Nella storia dell’umanità non era mai capitato di dormire abitualmente così poco. E il New Yorker, in un report d’inchiesta (tre articoli in tutto) avverte: non è una buona cosa.
In America, negli ultimi cinquant’anni, il tempo medio dedicato al sonno nei giorni feriali è diminuito di circa un’ora e mezza per notte, scendendo da otto ore e mezzo a meno di sette ore. I dati sono stati resi pubblici dal Dipartimento dei disturbi del sonno e del ritmo circadiano del Brigham and Women’s Hospital di Boston. Il 31 per cento degli americani dorme meno di sei ore per notte, e il 69 per cento dice di dormire in modo insufficiente. L’insonnia grave, che è uno dei più frequenti disturbi del sonno, in Europa è calcolata tra il 4 e il 22 per cento della popolazione.
La mancanza di sonno nella popolazione dei paesi sviluppati è data spesso da cattive abitudini, da alterazioni dei meccanismi fisiologici che inducono il sonno, da altre patologie concomitanti, o da più fattori contemporaneamente. In particolare, i disturbi del sonno possono ripercuotersi negativamente sull’umore, la longevità e la produttività, oltre che contribuire allo sviluppo o all’aggravarsi di altre condizioni patologiche come l’ipertensione, le cardiopatie, il diabete, la depressione e il cancro.
Secondo uno studio prospettico sulla storia dell’evoluzione dei disturbi del sonno compiuto da Lisa Matricciani, ricercatrice all’Università dell’Australia Meridionale ad Adelaide, dal 1905 al 2008 la popolazione mondiale ha progressivamente ridotto di anno in anno il tempo dedicato al sonno nell’arco delle 24 ore.
Il New Yorker ha analizzato, in tre diversi articoli, scritti dalla giornalista e scrittrice statunitense Maria Konnikova, le cause e le conseguenze di questo cambiamento socio-culturale, considerando soprattutto la storia degli ultimi decenni.
Da un punto di vista medico generale, il problema, spiega il New Yorker, non è che ci alziamo troppo presto ma che andiamo a dormire troppo tardi. In molti casi il motivo per cui abbiamo difficoltà a prendere sonno ha una componente genetica. Come spiega uno studio, alcuni per esempio si trovano “sfasati” rispetto agli orari di riposo della maggior parte delle persone a causa di un disturbo del ritmo circadiano, quello che regola i cicli sonno-veglia: questo disturbo a sua volta è spesso causato da un’insufficiente produzione di melatonina, l’ormone che induce ad addormentarsi, o dall’assenza di recettori specifici.
La causa principale risiede nelle abitudini in materia di “igiene del sonno”, spiega il New Yorker. Sostanze come nicotina, caffeina e alcol, per esempio, hanno un effetto tanto più negativo sulla quantità e qualità del sonno quanto più vengono assunte in prossimità del momento di andare a dormire. Ci si addormentata con più difficoltà, inoltre, dopo un pasto troppo abbondante e/o consumato troppo tardi, e anche quando non si fa regolarmente esercizio fisico.
Non solo: uno dei fattori determinanti nella diffusione dei disturbi del sonno è la prolungata e sempre maggiore presenza della luce artificiale durante le ore notturne.
Spiega il New Yorker: gli esseri umani, nella loro storia, si sono evoluti per essere particolarmente sensibili ai più piccoli cambiamenti di luce intorno a loro. Infatti nell’occhio ci sono specifici fotorecettori [cellule specializzate nella trasduzione dei segnali luminosi] che reagiscono soltanto ai cambiamenti tra luce e buio, e che sono usati quasi esclusivamente per regolare il nostro ritmo circadiano. Questi recettori della melanopsina [una proteina prodotta nella retina] si collegano direttamente alla parte del cervello che regola l’orologio interno. Funzionano persino in molte persone non vedenti: anche se non riescono a vedere nient’altro, i loro corpi sanno ancora come regolare il ritmo circadiano. La luce aiuta il corpo a presagire il futuro: è un indizio di come l’ambiente cambierà nelle ore e nei giorni seguenti, e i corpi si adeguano in base a questo.
Il problema è che questo meccanismo naturale viene costantemente “ingannato” dalle emissioni di luce blu (o luce a onde corte) prodotte dai dispositivi elettronici (televisione, smartphone, tablet) sempre più spesso utilizzati fino a tarda sera e che vengono interpretati da nostro ritmo circadiano come luce del giorno. In pratica è come se fosse posticipato continuamente il segnale che dice al cervello che è ora di andare a dormire, con il risultato di ottenere energia aggiuntiva piuttosto che produzione di melatonina.
Gli effetti negativi sul sonno dei dispositivi elettronici per la lettura usati prima di andare a dormire sono stati recentemente dimostrati in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), molto ripreso dalla stampa generalista internazionale (lo studio ha tuttavia generato un macroscopico equivoco a causa di una non corretta distinzione tra dispositivi di lettura che emettono luce a onde corte, come tablet e smartphone, e dispositivi di lettura a inchiostro elettronico che non emettono luce).