Se c’è una cosa che la pandemia dovrebbe aver chiarito è che la spesa per il Sistema sanitario nazionale e per la sanità in generale è un investimento imprescindibile. Lo è non solo per casi eccezionali come il Covid, ma anche per la gestione di malattie croniche come l’asma. Ma come si valuta la convenienza che la sanità nel suo complesso, o un singolo sistema sanitario ha, nel rimborsare una nuova tecnologia? Americo Cicchetti, ordinario di Organizzazione Aziendale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, spiega che al di là dell’esigenza di considerare il valore generato per i pazienti in relazione ai costi, bisogna comprendere che il valore di una tecnologia va ben al di là dell’impatto immediato.
MULTIDISCIPLINARIETA’
Sono le varie figure coinvolte a dover collaborare per offrire un’analisi completa, da diversi punti di vista. «Non si devono poi dimenticare – aggiunge Cicchetti – quelle che sono le preferenze dei pazienti». Questo significa che è necessario valutare anche altre implicazioni oltre la sicurezza e l’efficacia. «In modo particolare si deve guardare anche all’accettabilità. Il fatto, ad esempio, che una nuova terapia possa consentire ad un paziente di continuare la propria vita lavorativa». Ecco perché in sanità c’è bisogno di analisi ampie, che riguardino le implicazioni sociali, viste dal lato del paziente, e di conseguenza una valutazione multidisciplinare. Sotto questo profilo, l’Italia è pronta? Per Cicchetti «c’è ancora molta strada da fare. Solo in parte, nella fase di introduzione dei farmaci, alcune di queste dimensioni vengono prese in considerazione – spiega – ma certamente l’approccio “costo / efficacia” è di limitata applicazione.
HEALTH TECHNOLOGY
I maggiori problemi sono legati a dispositivi medici, apparecchiature elettromedicali e farmaci che sono combinati con un dispositivo medico o un servizio. In questi casi ci sarebbe bisogno di quella che si definisce health technology assessment, ma ad oggi in Italia non c’è un’agenzia nazionale. È stato formalmente istituito un programma nazionale di HTA per i dispositivi medici, ma di fatto tutto si è ridotto ad un programma pilota. Solo alcune Regioni fanno valutazioni di tipo HTA, ma sono pochissime ad avere un’attività sistematica e nuclei strutturati, e sono ancora meno quelle che agiscono sulla base di queste attività multidisciplinari». Per un cambio di passo sono due le direzioni: una maggiore sensibilità politica, sia a livello nazionale che regionale, e un coordinamento tra Enti centrali (Ministero Salute, Agenzia del farmaco, Agenas e Iss), e tra questi e i livelli regionali e le singole Aziende sanitarie. Anche su questo la strada sembra essere ancora molto lunga.