Negli affari serve fiuto? A quanto pare anche nella salute, e non è un modo di dire. Lo sa bene il dolcissimo Blatt, che a 4 anni si è laureato a pieni voti in medicina. Non si tratta di uno scherzo, né di un bambino prodigio. Blatt è in realtà un cagnolino di quattro anni (un incrocio di labrador-pitbull) ed è il protagonista di uno studio presentato alla conferenza mondiale sul tumore al polmone. Il giovane Blatt è infatti capace di fiutare la presenza di noduli maligni odorando campioni di esalazioni dei pazienti. La cosa straordinaria è che questo piccolo “cane medico” ha un altissimo grado di affidabilità. In realtà Blatt non è il solo cane ad avere queste doti, anche altri esemplari appositamente addestrati possono intercettare, fiutandole, malattie gravi.
Addestramento
Lo studio è stato presentato da Angela Guirao della Hospital Clinic di Barcellona e la stessa equipe di ricercatori ha già dimostrato in un altro recente studio come i cani addestrati possano identificare la presenza di un tumore al polmone, ma il nuovo studio aveva l’obiettivo di verificare se fossero anche in grado di fiutare la presenza di noduli maligni partendo da campioni di gas esalati con il respiro dei pazienti. I cani, spiega l’esperta, «cambiano il loro comportamento in presenza di varie patologie. La nostra teoria è che il tumore al polmone cambia la natura dei composti volatili organici (Vocs) esalati da un soggetto e che possono dunque essere individuati nel respiro dal momento che tali esalazioni arrivano direttamente dall’organo malato».
Nuovi screening
Angela Guirao spiega che la diagnosi precoce è ancora oggi una grande sfida, visto che il 75% dei pazienti ha una diagnosi in fase avanzata, quando la malattia non può essere curata. Per questo, rileva, «è fondamentale sviluppare nuovi screening per la diagnosi e pensiamo che l’identificazione del Vocs potrebbe essere usata in combinazione con l’esame di screening di tomografia computerizzata». Nello studio, Blatt ha riconosciuto con successo 27 pazienti con tumore al polmone (su un campione totale di 30 soggetti) di cui tre con noduli maligni. «I risultati di Blatt – afferma Gurao – sono sorprendenti, ma non tanto quanto si potrebbe pensare. Infatti, l’olfatto dei cani ha una più alta concentrazione di biosensori rispetto alla più avanzata tecnologia al momento disponibile. Per questo quasi tutti i cani potrebbero essere addestrati ad individuare il Vocs. Ora – conclude Guirano – la sfida è identificare il modello di esalazione Vocs individuato dai cani, per sviluppare ulteriori modelli di screening per la diagnosi precoce.