Il miglioramento delle cure mediche e l’innalzamento dell’aspettativa di vita hanno causato cambiamenti sul piano epidemiologico le cui ricadute si manifestano a vari livelli, dal ciclo di vita individuale e familiare sino alle implicazioni sociali e di politica sanitaria. Sempre più diffuse, le malattie croniche non interessano soltanto chi ne è affetto; sempre più attenzione, infatti, è prestata all’impatto dell’impegno assistenziale dei cosiddetti caregiver, ossia delle persone che più si prendono cura di chi è malato. Tuttavia, occorre allargare ulteriormente lo sguardo e includere la famiglia e l’intera rete di relazioni significative nel campo di osservazione, se vogliamo ben comprendere l’impatto di una malattia cronica sulla vita di una persona.
Occorre quindi porre la famiglia al centro degli interventi terapeutici, poiché come evidenziato da esperti clinici e numerose ricerche, questo approccio paga in termini di efficacia e aderenza al trattamento. Esistono valide esperienze nel settore, nonché principi guida stilati da importanti associazioni, quali ad esempio la Collaborative Family Healthcare Association negli USA; ciò che manca è un’ampia e omogenea diffusione di queste pratiche, visti i benefici che esse possono portare in termini di risparmio economico. Non trattare questi aspetti, infatti, può moltiplicare le spese correlate alla malattia, ad esempio per i bisogni di cura dei caregiver che – come evidenzia la letteratura – spesso presentano indici di morbilità maggiori rispetto alla popolazione generale.
Approfondire questi aspetti consente poi di apprezzare le differenze delle malattie in termini di impatto psicosociale e così di mettere a punto interventi il più possibile centrati sulle esigenze di ogni singola condizione. Si pensi ad esempio alla minaccia incombente di una condizione la cui prognosi è infausta o altamente incerta, oppure agli squilibri nelle relazioni familiari causati da condizioni che riducono l’autonomia personale. Si pensi inoltre agli effetti che possono avere, sul piano interpersonale, i disturbi cognitivi che caratterizzano molte malattie neurologiche o le più gravi sindromi psichiatriche. Ogni malattia presenta peculiarità che devono essere poste in relazione alle caratteristiche della famiglia, in termini di struttura, credenze, risorse personali e sociali, fase del ciclo vitale ed eventuale concomitanza di altre fonti di distress.
Questi approfondimenti sono imprescindibili per il riconoscimento e il consolidamento delle risorse di adattamento, e proprio la famiglia, laddove si riescono a catalizzare processi di resilienza, può divenire la più decisiva di tali risorse. Di questo parlerà John Rolland – uno dei massimi esperti mondiali del settore – in un seminario che si terrà il 27 Aprile all’Istituto di Psicoterapia Relazionale di Pisa. L’Istituto è impegnato da anni nell’approfondimento di questi temi, sui quali sono stati pubblicati numerosi articoli scientifici e i volumi Famiglia e Malattia: Una prospettiva relazionale in psicologia della salute (a cura di Francesco Tramonti e Alessandra Tongiorgi – Carocci, 2013) e La famiglia BES: Una visione clinica, sociale e relazionale (di Giulia Liperini e Alessandra Testi – Armando, 2017).
di Francesco Tramonti, Istituto di Psicoterapia Relazionale Pisa, socio ordinario didatta SIPPR