro di 1-2 anni, ma che è già realtà in alcuni centri oncologici ad elevata specializzazione, come il Pascale. Apre, inoltre, un nuovo percorso di ricerca che porterà rapidamente, sono fiducioso, allo sviluppo di tutto un nuovo filone di trattamenti immunoterapici per il tumore al seno». Lo studio si chiama «ImPassion 130» ed è stato presentato in seduta plenaria al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) a Monaco di Baviera. Le pazienti arruolate sono state in tutto 902, tutte donne con tumore mammario «triplo negativo» in fase avanzata e metastatica. De Laurentiis chiarisce che aggiungere un farmaco immunoterapico alla chemioterapia standard migliora in maniera significativa il tempo di controllo della malattia. In particolare, nel sottogruppo di pazienti con espressione tumorale della molecola PDL-1, per la cui scoperta è stato recentemente attribuito il Premio Nobel per la Medicina, l’Atezolizumab ha prodotto una riduzione del rischio di progressione di malattia del 40%. Nello stesso sottogruppo di pazienti, il trattamento sperimentale ha ridotto del 40% circa anche il rischio di morire per il tumore. Questo risultato, in particolare, appare straordinario, visto che in questo sottotipo tumorale mai si era individuato, in precedenza, un farmaco in grado di influire positivamente sul rischio di morire per il tumore.
Diagnosi precoci grazie alla tomosinetsi
Nella diagnosi delle lesioni alla mammella è sempre più diffuso l’utilizzo della tomosinetsi, apparecchiatura che può individuare tumori di piccolissima entità evitando in molti casi di dover ricorrere alla chemioterapia in fase post operatoria. La diffusione della tomosintesi è oggi la novità più interessante per quel che riguarda la diagnosi precoce di lesioni alla mammella, perché offre il 30% di accuratezza diagnostica in più rispetto alle metodologie tradizionali. «Individuare queste minuscole lesioni – spiega il radiologo Carlo Varelli, presidente di Health in Progress – possiamo indirizzare le pazienti verso il percorso più adeguato, evitando il più delle volte che all’intervento debba seguire anche la chemioterapia». Oggi, grazie alle terapie ormonali a bersaglio molecolare, è possibile garantire su molte lesioni individuate precocemente un’alta percentuale di guarigione. La tomosintesi, così come la mammografia, non è un esame invasivo né doloroso. E’ particolarmente indicato per le giovani donne, che anno un tessuto mammario denso e dunque meno responsivo per le piccole lesioni. La tomosintesi mammaria digitale è una tecnologia avanzata che utilizza più immagini radiografiche per ottenere un risultato tridimensionale del seno e aiuta i radiologi a valutare le regioni di interesse libere da altri tessuti sovrapposti.
Nuovi test
«Grazie a test innovativi – chiarisce Giacomo Cartenì (direttore UOC Oncologia AORN Cardarelli) – oggi c’è la possibilità di definire una sorta di identikit del tumore molto accurata, e dunque di evitare la chemioterapia in quei casi per i quali si può intervenire in altro modo. Il cancro rappresenta la principale causa di morte in tutto il mondo e può potenzialmente svilupparsi in qualsiasi tessuto. Comprendere i meccanismi genetici alla base dello sviluppo tumorale è importante sia per prevedere la progressione tumorale sia per mettere a punto nuovi metodi di diagnosi e trattamento. Sebbene ad oggi siano stati identificati numerosi geni coinvolti nello sviluppo e nella progressione tumorale, la maggior parte dei tumori è eterogeneo dal punto di vista genetico, ossia presenta mutazioni multiple in geni diversi». In particolare, il carcinoma della mammella è una malattia eterogenea e pazienti con tumori apparentemente simili per caratteristiche clinico patologiche possono presentare un decorso clinico diverso. Per definire con maggiore precisione la prognosi e selezionare il miglior trattamento per la singola paziente si stanno studiando profili genici con un numero più limitato di geni ed alcuni di questi test, valutati prevalentemente in studi retrospettivi, sono già in uso in alcuni Paesi. Sono oggi disponibili in commercio vari test di analisi dei profili genici