Google si è impegnata per adeguarsi al diritto all’oblio, la norma adottata dall’Unione Europea, un diritto sacrosanto che è stato al centro di polemiche a lungo, soprattutto per via dei casi di cronaca che hanno visto come protagoniste vittime incapaci di difendere la propria dignità.
Ora, però, nuovi casi portati davanti alla Corte europea di giustizia minacciano il buon equilibrio raggiunto da Google con le autorità europee per la privacy. Scrive così Kent Walker, senior vice president e general counsel di Google, in un post sul blog dell’azienda: “fin dall’inizio ci siamo detti preoccupati dalla norma sul diritto all’oblio, ma abbiamo fatto di tutto per rispettarla, in un dialogo costante con le autorità nazionali per la protezione dei dati”, riferendo che ad oggi Google ha gestito richieste per eliminare quasi 2 milioni di risultati di ricerca in Europa e ne ha già rimossi oltre 800.000, facendo attenzione, indica il general counsel, a non cancellare elementi che restano di interesse pubblico perché, come decretato anche dalla Corte di Giustizia Ue, non ricadono nel diritto all’oblio. “Pensiamo che sia stato raggiunto un buon equilibrio che ora due nuovi casi mettono a rischio”, secondo Walker, perché Google si oppone alla rimozione di informazioni che conservano pubblica rilevanza.
Il primo caso riguarda quattro persone che sostengono che la legge dell’Ue protegge i dati personali sensibili e che tra tali dati rientrano le opinioni politiche e la fedina penale, per cui risultati di ricerca online che contengono queste informazioni andrebbero rimossi. Per Google, se la Corte di Giustizia accoglierà la richiesta, si darà “carta bianca alle persone che vogliono sfruttare le leggi sulla privacy per nascondere informazioni di pubblico interesse, come le opinioni politiche di un deputato o la fedina penale di un pubblico ufficiale”, scrive Walker. Questo cancellerebbe il “diritto a sapere” che è fondamentale quanto il diritto all’oblio se le informazioni riguardano personaggi che rappresentano i cittadini nel mondo politico o negli enti pubblici.
Il secondo caso invece si riferisce alla irrisolta questione dell’applicazione geografica del diritto all’oblio: la Corte di Giustizia Ue deve decidere se è confinata all’Europa, come vorrebbe Google, o si estende, come chiedono in molti nella Commissione europea, a livello globale. “Noi e molti altri soggetti, da Wikimedia a gruppi dei media e associazioni in difesa dei diritti umani, siamo convinti che nessun paese può imporre le sue regole a tutto il resto del mondo”, afferma Walker. Per Google, togliere i link in tutti i suoi siti globali, non solo quelli europei, violerebbe una norma internazionale e sarebbe un incentivo per altri paesi, come i regimi autoritari, a cercare di imporre le loro regole al resto del mondo. Nei prossimi giorni l’UE è chiamata a valutare le richieste.
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