Tornare a parlare dopo un ictus e scoprirsi bilingue grazie all’IA. La storia di Pancho, come lo chiamano gli amici, è di quelle che colpisce per le possibilità che lascia intravedere. Il giovane ha vissuto un’esperienza drammatica: a soli 20 anni ha subito un ictus che ha paralizzato gran parte del corpo e ha perso la capacità di palare. A 30 anni, ha incontrato Edward Chang, un neurochirurgo dell’Università della California di San Francisco, che ha iniziato a studiare gli effetti dell’ictus sul suo cervello. Nel 2021, Pancho è diventato il protagonista di uno studio rivoluzionario: il team di Chang gli ha impiantato elettrodi sulla corteccia cerebrale per registrare l’attività neurale e tradurla in parole visibili su uno schermo.
Il supporto dell’IA
Facile comprendere perché questa storia ha attirato l’attenzione dei media, già alta grazie alle imprese scientifiche del chip Neuralink di Elon Musk. Ora, per la prima volta, un impianto cerebrale ha permesso a una persona bilingue, impossibilitata a parlare, di comunicare in entrambe le lingue grazie a un sistema di intelligenza artificiale. Questo sistema decodifica in tempo reale ciò che Pancho cerca di dire in spagnolo e in inglese, rappresentando un importante passo avanti nella comprensione del linguaggio umano.
Scenari futuri
I risultati, pubblicati su Nature Biomedical Engineering, offrono nuove conoscenze su come il cervello elabora il linguaggio e potrebbero portare allo sviluppo di dispositivi duraturi in grado di ripristinare il linguaggio multilingue per chi non può comunicare verbalmente. Sergey Stavisky, neuroscienziato dell’Università della California, ha elogiato lo studio (pur non essendo coinvolto) affermando che “questo nuovo studio rappresenta un contributo significativo al campo emergente delle neuroprotesi per il ripristino del linguaggio”. Nonostante la ricerca abbia coinvolto un solo partecipante, Stavisky crede che “questa strategia funzionerà con maggiore precisione in futuro, combinata con altri recenti progressi”.
La rinascita dopo l’ictus
Pancho, di madrelingua spagnola, ha imparato l’inglese solo dopo l’ictus, ma lo spagnolo rimane la lingua che evoca in lui sentimenti di familiarità e appartenenza. Il team di Chang, guidato da Alexander Silva, ha sviluppato un sistema di intelligenza artificiale per decifrare il suo parlato bilingue. Pancho ha addestrato il sistema cercando di pronunciare circa 200 parole, creando schemi neurali distinti registrati dagli elettrodi. L’intelligenza artificiale, con moduli separati per spagnolo e inglese, ha raggiunto un’accuratezza dell’88% nel distinguere le lingue e del 75% nella decodifica corretta delle frasi.
Nuove conoscenze
Questi risultati hanno rivelato nuovi aspetti dell’elaborazione del linguaggio nel cervello. Contrariamente a precedenti studi che suggerivano che lingue diverse attivassero parti distinte del cervello, i segnali registrati direttamente nella corteccia di Pancho hanno mostrato che “gran parte dell’attività, sia per lo spagnolo che per l’inglese, proveniva dalla stessa area”, secondo Silva. Inoltre, le risposte neurologiche di Pancho erano simili a quelle dei bambini cresciuti bilingui, nonostante avesse imparato l’inglese a circa 30 anni. Questi dati indicano che le diverse lingue condividono alcune caratteristiche neurologiche, suggerendo una possibile generalizzazione ad altre persone.