Chi ha problemi di tiroide spesso parla di un “malessere diffuso” o di aver “perso il proprio benessere. E in effetti questa sensazione è una delle peculiarità dell’ipotiroidismo (la più frequente delle malattie tiroidee). Paolo Vitti, presidente eletto della Società Italiana di Endocrinologia (Sie), coordinatore e responsabile scientifico della Settimana Mondiale della Tiroide chiarisce che i sintomi sono spesso così sfumati da rendere difficile per il medico una diagnosi precoce.
Campanelli d’allarme
È bene in presenza di un sospetto prestare attenzione a stanchezza, scarsa capacità di tollerare il freddo, alterazioni del tono dell’umore, difficoltà di concentrazione, palpitazioni, nervosismo, insonnia, gonfiore, pelle e capelli secchi ma l’elenco potrebbe continuare.
La sfida da vincere
Le malattie tiroidee devono essere propriamente inquadrate e i trattamenti devono essere personalizzati, ma la vera sfida è ridare quel benessere che tante persone dichiarano di avere perso. La tiroide svolge una serie di funzioni vitali per il nostro organismo come la regolazione del metabolismo, il controllo del ritmo cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso, l’accrescimento corporeo, la forza muscolare e molto altro. Proprio per il ruolo di “centralina”, quando questa ghiandola non funziona correttamente, tutto il corpo ne risente. Può colpire ad ogni età e per questo motivo occorre non trascurare alcuni campanelli di allarme rivolgendosi al proprio medico in caso di dubbio.
Prevenzione
“Il modo più efficace per prevenire le malattie della tiroide – spiega Massimo Tonacchera, Professore Associato di Endocrinologia e Coordinatore Nazionale Comitato della Prevenzione della Carenza Iodica – è assumere iodio in quantità adeguate; questo elemento è il costituente essenziale degli ormoni tiroidei. La carenza di iodio anche lieve, che affligge ancora alcune aree del nostro paese, può provocare conseguenze anche gravi soprattutto se la carenza nutrizionale si verifica durante la gravidanza o la prima infanzia”.
Carenza di iodio
“Una grave iodocarenza – aggiunge Roberto Gastaldi della SIEDP, Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica – può determinare la morte del feto in utero, cretinismo neurologico e ipotiroidismo congenito. Proprio quest’ultima patologia rappresentava la prima causa di ritardo mentale nel nostro Paese prima dell’introduzione dello screening neonatale grazie al quale è possibile eseguire diagnosi e trattamento precoci. Dopo l’età neonatale è comunque importante assicurare una adeguata quantità di iodio sia per garantire un regolare processo di crescita e di sviluppo del bambino che per prevenire patologie della tiroide come ad esempio i noduli”.